Povertà a Parma: aumenta la richiesta di pasti alla mensa dei poveri. INTERVISTA a Maria Cecilia Scaffardi, direttrice Caritas Diocesana

di UG

Persone che dormono sotto i portici del grano, sotto i ponti, nelle vie del centro, nei parchi; famiglie che chiedono aiuto per i libri, per lo sport dei figli o per pagare le bollette e, sempre più persone chiedono una casa e, soprattutto, cibo. È questo il quadro che emerge se si guarda nemmeno troppo attentamente, perché ormai il fenomeno è “en plein air”

La povertà a Parma non solo esiste, ma sembra essere in aumento. Abbiamo fatto il punto con Maria Cecilia Scaffardi, direttrice della Caritas Diocesana.

“Ci stiamo avvicinando al Natale e siamo un po’ tutti presi da come lo vivremo, dai cenoni e dai regali da comprare e il rischio è di dimenticarci del tema povertà, che invece esiste. La doppia velocità o la forbice è evidente in una città come Parma dove comunque c’è molto benessere. Mi viene sempre in mente, a questo proposito, una battuta di Mafalda e di Susanita. Le due incontrano un mendicante e mentre Mafalda fa la lista delle ingiustizie e delle cose da cambiare Susanita la interrompe e cinicamente dice “ma perché darsi così da fare, i poveri basta nasconderli”. Purtroppo questa è la verità, la tendenza è nascondere. E ora, anche se non lo vogliamo, queste situazioni ce le troviamo davanti. Stanno emergendo anche a Parma.

E la nostra città come risponde?

La lezione della pandemia, che ancora non è stata acquisita del tutto, ha comunque risvegliato un senso di maggiore di solidarietà. Ci sono più persone, più associazioni, più imprese che aiutano. È un bel segnale che da forza a tutti. Devo dire che, anche a livello politico locale, ho colto la volontà di guardare in faccia i problemi, cercando di avere una visione ampia di prospettiva. Il problema è che dobbiamo calarci in un oggi che chiede risposte immediate e urgenti e purtroppo non sempre le abbiamo.

Cosa vi preoccupa di più?

È aumentata in modo consistente la richiesta di cibo. Sempre più persone vengono a chiederci la borsa alimentare e sono molto aumentati i pasti alla mensa.

Di che numeri stiamo parlando?

Per quanto riguarda la mensa nel 2020 i pasti elargiti sono stati 77.763; nel 2019 62.311; nel 2021 63.112. Al 30 novembre di quest’anno siamo già arrivati a 65.500 pasti e calcoliamo, tenendo conto delle tendenze degli ultimi mesi, che arriveremo facilmente a 72.000 vale a dire 9.000 pasti in più rispetto all’anno scorso. Lo stesso vale per le borse alimentari che distribuiamo una volta al mese e che hanno un valore di circa 200 euro. Nel 2020 furono 3106, nel 2021 furono 2096 e per quanto riguarda il 2022 ci aspettiamo di superare il dato dell’anno precedente. A tutti questi dati dobbiamo poi aggiungere quelli delle parrocchie che ancora non abbiamo e non comprendono l’emergenza ucraina che abbiamo tenuto a parte. Inoltre sia come Caritas diocesana che parrocchiale sosteniamo il pagamento della mensa scolastica a diversi bambini, garantendo almeno un pasto completo nell’arco della giornata.
Il cibo è un bisogno primario e sapere che è ancora così grande la richiesta nella nostra città, nella food valley, fa decisamente impressione.

E per quanto riguarda l’emergenza abitativa?

Lo paragono al fenomeno carsico. Ciclicamente il tema ricompare in tutta la sua gravità. Anche se, a dire il vero scompare solo dalle cronache, perché nella realtà c’è sempre. Il numero di sfratti è significativo e spesso ci sono dei minori che poi hanno ripercussioni piscologiche. È chiaro che le istituzioni devono dare risposte. Ci fa piacere che sia ripartito il tavolo in Prefettura, cosa che auspicavamo da tempo e che ci stiamo incamminando verso una direzione che ci aiuterà in prospettiva nella prevenzione, anche se che non produrrà soluzione immediata al problema. Dobbiamo vigilare attentamente sul tratto di strada che ci permetterà di andare a regime.

Qualche esempio?

Una procedura di sfratto dura almeno due o tre anni dalla prima avvisaglia. Se si interviene con una interlocuzione, rimodulazione del canone, o un aiuto economico all’inizio, di solito si trova la disponibilità dei proprietari. Più si lascia passare il tempo più si inaspriscono i rapporti e finiamo per assistere a situazioni in cui dall’oggi al domani viene cambiata la serratura e le persone non hanno nemmeno più un cambio di abiti. Recentemente abbiamo aiutato un papà con tre figlie, di cui una sola maggiorenne. È una tipologia che non trova spazio nelle accoglienze ordinarie, a meno di non separare il papà dalle figlie, ma con dei minori non è possibile. Dopo una settimana di albergo fortunatamente abbiamo trovato un alloggio. Purtroppo non sempre riusciamo a dare risposte anche se abbiamo un progetto di accoglienza, assieme alle parrocchie e a privati, per alloggi ad affitto calmierato, che permettono a famiglie non completamente autonome di raggiungere una certa normalità e non vivere con l’ansia di rimanere in mezzo alla strada.

Le persone che chiedono aiuto sono prevalentemente straniere o italiane?

La prevalenza è ancora di stranieri immigrati, perché hanno una situazione lavorativa più fragile e anche se hanno contratto regolare fanno fatica a trovare una casa. Sono in aumento anche i cittadini italiani, solo che per pudore fanno fatica a rivolgersi a noi. L’esempio che ho fatto prima riguardava una famiglia italiana. La fascia di povertà si sta allargando anche ai giovani e agli anziani, il discorso è generalizzato.

In questi casi i problemi si moltiplicano: povertà economica significa anche povertà educativa?

I riflettori si sono accesi con la pandemia: la dad ha fatto emergere sia la mancanza di strumenti che di persone in grado di aiutare a utilizzare la tecnologia.
Altro aspetto è come la pandemia ha inciso sulla capacità di aggregazione dei ragazzi e di superare certi fenomeni come il bullismo. Noi abbiamo riattivato un progetto di alternativa alla sospensione dell’alunno che ha dato ottimi risultati. In accordo con alcune scuole superiori e le famiglie, offriamo la possibilità di venire da noi a fare un servizio, spesso alla mensa. È uno stimolo positivo, perché i ragazzi imparano a essere responsabili. Incontrano una parte di mondo che non conoscono e che non sanno che esiste, fanno qualcosa di molto utile e comprendono il valore della scuola come possibilità di emancipazione. E possono essere riconosciuti non perché trasgrediscono, ma anche perché fanno qualcosa di buono.

Sei ottimista per il futuro?

In un momento in cui ho avuto un problema di salute ho riletto questa fase scrivendo un racconto che ho intitolato “Occhiali Rosa”, anche in parte sublimando ricordi dell’infanzia e della nonna. Gli occhiali rosa indicano una prospettiva e la consapevolezza che dietro alle nuvole c’è sempre il sole. Questo pensiero mi accompagna sempre, forse anche grazie alla fede. Questo lavoro spesso ti fa sentire impotente perché mette di fronte a situazioni più grandi di te, però alla fine le risposte si trovano e si incontrano persone che si mettono in gioco per essere solidali. Quindi il motivo per essere ottimisti c’è.

Tatiana Cogo

Privacy

Privacy Policy

Direttore responsabile

Andrea Marsiletti

Copyright © 2007-2025 ParmaDaily.it – Tutti i diritti riservati.
Non duplicare o ridistribuire in nessuna forma.