
TeoDaily – Non mi sento di escludere che, se fossi stato uno dei suoi discepoli, Gesù avrebbe chiesto a me di preparare l’Ultima Cena pasquale.
Gesù avrebbe potuto incaricarmi non certo perchè sono bravo a cucinare, anzi. Ma proprio perchè sono un disastro in cucina avrebbe potuto chiedermelo. Il Signore ha sempre preferito gli ultimi, i peccatori, le prostitute, i più deboli, i più incapaci, e le parole più severe le ha sempre riservate ai dottori delle legge, ai farisei, agli scribi, ai sacerdoti sadducei. Gesù disprezzava gli ipocriti, coloro che si nascondono dinnanzi a Dio e dinanzi a se stesso, e pretendono di ingannare gli altri. Io sarei stato sicuramente un peccatore, non un ipocrita. Non me ne avrebbe fregato niente di ostentare rigida osservanza giudaica.
Orbene, mi sarei impegnato tantissimo nell’organizzazione dell’Ultima Cena, avrei curato i dettagli. Sono i dettagli impercettibili a decidere tutto.
I Vangeli sinottici raccontano che l’Ultima Cena è stata consumata nella Pesach, “durante la Pasqua ebraica“. Giovanni, invece, la colloca “prima della festa di Pasqua“. Io seguivo Giovanni, e così preparavo una cena che poco o nulla c’entrava con la tradizione ebraica. Avrei osato teologicamente, già prefigurando un superamento dei giudaismo e quindi precedendo l’elaborazione di Paolo.
Sarei partito dall’idea stessa di cena contenuta nella predicazione del Signore. Nei Vangeli il Paradiso è raffigurato spesso come una banchetto dove si mangia e beve, simbolo di unione, condivisione, fraternità con Dio e con gli altri. Se l’Ultima cena è stata l’anticipazione del Paradiso, doveva essere una festa.
Avrei invitato alcune discepole di Gesù (che è ragionevole ritenere abbiano partecipato per davvero – leggi -) alternando a tavola un uomo e una donna, intuendo che il maschilismo dell’epoca avrebbe poi fatto di tutto per escludere le donne dalla Chiesa.
Sfruttando il mio ruolo di organizzatore, mi sarei seduto di fianco a Maria Maddalena.
Sul tavolo, tra le candele rosse, avrei deposto cibo frugale ma ricercato, ideato per l’occasione: riso con tarassaco e datteri.
In Paradiso c’è musica, e quindi avrei messo musica celeste, che oggi esprimerei nella mia playlist “Dream to Space“, composta da circa 80 brani dream pop/dark wave. Solo voci femminili o androgine come quelle degli angeli, che evocano il Paradiso attraverso atmosfere sognanti, eteree e intime e sentimenti che si dilatano dalla scintilla divina dentro di noi fino all’infinità dello spazio cosmico del Regno dei Cieli.
In particolare avrei annunciato 14 canzoni, in ordine escatologico crescente, dedicate agli apostoli, Maria Vergine e Maria Maddalena:
Beyond love (Beach House)
For phoebe still a baby (Cocteau Twins)
No one notice (The Marias)
You and your sister (This Mortal Coil)
Falling (Julee Cruise)
K (Cigarettes after sex)
I follow you (Melody’s echo chambers)
The trip (Still Corners)
Calling all angels (Jane Siberry)
Angel Mine (Cowboy Junkies)
Apocalypse (Cigarettes after sex)
Andromenda (Wayes Blood)
Astronaut (Beach House)
Space Song (Beach House)
Avrei stupito tutti con quelle voci di angeli.
La Parusia nell’Ultima Cena.
Gesù doveva ancora morire ed era già tornato.