Una lettera aperta, indirizzata ai vertici di Ente Fiere di Parma, al sindaco Michele Guerra, al presidente della Provincia Alessandro Fadda e al presidente della Regione Emilia-Romagna Michele de Pascale, per chiedere chiarimenti e prendere posizione sulla decisione di ospitare a Parma, dal 28 al 30 marzo 2026, la fiera EOS – European Outdoor Show, dedicata a caccia, tiro sportivo e turismo venatorio.
A scriverla è Casa della Pace di Parma, attraverso il presidente Emilio Rossi, che domanda con toni netti: «Perché una fiera delle armi a Parma? Non crediamo che la nostra città debba diventare luogo di promozione del possesso di armi, in un momento storico già segnato dalla violenza privata e dal riarmo globale».
Nella lettera, l’associazione richiama i precedenti di Brescia, Vicenza e Verona, dove la manifestazione si è svolta negli anni passati, non senza polemiche. «A Verona – ricorda Rossi – grazie alla collaborazione tra associazioni pacifiste, Comune e organizzatori, erano stati introdotti importanti correttivi: un codice etico, l’esclusione delle armi per la difesa personale, il divieto per le aziende di stati sotto embargo e maggiori tutele per i minori. Ci chiediamo se e come tutto ciò sarà garantito anche a Parma».
Casa della Pace chiede inoltre trasparenza sui rapporti tra Ente Fiere e gli organizzatori dell’evento: «Per quanto tempo è stato firmato il contratto per EOS? È revocabile? I soci pubblici – Comune, Provincia e Regione – erano stati informati e hanno dato il loro consenso? Da considerare anche che nel nostro territorio ci sono numerosi Comuni che prendono le distanze dalle armi, esprimendo assessorati per la Pace ed anche assessorati per il Benessere Animale.».
L’associazione invita le istituzioni a prendere posizione e a vigilare: «Non vogliamo che a Parma la fiera delle armi trovi la “maggior serenità” che, secondo gli organizzatori, sarebbe mancata a Verona. Occorre impostare da subito regole chiare e un controllo effettivo, in particolare per la tutela dei minori. Verona ci ha indicato la strada da percorrere».
E la conclusione suona come un appello morale: «Questo nostro tempo – scrive Rossi – è già fin troppo dominato dalle armi. Le nostre città dovrebbero essere spazi di pace, non vetrine per strumenti di morte».


