Lo hanno deriso per avere impestato Facebook di selfie.
Hanno preso in giro le lunghissime processioni di persone pazientemente in fila per farsi immortalare con Salvini. (leggi: In processione per un selfie con il nuovo profeta Matteo Salvini)
I selfie con Salvini pubblicati da giovani e meno giovani sulle loro pagine Facebook erano diventati l’emblema della politica dell’immagine, della vanità, della propagazione del consenso priva di contenuti.
Per gli avversari sono stati i selfie, quando non le fake news, ad alimentare la voracità propagandistica della “Bestia”. Così hanno chiamato il sistema orchestrato dal comunicatore leghista Luca Morisi che, a loro dire, controllerebbe con un fantomatico software le reti social leghiste fomentando la paura e celebrando l’immagine del Leader. A colpi di autoscatti e di messaggi alla pancia la “Bestia” ha reso la pagina Facebook di Salvini la più seguita al mondo (leggi: Matteo Salvini dominatore assoluto del web: la sua pagina Facebook è la più seguita al mondo)
Il selfie orgogliosamente ostentato da simpatizzanti e gente comune (fin dai turisti giapponesi) non era visto come un superamento dell’indignazione dei cittadini nei confronti della politica bensì come il decadimento della stessa nel narcisismo e nell’egotismo
Nel tempo il consenso di Salvini è cresciuto a dismisura e oggi si percepisce fisicamente tra le persone, nelle piazze, nei bar. Le sue vittorie sono state culturali, prima ancora che elettorali, e stanno modificando la cultura profonda del Paese su temi cruciali quali immigrazione, sicurezza, legittima difesa, Europa, comunicazione politica.
Salvini è riuscito a fare quello che mai riuscì al PCI: realizzare il concetto gramsciano di “egemonia culturale”, cioè la “direzione intellettuale e morale” da parte di un gruppo o di una classe che sia in grado di imporre ad altri gruppi, attraverso pratiche quotidiane e credenze condivise, i propri punti di vista fino alla loro interiorizzazione.
L’egemonia salviniana si è imposta anche sugli avversari del centrosinistra.
E così il primo manifesto elettorale sindaco di Reggio Emilia (ricandidato), Luca Vecchi, è la quintessenza del salvinismo. Vecchi si accredita come “il sindaco di tutta Reggio”… e come sceglie di farlo? Non con gli slogan della sinistra, con un ragionamento o con il richiamo ai principi dell’accoglienza e della solidarietà, neppure rivendicando il suo agire amministrativo, ma alla Salvini. Nel modo più semplice, più popolare, più populista: con un selfie.
Persino la scritta “luca vecchi sindaco” richiama la grafica salviniana.
Dietro alla campagna elettorale di Vecchi non ci sarà mica quel diavolo di Morisi?
A questo punto ci manca la felpa della Polizia e poi “tutto è compiuto”.
Andrea Marsiletti