Due generazioni di artisti a confronto, due linguaggi pittorici che dialogano tra memoria e sperimentazione. Dal 19 settembre all’Ape Parma Museo apre al pubblico la mostra “Arnaldo e Stefano. Gli Spagnoli a Parma”, promossa dalla Fondazione Monteparma e visitabile fino al 18 gennaio 2026 (dal martedì alla domenica, 10.30 – 17.30).
L’esposizione mette in scena un doppio percorso: da un lato Arnaldo Spagnoli (1906-1989), pittore appartato e rigoroso, legato a una poetica post-impressionista nutrita di dolcezza e silenzio; dall’altro il figlio Stefano (1946), artista eclettico, ironico e anticonformista, che in oltre sessant’anni di attività ha prodotto circa ventimila opere, spaziando tra pittura, collage e sperimentazioni materiche.
Poliedrico e indipendente, Stefano Spagnoli ha attraversato la scena culturale parmigiana e nazionale non solo come artista, ma anche come promotore. Fondatore della rassegna Mercanteinfiera – che ha consacrato il termine “modernariato”, oggi accolto dalla Treccani – fu assessore alla Cultura del Comune di Parma dal 1998 al 2004. In quegli anni promosse eventi di grande rilievo, dalle celebrazioni del Centenario Verdiano alla mostra dedicata a Parmigianino e al manierismo europeo.
La sua pittura, nutrita da influenze che spaziano da Klee a Grosz, da Burri a Duchamp, è stata esposta in Italia e all’estero, raccogliendo l’attenzione di critici e intellettuali come Attilio Bertolucci, Roberto Tassi ed Edoardo Sanguineti. La mostra parmigiana ne restituisce l’ironia, la libertà creativa e la capacità di mescolare materiali diversi – carta, sabbia, resine, pigmenti – in un linguaggio sempre cangiante.
Diverso il percorso del padre Arnaldo, pittore di formazione accademica, che nella sua vita preferì alla ribalta il silenzio della pratica quotidiana. Internato in Germania durante la guerra, si salvò ritraendo i suoi carcerieri. Tornato a Parma, continuò a dipingere con rigore e discrezione, senza mai inseguire il mercato o la critica.
Le sue opere, spesso dedicate a scorci cittadini, nevicate, nature morte e scene rurali, sono ancora oggi presenti in molte case parmigiane. Nei suoi quadri – compresi quelli realizzati in Africa e negli ospedali psichiatrici frequentati con il fratello medico – si ritrova una sensibilità intimamente legata alla vita e alle ferite del Novecento.
La retrospettiva non è solo un omaggio a due figure legate a Parma, ma anche un confronto tra epoche e sensibilità diverse. “Due visioni artistiche che si incontrano – spiegano i curatori –: la dolcezza e il rigore del padre, la libertà e l’ironia del figlio.”
L’allestimento, curato da Stefano Spagnoli insieme a Maria Cristina Soldati, promette di sorprendere i visitatori con trovate scenografiche capaci di divertire e far riflettere, trasformando il percorso in un’esperienza “imprevedibile”.
A corredo della mostra è stato realizzato un volume da MUP Editore, con contributi di amici, artisti e scrittori, arricchito da fotografie di Paolo e Alessandro Candelari e Lucio Rossi.