Guerra, Vignali e Costi ricordano il significato del 25 aprile

di UG

Oggi festeggiamo il 25 aprile.

La libertà, la pace e la democrazia che questa data ci rimette ogni anno nelle mani. La libertà, la pace e la democrazia che tornano ad essere violate nel nostro continente.

Penso ai nostri partigiani che ci hanno consegnato un Paese migliore.

Penso a tutte quelle persone che sotto il fascismo hanno perso figli, madri e padri.

Penso anche a chi ha perso la casa ed è stato messo ai margini. Penso al popolo ucraino, al suo dolore e al nostro dovere di essere al loro fianco.

Dopo due anni è il primo 25 aprile che possiamo festeggiare stando vicini, camminando insieme, ritrovandoci nella piazza. Teniamoci stretta la capacità di resistere che ci ha visti combattere questi anni difficili.

Non abbasseremo la guardia.

Saremo sempre da questa parte della barricata, con la consapevolezza che libertà, pace e democrazia sono valori che vanno difesi ogni giorno.

W il 25 aprile!

Michele Guerra

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Quando si avvicina il 25 aprile il pensiero va alle ragazze e ai ragazzi di allora come Mirka Polizzi e Annibale Rastelli che per amore di libertà si sono lanciati con coraggio in una vicenda più grande di loro, contribuendo a cambiare il corso della Storia.

Ricordo ancora con emozione il giorno in cui ho consegnato a Mirka il Premio Sant’Ilario e le sue parole in Consiglio comunale.

Le manifestazioni del 25 aprile in cui abbiamo ricordato insieme gli ideali di libertà e giustizia che sono il cuore della nostra identità e il fondamento della nostra comunità.

Sono grato della loro amicizia e del loro esempio di umanità, coraggio e amore per la libertà.

Ora che in Europa spirano di nuovo venti di guerra, la loro è una lezione più che mai viva e necessaria.

Pietro Vignali

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Renato Costi, mio nonno, scampò alla deportazione, o forse alla fucilazione sommaria, grazie al coraggio di una impavida giovane ragazza.

Tilla s’infilò le uniche scarpe che le erano rimaste e percorse eroicamente tutta la strada fino a Fossoli dove Renato, catturato, era in attesa del suo destino.

Renato aveva combattuto in Albania, in prima linea, spedito punitivamente in trincea dopo aver rifiutato di iscriversi al Fascismo. Poi, dopo essere divenuto maresciallo dei Carabinieri, con diciotto di loro si diede alla macchia per la causa; era divenuto un Partigiano Bianco, giacché cattolico e istituì la polizia partigiana nelle montagne tra Val d’Enza e Val Parma per vegliare sull’attività dei partigiani.

Poi fu catturato.

Tilla Manici si presentò al campo di concentramento e, con un rischiosissimo imbroglio di documenti, riuscì a convincere i carcerieri di aver commesso uno scambio di identità. E si riportò a casa Renato.

Quella ragazza era mia nonna.

Divenne una staffetta preziosissima per tenere i contatti tra i partigiani nascosti in montagna e le loro famiglie. Quante corse per portare le lettere delle mamme e delle mogli da Parma a Lagrimone…

Intanto, Rodolfo Bordi, l’altro mio nonno, nascondeva i partigiani nella cantina della sua casa in pianura.

Oggi mi anima il desiderio di vedere la memoria della resistenza come patrimonio di tutti gli italiani e non solo di una parte di essi. Vorrei marciassimo insieme, con virtù civica, legati dal valore della libertà.

Un abbraccio a tutte e tutti,

Dario Costi

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