In Italia contano i vecchi (di Stefano Gelati)

SMA MODENA

Tra gli indicatori statistici della struttura della popolazione quello che ritengo il più significativo è l’indice di vecchiaia. In Italia tale indice nel 2021 era 182,6. Significa che ogni 100 residenti da 0 a 14 anni di età, ce ne sono 182,6 dai 65 anni in su.

Gli ultrasessantacinquenni in Italia sono circa 14 milioni, mentre coloro che hanno meno di 15 anni sono poco più di 7.600.00. Siamo un paese che invecchia sempre di più, dove la popolazione attiva tenderà a diminuire nei prossimi anni. Uscendo dall’aridità dei numeri si possono fare varie considerazioni.

Con una struttura demografica così configurata è ovvio che il tema delle pensioni abbia una notevole rilevanza nel dibattito politico, gli anziani sono tanti ed i più fedeli agli appuntamenti elettorali; a coloro che sono già in pensione dobbiamo aggiungere chi è prossimo all’età pensionabile, pensiamo ai nati nel baby boom della metà degli anni ’60 del secolo scorso (quando i nati per anno erano più del doppio di quelli attuali) che hanno già superato i 55 anni di età.

Le politiche economiche tese a stimolare la domanda, con questa struttura della popolazione, lo dimostrano i risultati, non hanno provocato quell’incremento dei consumi interni sperato. Perche?

Una società così anziana dal punto di vista, anche psicologico, tende ad avere una minore propensione al consumo, risparmiando una parte consistente degl’incrementi di reddito, perchè dei nuclei famigliari composti da anziani hanno meno volontà ed occasioni di consumo rispetto ad una famiglia composta da genitori e figli.

La ripercussione di una struttura della popolazione così sbilanciata verso gli anziani, assoluta novità nella storia, ha una chiara implicazione politica ed elettorale: la particolare sensibilità alla percezione dell’insicurezza, a prescindere dai dati ufficiali sulla situazione di ordine pubblico e criminalità.

In materia fiscale, nonostante l’inarrestabile incremento della spesa pubblica per assistenza e previdenza, il tema di un’imposta anche “vagamente” patrimoniale è tabù; chi solamente ne parla …”si scotta”e deve chiarire e smentire, mentre finanziare tutto con nuovo debito pubblico da far pagare, nel futuro, ai giovani di oggi lascia quasi indifferente le forze politiche.

Questa situazione presenta un aspetto positivo, che è anche perverso. Molti anziani con reddito garantito costituiscono una rete di welfare famigliare, cioè la pensione del nonno va a compensare, molte volte, il mancato reddito del nipote disoccupato. Arriviamo al paradosso dei nonni che mantengono i nipoti; e non può che essere così in un paese che ha trai i più alti tassi di disoccupazione giovanile dell’ U.E.

In Italia è davvero poco credibile chi dice: largo ai giovani.

Stefano Gelati