Franco Battiato, pur essendo un genio della musica italiana, talvolta ha detto (o cantato), sciocchezze. Ad esempio in “Bandiera Bianca”: “A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi da più calorie”.
Tralasciando i primi due, su Antonio Vivaldi ha toppato alla grande.
Se la musica del “prete rosso” ha infatti una caratteristica, è quella vivificante: l’energia trasmessa dalle celebri e abusate “Quattro stagioni” è potentissima e ricca di grazia.
Ma oggi, qui, non parliamo della musica più utilizzata nelle segreterie telefoniche di ogni dove.
Parliamo invece, con scarsa dovizia tecnica (non è una scusante, ma un’ammissione utile, perché il lettore comprenda), del “Gloria” di Vivaldi, a mio personale parere uno dei più grandi capolavori della musica di ogni tempo (in questo trovo conforto in più autorevoli recensioni).
Me ne prendo la responsabilità, in quanto atto d’amore verso una composizione che ho avuto la fortuna di cantare (da corista), insieme ad eccellenti solisti e ad un’ottima orchestra.
Quindi, si, non sono certamente un critico competente in materia di musica classica, ma nemmeno un uomo da marciapiede (con tutto il rispetto dei peripatetici).
L’intro di “Gloria” è puro pop “out of time”: un’esplosione di gioia che solo l’assenza di megaraduni religiosi e subwoofer all’epoca ha impedito di diventare un inno da stadio. Fortunatamente. Ci ha poi pensato Umberto Tozzi in un evo più vicino…
Quando canti il “Gloria” (quello vero) non puoi trattenere la tua emozione: davvero è qualcosa che non può rientrare nel solo concetto di “musica barocca”: è pop allo stato puro, come talvolta lo è Vivaldi. Ma, attenzione a non compiere l’erroraccio di considerarlo un compositore facile.
Basta passare alla “traccia” successiva: “Et in terra pax hominibus” raggiunge vette musicali sublimi… Sembra dirci, mentre si dipana leggera e profondamente emozionale: “non credevate che fosse tutta lustrini e pompa magna quest’opera”?
Non c’è un movimento fuori posto nel “Gloria”: la sequenza procede con sapiente e musicalmente divertente alternanza tra solisti e coro. Vivaldi sa giostrare con maestria i vari interventi: in fondo è la complessa semplicità della musica barocca a stupirci emergendo limpida in quest’opera mirabile… e sono i momenti solenni a trovare le elevazioni più riuscite: penso al “Domine Deus, Rex Celestis” o al “Domine Deus, Agnus Dei”, dove l’alternanza tra contralto solista e coro raggiunge una perfetta intensità.
Antonio Vivaldi fu uno dei maggiori “influencer” di Bach, Johann Sebastian Bach, il più grande musicista di tutti i tempi: occorre aggiungere altro?
La musica va amata a 360°, oltre i tempi e i generi, e, se possibile, eseguita senza timori reverenziali: Vivaldi ne è uno splendido testimone e ambasciatore che, più di altri, provoca un efficace crossover secolare nell’ascoltatore di oggi, con le orecchie devastate da rumori continui e musicaccia (che è peggio dei rumori).
La grazia immediata e intellegibile della sua musica è un manifesto permanente della grande bellezza che cattura, seduce e attraversa tempi, luoghi e anime.
Il mio consiglio è quello di ascoltare il “Gloria” con buone cuffie (tenetele anche per altri ascolti…), consapevoli del testo che viene eseguito, e senza pensare al secolo in cui questa musica è stata composta: piuttosto lasciatevi affascinare da immagini non turistiche di Venezia come sfondo.
Alberto Padovani
#recensioninecessarie #25 #antoniovivaldi #gloria #albertopadovani


