La sera del sabato 15 aprile il pubblico è uscito dal Teatro Due con le lacrime agli occhi.
Lo spettacolo tratto dal libro I miei sette figli di Alcide Cervi e Renato Nicolai ha ripercorso la storia dei fratelli Cervi, mitiche figure della Resistenza parmigiana. Questi sette fratelli – Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore – assieme ai loro genitori Alcide e Genoveffa, alle loro sorelle e alle loro compagne furono attori importanti della Resistenza nelle province di Parma e Reggio Emilia.
Fin dall’inizio della seconda guerra mondiale, casa Cervi divenne un luogo chiave della lotta antifascista, era un porto sicuro per sia per resistenti italiani che per gli alleati, prigionieri o feriti che erano riusciti a scappare dai fascisti, molti dei quali erano sovietici. La « banda Cervi » fu estremamente attiva nella regione, occupando diversi ruoli e facendo anche da collante tra diversi gruppi. La notte fra il 24 e il 25 novembre 1943, i setti fratelli e loro padre furono arrestati, dopo uno scontro a fuoco, e portati nel carcere dei Servi di Reggio Emilia. Vi ci furono detenuti per circa un mese e il 28 dicembre il sette fratelli furono fucilati. Alcide Cervi fu liberato e rimandato a casa. La tragica storia della famiglia Cervi è rimasta impressa nella memoria collettiva della regione.
† Non solo immagine sacra: la presenza di Dio nell’icona secondo Pavel Florenskij (di Lorenzo Lasagna)
Questa stessa storia ha preso forma attraverso le voci di Paolo Bocelli, Laura Cleri e Davide Gagliardini e le musiche di Alessandro Nidi. Gli attori hanno saputo trasportare il pubblico 80 anni prima. La lettura della testimonianza diretta di Alcide Cervi ci ha fatto vivere la storia insieme a loro, ci ha fatto conoscere i suoi figli, sua moglie, la loro vita prima e durante la guerra. Sembrava quasi di sentire le loro voci e il profumo della basta appena condita.
Ma abbiamo anche vissuto la tragicità di questa storia, il dolore della perdita dei sette figli e della moglie Genoveffa il 14 novembre 1944. Tuttavia, lo spettacolo finisce con un bellissimo messaggio di speranza: malgrado tutto, Alcide è rimasto in piedi non tanto per lui ma per il ricordo di quelli che aveva amato e per crescere i suoi nipoti, per dargli loro una possibilità di avere una figura paterna nella loro vita.
L’ultimo brano della rappresentazione, di una forza incredibile, è stato letto da Aldo Montermini con l’obiettivo di mostrare il passare del tempo. Lo spettacolo, iscritto nella serie di commemorazioni legate al 25 aprile, è uno dei tanti modi per non dimenticare mai.
Anna Montermini

