Turismo-pandemia, parlano gli operatori del settore e l’assessore Casa: “I dati 2020 sono drammatici, anche pensando a quello che sarebbe potuto essere per Parma”

di UG

Sono ancora provvisori i dati sul turismo e in particolare sulle attività ricettive, forniti dalla Regione Emilia-Romagna (gennaio – novembre 2020), ma non è difficile immaginare l’ammontare delle perdite per il settore, la filiera e l’indotto.

Dopo una partenza molto promettente +10,2 a livello di presenze e +1,2 per i pernottamenti rispetto al 2019, si è passati al -15,9% (presenze) e -16,5% (pernottamenti) di febbraio e poi a marzo, aprile e maggio i dati sono schizzati come ovvio oltre il -90%, sempre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

In estate c’è stata una piccola ripresa, ma solo nel senso che è andata meno peggio che in primavera: agosto ha fatto segnare -25,1% (presenze) e -31,6% (pernottamenti), sempre rispetto al 2019.

Basta muoversi in città per vedere che molti alberghi sono chiusi.

“Non voglio fare una guerra fra disperati, ma in effetti ultimamente si parla molto della crisi della ristorazione e meno di quella degli alberghi – spiega Emio Incerti, presidente di Federalberghi (Ascom). Personalmente non vedo l’ora di andare fuori a cena con gli amici, ma se ai ristoranti hanno impedito la riapertura, a noi manca proprio la materia prima, cioè i turisti e la gente che si muove. Prenotazioni non ce ne sono. Dal marzo dell’anno scorso chi si è mosso l’ha fatto unicamente per motivi di lavoro e si è trattato soprattutto di tecnici, operai e addetti alle manutenzioni. La fascia di clientela business che per gli alberghi di Parma, ha sempre rappresentato una fetta importantissima, quest’anno non si è vista proprio a causa dello smart working e alla possibilità di fare meeting on-line”.

Da una stima di Federalberghi al momento ci sono tra le 750 e le 800 stanze in meno in città, proprio perché gli hotel sono chiusi.

“Tra fine novembre e metà dicembre hanno chiuso in tanti e non hanno ancora riaperto – spiega Incerti – e anche gli hotel aperti lavorano al 10-15% e alcuni chiudono proprio nel week end”. Sulle prospettive per il futuro Incerti ci dice: “Dobbiamo attendere ancora un paio di mesi per capire cosa accadrà. Il problema è che tutte le fiere che erano previste per la primavera sono state rimandate. I costi nel frattempo sono lievitati per rispettare i protocolli, abbiamo dovuto continuare a pagare le utility, le quote fisse di acqua, luce e gas anche se siamo chiusi. Non ci sono venuti incontro, abbiamo avuto anche difficoltà per farci dilazionare i pagamenti. Così come abbiamo pagato diversi balzelli tra cui il canone Rai e la Siae per citarne un paio. Speriamo continui l’eco di Parma Capitale italiana della Cultura, l’anno scorso ha attirato tanti eventi e congressi e naturalmente che i ristori arrivino velocemente per fare in modo che le imprese siano pronte quando ci sarà la ripartenza – conclude Incerti”.

Se per il settore alberghiero è crisi profonda non va meglio per B&B e agriturismo.

Paolo Mutti, presidente di Agriturist, gruppo di Confagricoltura che comprende 60 agriturismi, ci ha spiegato che è in corso proprio in questi giorni l’analisi dell’andamento sul 2020 a livello regionale e dalle prime ricerche è emerso un calo del fatturato che va, in media, dal 50% al 60% rispetto all’anno precedente. “Noi siamo legati al turismo più che alla parte business e abbiamo subito molto la chiusura totale della primavera scorsa. Abbiamo avuto richieste nel periodo estivo, è andato bene l’Appennino, in particolare la Val Parma e la Val Taro, ma in pratica abbiamo lavorato due o tre mesi su 12 e con meno coperti visto il tema delle distanze. Per le aziende agricole, la parte legata alla ristorazione e alla ricezione è molto importante, perché va a integrare il reddito della famiglia che non riesce più a sostenersi con la sola parte di agricoltura”.

Anche Mutti come Incerti pensa alla ripartenza: “Dobbiamo cercare di resistere, perché nessuno sa quando tutto questo finirà ed essere pronti, pensando più a un turismo delle immediate vicinanze, dalla regione o da quelle confinanti, più che guardare all’estero”.

Stefano Cantoni, coordinatore area turismo Confesercenti di Parma non ha nascosto che il 2020 è stato un anno da dimenticare, in generale per tutto il settore che si occupa dell’ospitalità. “Nel ricettivo extra alberghiero, che comprende attività imprenditoriali come gli affittacamere e familiari, come i bed and breakfast, il calo mediamente è oltre il 50%, in particolare sono spariti tutti i turisti esperienziali, che seguono l’enogastronomia e gli eventi culturali, gli amanti dei viaggi in moto e auto che sceglievano la nostra destinazione come tappa di viaggi più lunghi, le famiglie.

Anche la filiera collegata, agenzie di viaggi, guide e accompagnatori, noleggi auto e mini bus, è praticamente ferma, salvo la pausa di questa estate, che ha portato per la verità, più speranze che incassi: diciamo che manteniamo un minimo di presenze grazie alla vocazione industriale, produttiva del nostro territorio, che ha radici profonde e ha ben saputo rimettersi in marcia nella competizione internazionale, recuperando posizioni dopo il lockdown totale dell’anno scorso”.

Tutti gli operatori del turismo sono concordi nel sottolineare che i flussi turistici, anche quando riprenderanno, saranno molto diversi dal passato, sia nei numeri che nella provenienza.

“Siamo impegnati a rivedere il piano di marketing turistico di Destinazione Emilia, anche se non è facile fare previsioni, data l’incertezza legata ai viaggi, comunque dobbiamo lavorare confidando di esser pronti per la primavera – estate a movimenti turistici di corto raggio, più nazionali che esteri – ha spiegato Cantoni”.

Abbiamo chiesto anche a Cristiano Casa, assessore al Turismo e presidente di Destinazione Emilia un commento ai numeri e soprattutto quali sono le prospettive per il futuro.

“I dati del 2020 sono drammatici e si commentato da soli, soprattutto pensando a quello che sarebbe potuto essere per Parma. Avevamo previsto 900 000 presenze, dovevano esserci convegni, conferenze, assemblee, fiere. E infatti eravamo partiti molto bene perché, +10,2% di presenze e + 1,2% di pernottamenti a gennaio, mese tradizionalmente spento per il turismo, non era stata cosa da poco. Invece è stato un disastro, soprattutto per gli operatori del settore: imprese ricettive, guide, agenzie di incoming, ristorazione”.

Anche Casa è convinto che il rilancio debba partire dal turismo di prossimità: “Stiamo mettendo in piedi diverse azioni per ripartire. Crediamo che sia difficile tornare ai livelli di prima per quanto riguarda i clienti business che hanno sempre rappresentato per la nostra città, un numero importantissimo in termini di pernottamenti e oggi con lo smart working e con la possibilità di fare meeting a distanza, è improbabile che questo mercato possa ripartire velocemente. Quindi con Destinazione Emilia, e anche con l’assessore regionale Corsini, stiamo mettendo in piedi azioni sull’area lesure, puntando in particolare sui nostri asset quali cultura e food. Faremo una promozione mirata e a vari step, partendo dal turismo di prossimità e dal mercato italiano, almeno per i primi tempi. Punteremo sull’outdoor, dal nostro Appennino al cicloturismo che ha ottime potenzialità ed è stato sfruttato poco in passato. Poi dovremo consolidare Parma, come sede per il congressuale, perché abbiamo spazi molto interessanti: l’Auditorium Paganini, il Regio, il Palacassa. Un altro ambito su cui investire è lo sport, fare in modo che la città possa essere sede di tornei o di finali di diverse discipline – conclude l’assessore”.

Tatiana Cogo

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