“Non c’è carità senza giustizia”. Queste parole di don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas Diocesana, suonano oggi come un monito inascoltato.
Per don Luigi, la carità non era elemosina occasionale, ma lotta contro le radici della povertà o meglio, come a lui piaceva dire, delle diseguaglianze. La Caritas doveva essere voce profetica accanto agli ultimi, non appendice burocratica del welfare statale.
Cecilia Scaffardi, direttrice della Caritas di Parma, dichiara nell’intervista pubblicata sulla Gazzetta di Parma che “vivere la prossimità significa non restare statici, ma modificare le risposte esistenti o crearne di nuove”. Eppure, la Caritas sembra aver smarrito quella missione. Si è ridotta a “ente di servizio” specializzato nella gestione amministrativa delle emergenze: mense, dormitori, docce. Attività pagate con denaro pubblico e sostenute quasi interamente dal lavoro non retribuito dei volontari, trasformandola in ammortizzatore sociale per compiti delegabili ad altre associazioni.
Pur riconoscendo il valore delle sue accademiche analisi e rapporti sulle povertà, è tempo di passare dai rapporti statistici alla responsabilità diretta. Il censimento effettuato dalle Unità di Strada in tempo dei tre sgomberi di poveri a Parma, ha rivelato l’esistenza di 265 persone senza fissa dimora che vivono in strada o sotto i ponti. Numeri che non possono rimanere intrappolati nelle statistiche.
La Caritas, insieme alla Diocesi e alle Congregazioni ecclesiastiche, possiedono centinaia di immobili, tra cui appartamenti, negozi, capannoni, terreni e palazzi storici, legalmente ereditati e messi a reddito. Questo patrimonio, insieme all’8 per mille e ai finanziamenti pubblici comunali per i servizi erogati di mense, dormitori e docce, costituisce un capitale ibrido privato-pubblico che deve essere destinato alla giustizia sociale. Non invoco miracoli, ma azioni concrete. L’avvallo politico del Comune per il “metodo Corte dei Miracoli” dimostra che un’apertura concreta a soluzioni innovative è possibile, in aiuto e soccorso al pensiero della direttrice Scaffardi che vuole innovare e non rimanere statica. Esiste già una buona pratica, si tratta solo di avere la volontà di applicarla prima del prossimo rapporto accademico sulle povertà.
Vista la natura pubblica dei finanziamenti alla Caritas, da cittadino, chiedo alla Caritas di liberarsi della patina burocratica e agire in modo non emergenziale. Meno accademia, più carico della realtà, come insegnava don Luigi Di Liegro. Utilizzi le sue risorse per progetti che eliminino la povertà, non solo la tamponino. Si faccia carico di quelle vite senza pregiudizi o preconcetti (l’autodeterminazione), offrendo percorsi di dignità integrale (sociale, medica e amministrativa), impiegando il vasto patrimonio immobiliare privato ed economico pubblico per accoglienza – senza scadenze – e reinserimento.
Don Luigi Di Liegro condannava chi svuotava la carità del suo ruolo profetico, riducendola a gestione amministrativa. È tempo che la Caritas di Parma onori la sua eredità, dimostrando che la giustizia non è solo una teoria basata su rapporti statistici, ma una prassi quotidiana. Sfrutti con un nuovo e rinnovato impegno innovativo il denaro pubblico e il volontariato di cui dispone.
MarcoMaria Freddi – Radicale e Socialista, iscritto al Partito Democratico e PSOE

