Giovanni Paolo Bernini è un noto esponente politico del centrodestra per il quale nel 2015, nell’ambito dell’inchiesta Aemilia, era stato richiesto l’arresto per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico-mafioso, poi rigettato dal Giudice delle Indagini Preliminari e dal Riesame.
Bernini venne poi prosciolto dall’accusa.
Da quel momento ha iniziato un’intesa attività mediatica su giornali, Tv e social network per raccontare la sua vicenda che nel 2019 ha pubblicato nel libro “Storie di ordinaria ingiustizia”.
A che punto siamo?
Oggi ci troviamo finalmente alla conclusione del mio percorso doloroso, faticoso ma doveroso alla ricerca della verità sull’inchiesta e sul processo Aemilia, che ricordo essere stata l’iniziativa giudiziaria più vasta contro le mafie al nord.
Si verificarono tante e tali lacune che le volli mettere nero su bianco in un libro.
Scrissi ciò che era successo e quello che sarebbe successo.
Cosa è successo?
In questa vicenda ci sono tutti gli ingredienti del cosiddetto “sistema” ben descritto nell’intervista di Sallusti a Palamara: il giovane magistrato (Marco Mescolini), che fa poco il magistrato perchè nel 2006 si toglie la toga ed entra nel governo Prodi come consulente; caduto Prodi rientra in magistratura e gli viene affidato l’incarico di guidare la pubblica accusa nel processo Aemilia; individua in due avversari politici berlusconiani i soggetti a cui rivolgere l’attacco giudiziario (sia io che Pagliani siamo stati assolti pienamente); nasconde i gravi indizi contro gli amici del Pd, e alla fine ritira il premio diventando capo della Procura di Reggio Emilia, di quella città che era il fulcro degli interessi criminali del clan di Cutro di Nicolino Grande Aracri.
I fatti mi hanno dato ragione.
Cioè?
In primis la decisione storica, per la prima volta nella magistratura italiana, dell’allontanamento sine die del magistrato Marco Mescolini dall’intera Emilia Romagna con una sentenza all’unanimità del Consiglio superiore della Magistratura a causa delle sue collusioni con un partito (il Pd) e Palamara. Sapendo di mentire, egli giurò sui propri figli, di fronte a quattro sostitute procuratrici di Reggio Emilia che gli chiedevano notizie su quello che stava succedendo, di non conoscere Palamara e il giorno dopo uscirono decine e decine di loro chat nelle quali Mescolini insisteva affinchè gli fosse assegnato quell’incarico prestigioso. E lo ottenne grazie alle pressioni del Pd che lui aveva graziato nel processo Aemilia. Tu mi grazi, io ti premio: questo è un sistema veramente orribile.
Ciò che è stato messo sotto il tappeto sono le vere collusioni tra politica e mafia in Emilia Romagna. Voglio usare le parole di Paolo Borsellino: “Mafia e politica sono due poteri che si contendono lo stesso territorio: o si combattono o si mettono d’accordo“. Non è credibile che tra le duecento persone arrestate nel processo Aemilia con milioni di euro, case, capannoni, partecipazioni societarie sequestrati, appalti e subappalti, non sia venuto fuori nessun rapporto con i poteri politico e amministrativo locali e i funzionari pubblici.
Tutto ciò non lo dice solo il mio libro ma oggi anche il pm della Procura nazionale Antimafia, Roberto Pennisi, che va ringraziato non solo per quello che ha fatto nella sua vita ma per quello che sta dichiarando al quotidiano “Il Giornale”.
E adesso cosa succederà?
Quando la relazione scritta di Pennisi sarà depositata in Parlamento credo molti dovranno delle scuse e la giustizia avrà compiuto il suo dovere: nomi, cognomi, referenti delle persone che dovevano essere indagate da Mescolini e non lo sono state per motivi di carriera e di collusione col Pd.
Cambiando argomento, venendo alla politica locale. Quale giudizio sulla nuova Amministrazione comunale di Parma?
Premetto che non conosco bene l’azione di tutta la giunta, per mia ignoranza personale mi sfuggono i nomi dei suoi componenti, a parte quelli del sindaco e del vicesindaco. Nonostante io sia distante da questa parte politica, devo ammettere che, rispetto alla pessima era di Pizzarotti, abbiamo completamente cambiato passo. Soprattutto Michele Guerra sta dimostrando apertura all’ascolto e merita perlomeno attenzione. Spero sarà in grado di governare la macchina comunale, lo vedremo nel tempo.
Pizzarotti, invece, è un “Pinocchio della politica” che ha fatto salti mortali, passando dal M5S al Pd che poi non l’ha voluto, quindi a Renzi e Calenda, fonda un suo movimento per finire in Più Europa.
L’impressione, confermata da alcuni episodi e scelte, è che Guerra abbiamo migliorato rispetto al declino, all’ambiguità, alle bugie trasformate in azione politica che abbiamo vissuti con Pizzarotti.
Andrea Marsiletti



