Care compagne e cari compagni,
anticipo ad oggi, la lettera di lunedì 20 Ottobre, poiché oggi, 17 ottobre, è la Giornata Mondiale per l’eliminazione della povertà. Questa giornata ci insegna che la povertà non è una condanna inerte, ma una condizione da cui le persone lottano quotidianamente per uscire.
Ma questa commemorazione nasconde una distinzione cruciale, che la politica progressista ha il dovere di affrontare con coraggio, a differenza dei cinici che preferiscono ignorarla: la profonda differenza tra le povertà.
Esistono i poveri che, pur nella difficoltà, conservano le risorse umane, cognitive e sociali per mobilitarsi, accedere ai servizi, e incamminarsi in un percorso di autonomia. Ma esistono i poveri senza tutto, coloro che, a causa di gravi disturbi psichici, dipendenze attive, isolamento totale o assenza di documenti, non hanno più la forza di “autodeterminarsi” o nemmeno di bussare a una porta. Questi sono i “carichi residuali”, il degrado urbano, gli scarti che il sistema, e troppo spesso il nostro stesso welfare e il terzo settore non si fa carico.
La cultura politica delle destre, e delle destre cattoliche, si fonda sul veleno del “merito”. La povertà viene trasformata in colpa, in un fallimento morale. Chi è povero “non si è impegnato abbastanza” o “non ha i requisiti”. Il concetto di merito, in questo contesto, diventa uno strumento per dividere i degni dagli indegni, trasformando la giustizia sociale in beneficenza condizionata.
Per questa visione, i poveri che manifestano la volontà di emancipazione sono ammessi con riserva, sono l’alibi per poter ignorare tutti gli altri. Ma i poveri che non possono “meritare”, quelli che dormono sotto un ponte in preda a una crisi o a una dipendenza, vengono etichettati come “degrado urbano” da spazzare via.
Questa non è politica, è cinismo travestito da gestione. E non è neppure Vangelo, come ci ricordano le parole di Papa Leone XIV nella prima esortazione apostolica, Dilexi Te e l’eredità di Don Luigi Di Liegro: la carità che non si traduce in giustizia sociale è beneficenza da salotto.
Il nostro campo, quello che si riconosce nella libertà come responsabilità collettiva e nella giustizia sociale come fondamento della democrazia, non può accettare questa logica. La cultura progressista deve riaffermare un principio radicale. Tutti fanno parte della comunità, specialmente coloro che sono più fragili.
Se crediamo che la politica sia lo strumento per costruire uguaglianza, non per gestire disuguaglianze, allora dobbiamo caricarci della responsabilità di chi non può autodeterminarsi. Non come un gesto di carità, ma come un atto politico fondativo. Noi non ci possiamo accontentare di evocare principi, come fanno le religioni; la politica deve fare.
Il Partito Democratico, in quanto forza progressista, ha il dovere morale e politico di rimettere al centro l’ultima e più difficile fascia di povertà, quella che non vota e non può neppure chiedere aiuto. Questo significa trasformare il dibattito, non più posti letto a chiamata per i “sani”, ma presa in carico medico-sociale e amministrativa senza barriere né requisiti iniziali per i malati e gli isolati. Significa fare la differenza tra il condannare i poveri che non ce la fanno, e il costruire una comunità che li accoglie.
È qui che si gioca la nostra credibilità. O ci facciamo carico di chi è rimasto fuori da ogni rete, o la nostra visione progressista non sarà altro che un vago slogan senza radici nella realtà. La nostra missione è garantire che la dignità non sia un privilegio per pochi, ma un diritto inalienabile, persino per chi non ha la forza di rivendicarlo.
È in questa missione di giustizia sociale che si inserisce il nodo politico che il Partito Democratico di Parma deve sciogliere, con azioni concrete e immediate:
- Concedere immediatamente l’uso della scuola di Gaione alla Corte dei Miracoli di Parma. L’associazione sarebbe in grado, da subito, di assegnare i posti disponibili prioritariamente a coloro che oggi vivono nelle situazioni di maggiore degrado e isolamento, garantendo un percorso di dignità non emergenziale.
- Convocare un Tavolo di Responsabilità Collettiva con le principali realtà del terzo settore – Caritas, Comunità di Sant’Egidio, CIAC, MC2 e Leone Rosso – che beneficiano di finanziamenti pubblici. Dobbiamo esigere la loro disponibilità a istituire un’iniziativa ispirata al metodo della Corte dei Miracoli, specificamente rivolta a quella fascia di povertà che è oggi totalmente esclusa.
La differenza comincia quando smettiamo di accettare l’ingiustizia come normale. Noi possiamo e dobbiamo fare la differenza, qui e ora.
Con affetto e ostinazione,
MarcoMaria Freddi
Radicale e Socialista, iscritto al Partito Democratico