Lo stadio diventa “comunità energetica”: non avendo avuto finora 1 solo motivo concreto a sostegno dell’interesse pubblico del nuovo stadio, non avendo avuto 1 sola possibile ricaduta positiva sulla città da poter vantare (da un anno ne hanno millantati alcuni, ma tutti talmente risibili, inconsistenti e grotteschi da essere stati puntualmente smontati ad uno ad uno, e ormai non più spendibili, anche per i più disinformati…) ecco l’ultima invenzione, la manipolazione dell’informazione definitiva.
Una bella narrazione da dare in pasto alla cittadinanza, confezionata nel miglior “ambientalese” (gergo che echeggia contenuti green, furbeschi eco-slogan di grande suggestione generale e zero contenuti reali, attualmente in gran voga). A che pro, questo ennesimo attacco all’analisi onesta e seria dell’impatto di quest’opera e al conteggio imparziale dei costi e dei benefici a carico della collettività? Presto detto: si deve trovare uno straccio di giustificazione alla decisione già presa (che sarà solo di giunta) di deliberare l’interesse pubblico decisorio al progetto definitivo.
La “comunità energetica”, decantata con toni trionfalistici come un “beneficio sociale ed ecologico” prodotto dal nuovo stadio, è l’ultimo stratagemma per oscurare l’indecenza della gravità del danno ambientale ed erariale complessivo che causerà la realizzazione di quella infrastruttura, le cui ricadute comprometteranno ogni possibile aspettativa di una concreta e coerente conversione ecologica di Parma.
L’impianto fotovoltaico (PV) sulla copertura dello stadio era previsto già nella prima stesura del progetto preliminare, nella misura prevista dalla legge 3/3/2011. Lo stesso progetto prevede che la proprietà potesse ampliare il PV secondo le necessità, da usare in autoconsumo ovvero secondo quanto previsto dalle norme vigenti. Quindi era già tutto previsto, nulla da inventare e nessun cambiamento alla sostanza dell’impatto generale dell’opera. L’ovvietà della cessione alla rete di un eventuale surplus energetico rimanente dagli usi della proprietà (di quantità aleatoria e non costante) è diventata la “comunità energetica” che, sebbene utilizzata come seducente abbaglio collettivo, mai e in alcun modo potrà compensare la realtà di queste evidenze: un cantiere devastante di 3 anni; un impianto energivoro funzionante a ritmi forzati, un’isola di calore cementificata, senza un filo d’erba, portatore di inquinamento, di traffico, di degrado ambientale e sociale. Il tutto, con la concessione di 90 anni a costo zero di un’area pubblica nevralgica per la vivibilità dell’intera città.
La demolizione e la ricostruzione dello stadio nel pieno centro città non sarà mai sostenibile, ecologica, green, neanche usando l’ “ambientalese” più spinto… Non si può barattare qualche kilowatt da rinnovabile e il supposto tornaconto economico in caso di devoluzione gratuita alla comunità (una vera e propria elemosina rispetto alla concessione gratuita del maggiore cespite del Comune) con la salute e il benessere della “comunità dei cittadini e delle cittadine”, quella in carne e ossa, di oggi e di domani.
Per conseguire i risultati ecologici e urbanistici che oggi più che mai si rendono necessari, si può solo invertire la marcia, e fermare quel progetto, delocalizzando la nuova infrastruttura in una area già urbanizzata e da riqualificare (ad impatto zero) e trasformando l’area attuale in pieno centro città, soffocata dal traffico, inquinatissima e ad alta densità abitativa, in un bosco urbano con funzione polisportiva, per gli usi sociali della comunità.
Una trasformazione di Parma, questa, all’insegna di una reale ‘rivoluzione verde’ urbana, con cui potremo fronteggiare con decisione e coerenza le nuove e urgenti sfide ambientali, climatiche e sociali che ci aspettano, oggi e nel prossimo futuro.
Il Comitato Tardini Sostenibile