Dentro questa emergenza sanitaria che ha cambiato il volto e l’organizzazione dell’Ospedale Maggiore di Parma, ci sono stati dei reparti che hanno dovuto continuare a prendersi cura di patologie gravi come quelle oncologiche, pure dentro a mille difficoltà. E’ il caso della U.O. di Radioterapia Oncologica diretto dalla dr.ssa Nunziata D’Abbiero.
La loro storia di queste settimane è stata raccontata da un video che è diventato “virale” sui social.
Dottoressa, è stata dura far fronte alla tempesta come avete raccontato nel video?
Sì, abbastanza, ma sinceramente nulla di paragonabile con quello che hanno vissuto i nostri colleghi in prima linea con il Covid.
Vi siete trovati in una situazione inedita con un nemico in più, per giunta invisibile e sconosciuto.
Subito dopo la chiusura di Codogno, domenica 23 febbraio, abbiamo cominciato a ragionare con la coordinatrice assistenziale, Federica Canali, su quali provvedimenti prendere per capire come contenere il contagio sia tra il personale che tra i pazienti. Abbiamo dovuto rivedere tutta l’organizzazione e i flussi dei pazienti. Quando si mette mano all’organizzazione in una situazione di emergenza bisogna stabilire un criterio di azione e un obiettivo che poi è quello di evitare lo scenario peggiore. Il criterio è stato quello di contenere il contagio tra gli operatori e i pazienti, e l’obiettivo è stato quello di non interrompere i trattamenti ai malati oncologici. Nel 40% dei malati che abbiamo in trattamento la Radioterapia rappresenta l’unica arma per combattere una malattia mortale e l’interruzione può impattare sulla probabilità di guarigione. E poi ci siamo dovuti coordinare con i colleghi dell’Oncologia Medica perché, per tanti casi, la gestione è comune. devo dire che la collaborazione è stata eccellente nonostante il trasloco della loro sede presso il Poliambulatorio Dalla Rosa Prati. Ringrazio Francesco Leonardi, Marcello Tiseo e Nino Musolino e tutti gli altri per la “supportazione” e la sopportazione reciproca di queste settimane.

Ma poi alcuni suoi collaboratori si sono ammalati.
Sì, e non è stato affatto facile. Nelle prime settimane non eravamo adeguatamente protetti, mancavano i dispositivi di protezione ovunque in Italia. Forse questo ha determinato che qualche operatore fosse contagiato da qualche paziente poi risultato Covid positivo. Comunque nel giro di pochi giorni ho avuto il 33% del personale in meno. Praticamente abbiamo messo in atto un’organizzazione elastica rimodulata di giorno in giorno in base alle risorse disponibili e un piano per assicurare maggiore protezione a tutti gli operatori (mascherine FFP2, camici idrorepellenti, cuffie, occhiali protettivi etc..). Non è stata una passeggiata. In quelle settimane ogni mattina avevo paura di dover sospendere la terapia a qualche paziente. Fortunatamente non è successo perché insieme a chi è rimasto abbiamo trovato soluzioni nuove ai problemi che dovevamo affrontare. Devo dire che c’è stato un grande gioco di squadra, mi permetta di dire che sono stati meravigliosi tutti. Il video che abbiamo postato sulla nostra pagina Facebook è nato proprio dal desiderio di dare visibilità al tanto lavoro, alla dedizione e alla fatica di tutti, anche quella dei colleghi della Fisica Sanitaria che ci danno un aiuto preziosissimo nella pianificazione del trattamento.
E adesso come va?
I miei collaboratori malati sono quasi tutti rientrati, alcuni di loro sono stati davvero male, ma nessuno ricoverato, per fortuna. E chi è rimasto sta cominciando ad avere un po’ di sollievo.
I pazienti come hanno reagito?
Hanno capito benissimo e hanno rispettato tutte le regole che abbiamo imposto. La scena più commovente è stato una mattina trovare un foglio fuori dall’ingresso dove una mano anonima ci ringraziava… è arrivato proprio nei giorni più critici. Quanta energia ci ha dato questo incoraggiamento!
Avevate dei progetti importanti prima dell’emergenza, a che punto sono? Si sono fermati?
L’emergenza ci ha colti quando era appena arrivata la bellissima notizia che la Fondazione Cariparma ci finanziava metà della somma necessaria per acquistare il terzo acceleratore lineare. Ovviamente siamo stati fermi per un mese e mezzo ma proprio la scorsa settimana abbiamo fatto una riunione per cominciare a impostare tutte le pratiche necessarie per procedere all’acquisizione. E anche per il Nuovo Centro Oncologico ci sono buone notizie: prima dell’estate dovrebbe esserci l’aggiudicazione della gara per l’avvio dei lavori di costruzione. Inoltre stiamo lavorando alla fase 2, cioè un piano per essere in grado di rispondere all’incremento della domanda quando ripartiranno a pieno regime le attività di diagnostica e di chirurgia. Insomma si procede, nonostante tutto.
Secondo lei dopo questa emergenza cambierà qualcosa della Sanità?
E’ necessario che in futuro ci sia maggiore attenzione alla Sanità non considerandola solo come spesa ma come un vero investimento e come un volano economico. Ma la Sanità cambia se cambiamo le persone e abbiamo visto testimonianze commoventi in queste settimane, parlo dei miei colleghi dell’Ospedale ma anche dell’AUSL. Il Coronavirus ha coperto i volti ma ha smascherato i cuori, ha permesso di vedere di che pasta siamo fatti e quali sono gli ideali e i principi che ci alimentano. Perché non si possono fare quei sacrifici che hanno fatto tanti colleghi in prima linea senza avere un desiderio di bene dentro di sé. E senza questo desiderio non avremmo potuto in queste settimane “inventare” tutte le soluzioni organizzative e di terapia. Invenzione che non è “estrosità” ma quella capacità di trovare soluzioni nuove a problemi inediti e questo si può fare solo se si è nella posizione di imparare continuamente anche dai propri errori. Chi ha fatto questo passaggio è pronto per il futuro che avrà bisogno delle nostre migliori energie per la ricostruzione.
Nel dibattito di queste settimane, cosa le ha dato più fastidio?
Il parlare a vanvera di tanti scienziati e non. Se non sai è meglio tacere e, se sai, mettiti a lavorare.
In conclusione, mi permetta una domanda personale. Cosa auspica per sé?
Per rispondere a questa domanda mi viene in mente una frase di Giovannino Guareschi. “Per quello che mi riguarda, la storia è tutta qui. Una banalissima storia nella quale io ho avuto il peso di un guscio di nocciola nell’oceano in tempesta, ed alla quale io esco senza nastrini e senza medaglie ma vittorioso perché, nonostante tutto e tutti, io sono riuscito a passare attraverso questo cataclisma senza odiare nessuno. Anzi, sono riuscito a ritrovare un prezioso amico: me stesso.” (Giovannino Guareschi, Diario Clandestino). “Senza odiare nessuno”: come è facile la rabbia, il risentimento per quello che non è stato fatto, per tutto quello che è andato storto, per i ritardi, le mancanze, per le perdite… “E ritrovare se stessi”, perché solo chi si ritrova potrà dare il suo contributo per ripartenza. E solo così “andrà tutto bene”, davvero.
Andrea Marsiletti
