Europa sempre più lontana dai Balcani (di Marion Gajda)

di UG

Non c’è stato nessun accordo sull’adesione all’Ue di Albania e Macedonia del Nord. I Ventotto membri dell’UE non sono riusciti dopo oltre sei ore di discussioni a trovare nella notte del 17 ottobre un accordo su futuro dell’allargamento dell’Unione. A costringere i due paesi ad aspettare ancora per coronare il loro sogno europeo è stato il presidente francese Emmanuel Macron, che ha posto il veto sia sull’ingresso di Skopje sia su quello di Tirana, insieme a Danimarca, Spagna e Paesi Bassi.

Secondo Parigi la Macedonia del Nord e l’Albania non hanno fatto adeguate riforme giudiziarie per combattere la corruzione e la criminalità organizzata, mentre per la Commissione Europea, invece, i progressi fatti sono sufficienti a permettere l’avvio del processo di adesione che, comunque, prima di concludersi richiederebbe ancora qualche anno. Macron ha contestato molti degli argomenti utilizzati dai sostenitori dell’allargamento dell’UE, affermando che l’intero processo aveva bisogno di essere riformato prima che altri Paesi potessero iniziare il lungo viaggio di adesione e che l’UE avesse anche bisogno di revisionare alcuni meccanismi decisionali interni per poter poi affrontare la questione allargamento. Ancora una volta, quando l’UE è chiamata a prendere decisioni importanti e di un certo peso per il suo futuro e la sua credibilità, i grandi leader non riescono a parlare con voce unanime.

A frenare il Presidente della Francia c’sono soprattutto la freddezza dell’opinione pubblica francese e il timore di perdere ulteriore consenso a cinque mesi dalle elezioni locali del 2020. Macron, alle prese con le pressioni della destra del Front National, è molto cauto sull’allargamento e nono vuole offrire alla Le Pen un nuovo argomento contro l’immigrazione.
Ora l’ennesimo rinvio per l’adesione dei due paesi balcanici all’UE, nei Balcani avrà sicuramente delle conseguenze. Il messaggio che rischia di trasparire adesso è che, improvvisamente, l’UE si stia mangiando la parola data; questo macchierebbe lo storico accordo che la Macedonia del Nord ha firmato con la Grecia, che ha risolto una disputa che si trascinava da trent’anni sul nome ufficiale del Paese e, soprattutto, rappresentava per Skopje il biglietto d’ingresso per l’Ue.

In Macedonia del Nord il no del Consiglio Europeo ha già causato agitazioni politiche. Si parla di possibili dimissioni del primo ministro Zoran Zaev. Il rifiuto del Consiglio Europeo sarà sicuramente l’occasione per l’opposizione di denunciare l’inutilità degli sforzi governativi per entrare in Europa, in primis il cambio del nome. Così come a Tirana, il partito democratico, e gli altri partiti dell’opposizione albanese, potrebbero tornare in piazza contro il governo di Rama, come già fatto nei mesi scorsi. Pur non essendo una mera questione politica, il paese potrebbe risentire il colpo e spaccarsi ancora di più sul no di Bruxelles. 

Un colpo inferto anche ai sogni di tutta la regione balcanica. Si pensi a Serbia e Kosovo, che stanno cercando di trovare una soluzione politica ai loro problemi guardano all’Europa. Nessuno a Bruxelles può chiedere a questi due paesi di trovare una soluzione alle loro controverse se poi li lasciano fuori dall’UE. Senza credibilità non si va lontano, e allontanare l’adesione europea in una regione di frontiera come quella balcanica vuol dire avvicinare Cina, Russia e Turchia come alternativa ad un’Europa sempre più piccola, impaurita e arroccata su se stessa.

MARION GAJDA
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