Vinicio Capossela: 25 anni di “Canzoni a manovella” per il Barezzi a Milano 2025

di AlbertoPadovani

Un meraviglioso caleidoscopio musicale in scena al Conservatorio Verdi di Milano

Ci sono serate che non puoi dimenticare, perché nascono per rimanere nella memoria.

“Barezzi a Milano 2025” ha portato in scena un capolavoro di Vinicio Capossela (di cui parlerò altrove): “Canzoni a manovella” a 25 anni dall’uscita.

C’è molta Milano in questo album che ha segnato un punto di eccellenza non solo nel cursus di uno dei più importanti cantautori italiani: nel grande tributo al secolo che si era appena chiuso, Capossela si intrufola nei polverosi corridoi della Milano scientifica, artistica, metafisica, patafisica… Felice dunque l’intuizione del Barezzi Festival di celebrare il compleanno con diverse iniziative, tra cui un incontro alla Casa di Riposo per Musicisti “Giuseppe Verdi”, che il Cigno di Busseto fortemente volle in segno di gratitudine per i musicisti anziani… istituzione ancora attiva e operante in una città capace, con discrezione, di queste opere di grande dignità.

C’era altresì molta Parma in trasferta al Verdi ieri sera: a partire dall’Oste (Diego Sorba), che ha introdotto con grande eleganza ottocentesca, in consueta veste di Barezzi, la serata nel Conservatorio del “suo” Peppino. Un’ironica riparazione storica, giacché Verdi non fu ammesso allo stesso Conservatorio per questione di “cattiva impostazione delle mani sulla tastiera”.

C’era Franco, anzi Franchino, Bassi… in un qualche modo il “Barezzi” dell’allora giovane Capossela, talvolta “stanco e perduto” nella pianura padana, di stanza a Parma per alcuni anni… e da lui incoraggiato con la sua generosità lungimirante.

C’era una sala concerti gremita ed entusiasta già dalle prime note: una gran voglia di festeggiare un vero compleanno. Forse perché con questo album tutti i presenti (e non solo) sono cresciuti e ingrigiti… senza perdere la voglia di sognare che si sprigiona da queste mirabolanti canzoni di fine secolo e inizio millennio.

Rifatte nella sequenza originale, alternate a trucchi di scena circensi e gustosissime ospitate, hanno dato vita ad uno spettacolo unico e coinvolgente, con un Vinicio vestito alla Verdi, con tanto di ghette e cappelli a tema… Nota a margine: dopo l’iniziale “Bardamù” avevo già i goccioloni agli occhi, quindi evito di dare una parvenza oggettiva a questo articolo.  

C’erano tutti, diciamo molti, dei protagonisti di “Canzoni a manovella”: innanzitutto sul palco, dove tra i fantastici musicisti (molti dei quali hanno partecipato alla registrazione dell’album) spiccava un Roy Paci in grandissima forma alla tromba, uno stupefacente Mirco Mariani alla batteria e un grandioso Vincenzo Vasi al theremin, vibrafono e altri “suonini”, che tanto danno quel senso di 900 all’album. Ma non dimentichiamo l’elegantissimo contrabbasso di Enrico Lazzarini e le incisive chitarre di Giancarlo Bianchetti, strepitoso anche al banjo. Nelle retrovie, ma solo per posizionamento, gli archi guidati sapientemente da Raffaele Tiseo (con Daniela Savoldi e Lorenza Merlini), e i fedelissimi impeccabili Michele Vignali e Achille Succi ai sax e clarinetto.

La cosa più bella era vedere dal vivo come sono nate e come sono state arrangiate queste canzoni così particolari e originali: le ballate al piano come punti cardinali, le scorribande sonore, tra mediterraneo, balcanico e mitteleuropeo… l’orchestra, anzi la “banda” con le marce ostinate e la sua fascinosa musica fuori dal tempo.

C’era, tra il pubblico, l’arrangiatore dell’album capolavoro di Vinicio (che lo ha più volte ringraziato): Tommaso Vittorini, un professionista eccellente, oltre che un garbato e simpatico signore con cui ho avuto la fortuna di conversare nel post concerto.

Mancava il grande Renzo Fantini, produttore di alcuni tra i principali cantautori italiani e dei primi album di Vinicio, ma è stato salutato con una commossa canzone dedicata agli amici scomparsi (e tra questi il grande Gianni Mura).

C’era infine l’ideatore del Barezzi Festival, Giovanni Sparano, che oggi ne è direttore artistico, capace di inventare delle serate strepitose come quella vissuta al Verdi di Milano con Vinicio Capossela e la sua fantastica orchestra “a manovella”…ma che ha coltivato il suo grande sogno giunto all’edizione n.19, sin da quando era titolare del Gran Caffè dei Marchesi a Parma, dove invitava giovani artisti e quando possibile nomi altisonanti ad esibirsi, sempre pensando ad un omaggio a Verdi, se possibile.

Sogno che Giovanni non ha affatto abbandonato, giacché oggi, lunedì 20 ottobre, al Teatro dei Filodrammatici, è appena andato in scena il Barezzi Lab, dove cinque giovani musicisti, introdotti da Diego Sorba alias Barezzi, sono stati chiamati ad interpretare – insieme alle loro canzoni – una romanza di Giuseppe Verdi (secondo loro gusto) e una “canzone a manovella”.  

Ecco, vale allora la pena di menzionare chi continua ostinatamente a nutrire i suoi sogni e a farli diventare progetti artistici di grande livello, perché a Parma siamo sempre molto, troppo bravi a fare il contrario… ed è questo il vero provincialismo da superare.

Torneremo sul Barezzi Festival 2025, ma prima lasciamo decantare i fumi e gli echi di questa fantastica serata milanese, dove Vinicio Capossela ha raccolto l’invito a celebrare nel modo migliore, mettendole in scena integralmente, le sue geniali “canzoni a manovella”.

Alberto Padovani

Recensioni necessarie #24

(nella foto scattata al volo nel backstage, lo scafandro, simbolo della copertina di “Canzoni a manovella”)

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