
Grazie ad uno studio promosso dall’Autorità di bacino del fiume Po e condotto dalla Cattedra UNESCO “Educazione, Crescita ed Eguaglianza”, coordinata dal prof. Patrizio Bianchi, è stata restituita una prima approfondita fotografia delle criticità su cui intervenire e delle relative possibilità per sviluppare le potenzialità delle aree lungo l’asta del Grande Fiume: Scuola, Economia, Attrattività abitativa, Transizione ecologica e Turismo saranno al centro dell’azione dei comuni della Riserva MAB con soluzioni mirate e coordinate sui territori di Pavia, Lodi, Cremona, Mantova, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Ferrara e Rovigo

10 Luglio 2025 – Per ricostruire la continuità funzionale e sociale del Po occorre far emergere le potenzialità strategiche di quelle aree di prossimità che, situate all’interno degli snodi infrastrutturali principali, possono generare nuove centralità grazie alla connettività, alle tecnologie e ad una nuova visione del lavoro e della vita collettiva: è partita dalla Bassa Parmense, nel territorio di Polesine Zibello – proprio lungo l’argine del Grande Fiume – quella che si preannuncia come la più grande sfida che Po Grande intende affrontare da quando, nel 2019, è stata riconosciuta come Riserva della Biosfera dall’UNESCO, ovvero riuscire a coniugare tutela ambientale e sviluppo economico in un contesto segnato da forti disuguaglianze territoriali per combattere lo spopolamento e le relative difficoltà socio-economiche vissute dalle comunità che abitano le aree rivierasche.
Per vincere quella che è già stata ribattezzata l’ambiziosa “sfida della rinascita” Po Grande punta a fare quadrato con gli amministratori locali che ne fanno parte: una rete di 102 comuni ubicati lungo oltre 250 chilometri dell’asta fluviale, appartenenti a tre differenti regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto) e che costituisce un areale vasto oltre 3.800 chilometri quadrati; con loro e con tutti i portatori di interesse (istituzioni, realtà associative, organizzazioni territoriali) la Segreteria tecnica della Riserva intende definire le strategie condivise basandosi sui dati di un’approfondita indagine socio-economica, promossa da ADBPO, l’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, in collaborazione con la Cattedra UNESCO “Educazione, Crescita ed Eguaglianza” ed effettuata grazie al professor Patrizio Bianchi – titolare della Cattedra e docente dell’Università di Ferrara – e alla sua equipe di professionisti e presentata nel corso di un incontro al teatro Angelo Frondoni di Pieveottoville (PR), al quale sono intervenuti anche il Sindaco di Polesine Zibello Massimo Spigaroli, la Segreteria Tecnica di Po Grande MAB UNESCO Ludovica Ramella, la dirigente dell’ADBPO Fernanda Moroni, il coordinatore generale di INBO, l’International Network of Basin Organizations, Alessandro Bratti e 40 rappresentanti delle amministrazioni locali provenienti dalle province coinvolte (Pavia, Lodi, Cremona e Mantova per la Lombardia; Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Ferrara per l’Emilia-Romagna; Rovigo per il Veneto).
“L’obiettivo sarà quello di ricostruire la continuità funzionale e sociale del Po – ha sottolineato Fernanda Moroni, dirigente di ADBPO –, facendo emergere le identità e potenzialità strategiche di queste aree lungo il fiume Po, prossime agli snodi infrastrutturali principali, capaci di diventare nuove centralità grazie alla connettività, alle tecnologie innovative, ad una nuova visione della scuola, del lavoro e della vita sociale e collettiva transgenerazionale”.
LO STUDIO
Il prof. Bianchi e la sua equipe – composta dalla prof.ssa Valentina Mini e dal dott. Muratbek Tolokov – hanno analizzato le condizioni di 102 comuni situati lungo il medio corso del Po grazie ad un approccio metodologico multi-fonte, che incorpora dati demografici di ISTAT, approfondimenti sul mercato del lavoro in tempo reale dal dataset TALENTO e dati finanziari e strutturali a livello di impresa dal database AIDA (l’analisi informatizzata delle aziende italiane).
“Dobbiamo tornare a considerare questa come un’area integrata e riprendere l’idea che il Po non è semplicemente il margine di quattro regioni, ma un’area che ha in sé una straordinaria potenzialità: da una parte recuperando uno stretto legame col territorio e dall’altra valorizzando tutte le grandi ricchezze che possiede – ha spiegato Patrizio Bianchi, titolare della Cattedra UNESCO ‘Educazione, Crescita ed Eguaglianza’ –. Bisogna tornare a ragionare insieme sull’idea di una capacità di integrare i nostri territori, che hanno un grandissimo valore sia culturale, sia ambientale ma, soprattutto, umano e quindi bisogna investire di più sulle persone per ritrovare il nostro territorio e far così ripartire tutto il Paese”.
Nel dettaglio, sono 5 gli ambiti oggetto di studio e discussione: Scuola, con il rischio di chiusura degli istituti scolastici nelle aree marginali che impone una riflessione profonda e contro cui si propongono soluzioni quali il potenziamento della didattica multigrado, la creazione di scuole polo, il miglioramento del trasporto scolastico, l’uso di didattica digitale mista e una maggiore apertura della scuola alla comunità, trasformandola in presidio territoriale multifunzionale; Rigenerazione economica, dove l’esperienza internazionale offre spunti preziosi per le aree marginali: dall’economia dei servizi di prossimità alla neo-agricoltura, dal ripopolamento incentivato al turismo lento, dai villaggi digitali allo smart working rurale, fino a cooperative di comunità e artigianato diffuso, tutti modelli che possono essere adattati alle esigenze del Po Grande; Ripopolamento e attrattività abitativa, dove reti di sostegno, incentivi mirati e servizi adeguati possono rendere attrattive anche le aree meno densamente popolate, favorendo l’insediamento di “nuovi abitanti” e contribuendo al riequilibrio demografico; Uso del suolo per energie rinnovabili, per il quale occorre incentivare la discussione sull’uso del suolo agricolo per grandi impianti fotovoltaici, spesso scollegati dalla pianificazione territoriale: l’area del Po Grande rappresenta infatti un laboratorio ideale per ripensare l’energia in chiave sostenibile e compatibile con il paesaggio e l’agricoltura locale.
Turismo e attrattività territoriale, dove numerosi sono gli esempi di politiche e finanziamenti – nazionali e internazionali – che possono rilanciare il turismo nelle aree marginali: Po Grande può diventare un nuovo polo di turismo rigenerativo e sostenibile, proseguendo ed incrementando le sue azioni per la valorizzazione di ambiente, cultura e identità locali.
I risultati dell’indagine evidenziano un quadro in cui i territori rivieraschi possono essere classificati come MAiDAs (acronimo di “Aree marginali in aree sviluppate”): si tratta, cioè, di aree che – pur se ubicate all’interno di territori floridi – vivono un progressivo declino demografico, hanno un mercato del lavoro frammentato e vedono una crescente polarizzazione economica poiché contraddistinte da fattori quali un forte invecchiamento della popolazione, l’erosione della forza lavoro giovane e la concentrazione di opportunità lavorative e attività economiche in pochi centri urbani.
Vi sono poi anche alcune aree periferiche che, invece, soffrono di scarsa presenza imprenditoriale, capitale sociale ridotto e accesso limitato a impieghi qualificati. Dallo studio dei 5 ambiti sopra indicati emergono così alcune importanti “chiavi di volta” che potrebbero costituire valide opportunità di rilancio, come quella legata all’economia regionale che, in queste aree, è in gran parte connessa ai settori manifatturiero, logistico e del commercio al dettaglio: ciò potrebbe significare che, se efficacemente collegate alla formazione professionale e all’innovazione verde, queste aree potrebbero fungere, ad esempio, da punti di leva per una transizione più inclusiva e sostenibile.
“Quanto emerso dallo studio condotto dalla Cattedra UNESCO, di cui ringraziamo i suoi esponenti, è un risultato che ci stimola significativamente – ha evidenziato Ludovica Ramella, Segreteria tecnica di Po Grande –. Dal primo giorno della sua attività Po Grande ha infatti posto l’accento proprio su ambiti come la scuola, il lavoro e l’ambiente e questa capacità di iniziativa diventa così elemento-chiave per il rilancio dei territori che, nel solco di un respiro sempre più europeo, mantengono l’identità e il valore delle loro comunità: rappresentare questa visione fornendo, al contempo, un’opportunità di rilancio per l’asse del Po deve seguitare ad essere la nostra priorità”.
“Lo studio presentato oggi è fondamentale alla luce del fatto che, come sindaci, non possiamo ritenere di muoverci pensando solo al nostro comune, ma dobbiamo guardare nell’ottica di un’area vasta, che è sempre stata poi codificata dalla Storia – ha ricordato Massimo Spigaroli, sindaco di Polesine Zibello –: quella del fiume che attraversa la Pianura Padana offrendoci un modo di pensare unico, un cibo unico, produzioni sempre di altissima qualità ma, soprattutto, territori che sono sempre stati contaminati dalle persone che giungevano da ogni parte del mondo attraverso questa via d’acqua importantissima, quella fluviale, usandola come via di comunicazione”.
“Uno studio che identifica le potenziali attività, non solo di carattere culturale, ma anche di carattere economico e sociale che possono valorizzare i territori marginali, all’interno delle aree sviluppate, impostando percorsi di sviluppo sostenibile – ha concluso Alessandro Bratti, coordinatore di INBO –. Interessante, al di là delle criticità già note quali spopolamento, chiusura delle aree scolastiche o perdita dell’economia, sono le esperienze in controtendenza che ci dicono come un certo tipo di sviluppo è possibile anche in questi territori con successo”.
Tra i presenti all’incontro anche i funzionari dell’ADBPO Laura Potenza e Luciano Macaluso e una delegazione di AIPo (l’Agenzia Interregionale per il fiume Po), con il direttore generale Gianluca Zanichelli accompagnato dal funzionario Marco Gardella.