
Sul quotidiano La Gazzetta di Parma di oggi, 21.5.2021, nell’articolo pubblicato a f. 12, intitolato “La città dei diritti – dibattito on line fra amministratori locali – Coppie gay, ius soli e Ddl Zan”, è riportata una frase che avrebbe pronunziato il vicesindaco di Parma, Marco Bosi: “In tema di riconoscimento dei figli di coppie omosessuali, oltre alla sensibilità del singolo sindaco, serve un procuratore che non impugna gli atti”.
Probabilmente si tratta di una interpretazione errata del pensiero del vice sindaco poiché, in caso diverso, ci si troverebbe di fronte ad una presa di posizione -da parte sua- istituzionalmente grave, posto che un uomo delle Istituzioni, quale certamente è il vice sindaco, dovrebbe sapere che il Procuratore della Repubblica non ha il compito di essere sensibile, ma ha il diritto/dovere di esercitare il controllo di legalità su tutto ciò che avviene nel territorio di sua competenza, ivi compresi gli atti degli amministratori locali, quando tali atti -come nel caso ricordato dal vice sindaco- appaiano adottati in modo difforme rispetto alla legge vigente, come riconosce peraltro indirettamente lo stesso vice sindaco allorquando (sempre che siano parole sue) fa riferimento alla sensibilità del sindaco, piuttosto che all’applicazione della legge, da parte dello stesso Sindaco.
D’altra parte, almeno allo stato, deve ritenersi che l’impugnazione di quegli atti di riconoscimento richiamati nell’articolo, da parte del Procuratore della Repubblica, avesse ragion d’essere, visto che il Tribunale di Parma ha accolto i ricorsi della Procura, disponendo anche che l’Ufficiale di Stato civile di Parma (ovvero il Sindaco) cancelli sia gli atti di riconoscimento effettuati sia le annotazioni effettuate sugli atti di nascita originari.
Ma di tale pronunzia del Tribunale non vi è menzione nelle parole del Vice Sindaco.
O, almeno, non ve n’è nell’articolo di stampa che riporta le sue parole.
Il Procuratore della Repubblica Alfonso D’Avino