Panoramica di una valle: la Val Baganza

di UG

La foto che in copertina fa da civetta a “Per la Val Baganza 2023” sembra rubata ad una valle alpina per il ruvido connubio di rocce, di boschi e del cielo tagliato da un ponte “tibetano”; ed invece il protagonista è semplicemente il letto del Baganza che si è aperto un varco tra la barriera dei Salti del Diavolo ed ora si fa anche bello del rinato ponte che collega Chiastre di Ravarano a Cassio.

E, quasi prendendo questo ponte come linea di partenza, le 296 pagine di Per la Val Baganza 2023 distribuiscono spunti di nuove conoscenze su un passato remoto e su un passato ancor caldo di vita che qualificano la variegata identità dei paesi più o meno strettamente imparentati con il Baganza. Berceto, per prendere l’avvio dal capofila della Valle, sfodera la suggestiva e varia ricchezza della sua vita estiva, riceve un omaggio in rima e invita ad intraprendere un faticoso ma appagante viaggio attraverso le sorprese disseminate lungo e dentro i propri confini amministrativi. E’ poi la meta del percorso dei viandanti che da Bardone, di rocca in rocca (quasi sempre ridotte a livello di rudere), si sono avventurati e tuttora si avventurano sulla Via Francigena Parmense.

Con Bardone si entra in terra di Terenzo, distesa tra Baganza e Taro, e quindi pronta ad offrire anche un saggio di fervore culturale degli alunni di Selva Castello oltre al dinamismo progettuale coltivato a Casola in una sagra qualificata non solo da seduzioni gastronomiche, ma anche da proposte di rivitalizzazione dell’Appennino, senza tuttavia rimpiangere un passato denso di eventi crudeli generati dalla Natura e dalla sempre fertile perfidia umana (emblematico il caso scoperto da Giovanni Pasquinelli dei 400 “sudditi parmigiani” beffati dai “caporali” che nel 1817 li hanno ingaggiati come segantini in Corsica).

A Cassio torna a risuonare il ritmico picchiettio di una rinata scuola di lavorazione della pietra, praticata con entusiasmo anche da ragazzi debitamente guidati dagli esperti. Passando alla sponda destra del torrente, è Calestano a farla da padrone con vetuste memorie legate ai “castellani di Ravarano e Casaselvatica” e con sempre nuove specialità dentro le manifestazioni ormai tradizionali come la fiera del tartufo nero di Fragno e il concorso poetico intitolato a Girolamo Predomini, a cui nel 2022 si è aggiunta la quinta edizione del premio nazionale “Monte Caio” dedicata a “La Cultura scala le montagne”. Ma il tesoro naturalistico che, come è arcinoto, qualifica il Calestanese è formato dai Salti del Diavolo e sono loro, in un ben articolato e piacevolissimo saggio del prof. Paolo Vescovi, a raccontare la propria storia ben innestata nelle vicende del ponte aleggiante in copertina e che rinnova il connubio tra riva destra e riva sinistra del torrente.

Calestano, che ha perle nascoste come Ronzano, è poi vibrante di ironica arguzia nelle versificazioni in dialetto locale del forse dimenticato Adolfo Conti e soprattutto nei ricordi degli anziani Coruzzi, intrisi di gustoso omaggio alla semplicità e alla robustezza di perenni valori custoditi anche per l’oggi dai tempi andati; valori di cui rimane la testimonianza anche in famiglie di Ravarano e nella prodigiosa guarigione di una bimba che ha dato l’avallo alla canonizzazione della Fondatrice delle suore Figlie della Croce. Prima di giungere a Felino “capitale del salame”, è d’obbligo sostare sulle alture di Barbiano perché qui si è risvegliato il fervore organizzativo imperante prima della batosta del Covid, e a Sant’Ilario Baganza sia per conoscere le mirabolanti novità germinate dalla fantasia creativa degli aderenti alla Associazione Anellodebole, sia per scoprire che i poteri taumaturgici attribuiti da secoli alla cosiddetta “pietra di Sant’Ilario” o “préda di moròj”, sono prerogative di una sorprendete schiera di consimili pietre presenti in Italia ed in altre zone dell’orbe terracqueo.

Entrando in Felino capoluogo, si può cogliere il ronzio di un aereo tutto felinese che decolla dall’Avio Delta, il sollievo per il riaperto Circolo “Luigi Coruzzi”, il profumo di una vera pastasciutta benché qualificata come “antifascista” ed il fervore per rendere genuino il Natale con un presepe vivente e per celebrare un laico matrimonio tra canapa e maiale. Un’atmosfera di dotta e ariosa poesia spira dalle rive del Cinghio lungo le quali è stato disteso “l’anello dei poeti” che l’hanno amato e cantato: il “classico” Tommaso Ravasini, l’autoctono Armando Benassi e l’universale Attilio Bertolucci. Andando più a valle sempre sulla sponda destra, è Carignano a qualificarsi per l’ospitalità offerta nei primi decenni del ’900 alla villeggiatura dei seminaristi di Parma, per il ruolo di autentica promozione culturale che ha avuto la scuola elementare del paese e per la singolare vena inventiva e pratica di una dinastia di fabbri ferrai, i Sani, operanti tra 1867 e 1935 circa.

Poco oltre Carignano si sta rianimando il complesso parrocchiale di San Ruffino con un progetto di solidarietà comunitaria denominato il “sogno di Davide”. Guadando a piedi quasi asciutti il Baganza, la sua sponda destra solennizza il secolo di vita di un cittadino d’adozione di San Martino Sinzano, mentre un altro Santo, Vitale, al limite sud del Comune di Sala, benedice il ritorno del corso di perfezionamento musicale “Musica e Natura”. Musica vibrante anche a Sala capoluogo con il donizzettiano Don Pasquale a coronamento della consegna della Torre di San Lorenzo a tre salesi benemeriti del loro paese, con la ripartenza dei “Martedì della Musica” e con la impeccabile esecuzione dello Stabat Mater di Giovan Battista Pergolesi (soprano Tania Bussi e mezzosoprano Valentina Vanini sotto la direzione del maestro Paolo Mora) che ha impreziosito la cerimonia di riapertura ufficiale della chiesa dopo complessi lavori di restauro e di messa in sicurezza.

La musica ha fatto da invitante contorno pure al ritorno del “mitico” fante sul monumento ai Caduti, mentre solo una eco di musica risorgimentale è possibile cogliere nelle pagine irrorate dall’odor di vino conservato tra carte dell’archivio comunale di Sala. Memorie di guerra accompagnano le figure di due felinesi, mentre da Sala una raccolta di inediti documenti famigliari tramanda la tenacia di un padre alla drammatica ricerca di notizie sul figlio disperso sul fronte libico, che, un volta tornato illeso dalla prigionia, convola a nozze con una graziosa ex staffetta partigiana di San Michele Tiorre. A Sala Bassa dall’agosto 2022 un maestoso murale condensa il coraggio dei salesi che cento anni prima hanno fatto il possibile per sbarrare la marcia vincente del fascismo.

E tutta Sala, ma in particolare Sala Bassa (per quel tanto che di essa sopravvive) ha pianto la perdita di Giuseppe (Peppino) Gombi che di Sala ha cantato a colori l’anima e il volto. Il molteplice repertorio di inserti pubblicitari, oltre ad alleggerire il prezzo di copertina di Per la Val Baganza, serve a documentare il fervore imprenditoriale operante in Valle, evocato anche dalle squadre di operai che per decenni sono scesi a Baccanelli da Calestano, Felino, Sala e Collecchio per prestare la loro opera nella Officina Simonazzi. Ondate di inediti panorami “alieni” vengono distribuite da valbagenzesi di ritorno da ben mirate evasioni oltre la Valle ed innumerevoli sono le altre notizie e curiosità che ruotano attorno al reticolo di 900 illustrazioni alle quali Gian Marco Caraffi dello Studio Guidotti ha conferito la morbida grazia della sua collaudata (da venti anni) perizia grafica e impaginatoria.
p.b.


Stefania Marusi suona il flauto traverso sulle colline di Cevola (foto di Giancarlo Marusi).

Lo scultore del legno Santino Valenti (foto di Giancarlo Marusi).

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