Venerdì 21 novembre, all’ex Macello di Fidenza, si è tenuta una serata intensa e singolare organizzata da Potere al Popolo Fidenza: Oltre il muro del silenzio – Orizzonti narrativi da dentro il carcere.
Come i precedenti appuntamenti, la serata si è aperta con un aperitivo. Questa volta a base di piatti vegani ma con profumi e sapori ivoriani preparati da Aicha che attraverso la cucina africana racconta l’autenticità e l’amore per le proprie origini: Jollof (riso alle verdure) e Hakadi (crema di patate dolci con latte di cocco).
Poi il dibattito si è svolto in un grande cerchio con la partecipazione di Enrico Rizzo (presidente della associazione “Oltre il muro” di Piacenza) Natalia Rinaldi (operatrice sanitaria) e Hisam Allawi (mediatore culturale). Prospettive diverse ma un unico filo rosso: le condizioni inumane e degradanti delle carceri italiane, non solo per le persone detenute ma anche per i lavoratori e i volontari.
Nonostante l’articolo 27 della Costituzione sancisca che le pene non possano “consistere in trattamenti contrari al senso di umanità” e che la detenzione debba tendere alla “rieducazione del condannato”, la situazione già drammatica delle carceri è stata aggravata dalle riforme dell’attuale governo. Riforme, come il decreto Caivano e il decreto sicurezza, che introducono uno stato di prevenzione fondato sul “panpenalismo”: nuovi reati e pene più severe per contrastare il disagio sociale e reprimere il dissenso. Ma l’effetto concreto delle politiche del governo Meloni è invece l’aver determinato un taglio alle risorse per la rigenerazione sociale, l’istruzione e la salute pubblica.
Enrico Rizzo ha aperto il dibattito con la sua testimonianza fondata su vent’anni di volontariato all’interno del carcere di Piacenza. Oltre a sottolineare la perenne condizione di sovraffolamento, oltre 600 detenuti a fronte di una capienza di circa 400 posti, Enrico ha portato i presenti all’interno di una realtà di vita completamente distaccata dal mondo esterno. Celle affollate e condizioni di vita che non promuovono la rieducazione e il reinserimento sociale, bensì incanalano le persone detenute in un circolo vizioso che rende quasi impossibile per loro uscire da una condizione di marginalità. Enrico stima un tasso di recidiva intorno all’80% per il carcere di Piacenza.
Hisam Allawi ha rimarcato quanto sia difficile per la popolazione straniera uscire da una condizione di marginalità dopo il rilascio. La carenza dei percorsi di formazione linguistica e professionale durante la detenzione e l’assenza di una rete di supporto dopo la scarcerazione, rendono quasi inevitabile una condanna per recidiva e il ritorno in carcere.
La discussione si è poi incentrata sulla salute e sulla gestione delle dipendenze. Come ha sottolineato Natalia Rinaldi, l’assistenza sanitaria rivolta principalmente a gesture e curare disturbi mentali e psicofisici causati dalle condizioni disumane e dal sovraffollamento. L’abuso di psicofarmaci è diffuso tra la popolazione carceraria. Nella discussione è anche emerso che senza politiche di prevenzione e un supporto psicologico efficace le persone detenute passano da una dipendenza a un’altra. L’ordinamento italiano prevede percorsi speciali per i tossicodipendenti che commettono reati ma spesso l’accesso è ostacolato dalla mancanza di risorse da parte del servizio sanitario.
Come Potere al Popolo, crediamo nel senso profondo di fare politica dal basso: creare spazi reali di parola, relazione, trasformazione. Ringraziamo tutte le persone che hanno avuto il coraggio di raccontarsi. Lavoriamo affinché un giorno ci sia una maggiore consapevolezza dei diritti delle persone detenute. E da questa consapevolezza si possa riformare il sistema carcerario nel pieno rispetto della Costituzione Italiana.
Potere al Popolo


