Sono già esauriti i 75 posti che la rete “Civiltà dell’Accoglienza” (composta da Ciac, Caritas diocesana parmense, Comunità Betania, Centro di Aiuto alla Vita, Istituto del Buon Pastore, Di Mano in Mano, Pozzo di Sicar, Festival of Praise e molte altre) aveva messo a disposizione per l’accoglienza dei profughi ucraini.
“La richiesta è altissima – ci spiega Marcello Volta, responsabile della comunicazione Ciac – in pochi giorni sono esauriti, speriamo che presto la Prefettura emani un nuovo bando per i Centri accoglienza straordinaria, perché le persone continueranno ad arrivare”.
E ora si spera nella disponibilità e nella generosità delle famiglie: “Abbiamo fatto un appello affinché chi ha appartamenti, case o anche stanze libere nelle proprie abitazioni possa metterle a disposizione e devo dire che la riposta è stata davvero buona. In questo modo abbiamo recuperato altri 40 posti. Sono diverse le famiglie che si sono fatte avanti”.
Le persone che giungono dall’Ucraina sono al 99% donne e bambini e i bisogni sono molti. “Aldilà dell’aspetto economico o di beni di prima necessità c’è bisogno di assistenza dal punto di vista, legale, sociale e sanitario. Abbiamo già assistito circa 200 persone”.
Fra le principali difficoltà al primo posto l’aspetto linguistico: “Oltre allo shock di essere dovuti scappare dal proprio paese e iniziare una nuova vita in un posto lontano da casa, in molti si trovano di fronte alla barriera linguistica. Purtroppo in pochi conoscono l’inglese, parlano ucraino e russo, banalmente anche l’alfabeto è completamente diverso dal nostro e quindi non è semplice, anche per i bambini in età scolare”.
Il Comune di Parma infatti nei giorni scorsi aveva lanciato una ricerca di volontari: fra assistenti sociali, educatori, psicologi e mediatori linguistici (da attivare anche nelle scuole).“Questa sarebbe un’ottima occasione per migliorare il sistema di accoglienza per aiutare i profughi con i documenti, la sanità – non dimentichiamo che siamo ancora in pandemia – la scuola, l’accoglienza, la tutela dei minori. C’è bisogno di un sistema ordinario e non emergenziale che sappia affiancare i Comuni e le comunità con professionalità e competenza dalle prime esigenze alla reale integrazione. Serve, oggi più che mai, un sistema di accoglienza provinciale unico, stabile, non frammentato, con un modello chiaro e definito, che sappia garantire ai profughi equità, tempi e risposte certe. Questo chiediamo alle istituzioni. E va messo in conto anche che se oggi il 99% dei profughi sono donne e bambini, potrebbe, in futuro esserci un ricongiungimento familiare, quindi dobbiamo poter essere strutturati meglio”.
Molti profughi sono arrivati anche grazie a canali informali, perché avevano conoscenze nel parmense: “Sono stati ospitati da parenti o amici, ma sono soluzioni temporanee che non possono durare a lungo. Anche se devo dire che molte persone con cui ho parlato sperano di rientrare nel loro paese, speriamo sia possibile, ma al momento la situazione è ancora drammatica”.
Altri 40 posti, oltre a quelli già compresi per la rete Civiltà dell’Accoglienza, Caritas Diocesana di Parma li ha messi a disposizione grazie alle parrocchie e alle famiglie di religiosi di città e provincia e sta fornendo inoltre, borse alimentari, vestiti e farmaci anche ai profughi giunti a Parma autonomamente e che sono ospitati da parenti o amici. “Dobbiamo rispondere ai bisogni non solo delle persone che stiamo accogliendo noi, ma anche a quelli di chi ha trovato ospitalità altrove, spesso chi li accoglie non riesce a far fronte alle spese di mantenimento di persone in più oltre al proprio nucleo – ci spiega Maria Cecilia Scaffardi, direttrice di Caritas Diocesana di Parma. Sono arrivati senza niente e hanno bisogno di tutto, di vestiti, di farmaci. Non c’è il tempo per attendere che si avviino le procedure ufficiali e quindi abbiamo iniziato a sostenere queste persone senza aspettare “il timbro” istituzionale, perché siamo davvero in emergenza, c’è bisogno subito, ora”.
Oltre alla disponibilità di spazi che giorno dopo giorno aumentano, c’è chi si offre anche di sostenere le spese per canoni di affitto. “Si sta formando una bella rete di solidarietà, perché ricordiamoci che l’accoglienza non è solo fatta di spazi fisici, ma richiede altri tasselli e quindi siamo contenti che le associazioni e le comunità parrocchiali stiano avviando attività con i bambini o le mamme. Forse dal dramma della guerra può scaturire uno stile di vita più umano che speriamo non finisca con l’emergenza, ma diventi più abituale, quotidiano e ordinario – spiega Scaffardi”.
Intanto nei paesi confinanti con l’Ucraina Caritas italiana, che è in rete con quella ucraina, sta affrontando diverse problematiche: prima erano solo Romania, Polonia e Moldavia a ospitare i profughi, ora stanno arrivando anche in Slovacchia, Bulgaria, Ungheria e questi paesi stanno chiedendo aiuti, perché non riescono a sostenere tutti.
Sia Caritas che Ciac ci hanno spiegato che è preferibile donare fondi, piuttosto che beni e per questo sono state attivate, sottoscrizioni (www.ciaconlus.org e www.diocesi.parma.it).
“Non sappiamo se i beni arrivano a destinazione, non c’è sicurezza di questo e, anche in caso di arrivo, non è certo che ci sia una equa distribuzione. La nostra logica è dunque quella di acquistare ciò che serve nei paesi vicini, anche per valorizzare le economie locali”.
Si stanno inoltre organizzando voli umanitari ai confini, perché c’è la consapevolezza che chi riesce a scappare e arrivare nei paesi vicini lo fa con mezzi propri, ci sono però le persone che hanno meno possibilità economiche e i più fragili, come anziani e disabili, corrono il rischio di rimanere intrappolati.
Nel frattempo, oltre all’orrore della guerra, in molti cominciano a temere per il pericolo di tratta di donne e bambini. E si insinua anche il dramma delle proposte di trasporto a pagamento, non sempre adeguato al costo reale. Le organizzazioni criminali non si fermano davanti a niente, come abbiamo potuto constatare anche sui nostri mari.
“Purtroppo la lentezza dei percorsi istituzionali ai quali serve tempo per approvare decreti e leggi, non va di pari passo con l’urgenza di una popolazione che sta scappando dalle bombe, il rischio che si infilino organizzazioni criminali c’è, è già stato segnalato da diverse organizzazioni”.
L’appello di Caritas è di evitare “una generosità emotiva e improvvisata perché la situazione è molto complessa ed è meglio confrontarsi con istituzioni e associazioni che sul territorio sono impegnate nell’accoglienza”.
E naturalmente chi avesse disponibilità di tempo può dare una mano in vari modi: “aiutateci ad aiutare la popolazione ucraina, cerchiamo volontari per i nostri servizi, la mensa è sempre aperta e anche la nostra boutique, il centro di ascolto è subissato di chiamate e appesantito da lavoro extra, sono giorni molto caotici. Oggi – conclude Scaffardi – è l’Ucraina che ha bisogno del nostro aiuto, ma non dobbiamo dimenticare che gli sbarchi dall’Africa continuano. Dovremmo educarci a riconoscere l’umanità di ogni persona, non solo di quelle più simili a noi, è un invito che facciamo a tutti: dobbiamo tenere gli occhi e il cuore aperti, perché le situazioni di sofferenza non sono finite. Quando questa guerra sarà conclusa, spero il prima possibile, ci sarà ancora più bisogno per la ricostruzione. Non dovremo far finta che sia tutto risolto, come pensiamo stia succedendo in Siria, perché non è così”.
Tatiana Cogo

