Parma in marcia: un fiume di voci per dire basta alla violenza di genere – Le FOTO

Migliaia in corteo da Piazzale Santa Croce a Piazza Garibaldi: studenti, istituzioni e associazioni uniti nel grido “Siamo il grido di chi non ha voce” contro un’emergenza che colpisce una donna su tre

di Tatiana Cogo

Parma si è svegliata in questo freddo sabato di fine novembre avvolta da un cielo con sfumature rosa, attraversata da un’emozione collettiva difficile da descrivere. In tantissimi – ragazze, ragazzi, famiglie, insegnanti, associazioni, semplici cittadini – si sono ritrovati alle 10 in piazzale Santa Croce per dire, insieme, che la violenza di genere non è un destino, ma una ferita che va nominata, denunciata, contrastata.

Un passo dopo l’altro, dietro tanti striscioni per dire “Siamo il grido di chi non ha voce”, Parma ha marciato. Lo ha fatto con la determinazione di una comunità che non accetta più il silenzio, le omissioni, la normalizzazione di un fenomeno che ogni giorno riempie le cronache e svuota la vita di troppe persone.

Quando il corteo è partito, alle 10:30, via D’Azeglio si è trasformata in un fiume rosso di cartelli, fiocchi, messaggi lasciati su fogli bianchi, gridati a voce alta o sussurrati tra le mani. In via Mazzini, il cuore pulsante della città, il corteo è diventato una scia continua che avanzava compatta verso piazza Garibaldi. Qui, il palco allestito per l’occasione ha accolto le parole delle istituzioni e delle associazioni, prime fra tutte quelle del sindaco Michele Guerra, che era in testa al corteo assieme alle assessore della sua giunta. E poi studentesse e studenti, rappresentanti del Centro Antiviolenza, della Casa delle Donne, dei Maschi che si Immischiano, del Centro Studi Movimenti e delle altre realtà che hanno contribuito alla manifestazione.

Parole diverse, ma animate dalla stessa urgenza: non voltarsi più dall’altra parte.

La marcia di Parma nasce dentro un contesto nazionale che continua a restituire numeri drammatici. L’Osservatorio nazionale “Non una di meno” ha registrato, ad oggi, 91 casi tra femminicidi e suicidi indotti:

  • 77 femminicidi,
  • 3 suicidi indotti di donne,
  • 2 suicidi indotti di due ragazzi trans,
  • 1 suicidio indotto di una persona non binaria,
  • 1 suicidio indotto di un ragazzo,
  • 7 casi in fase di accertamento.

L’Emilia-Romagna pesa per l’8,8% del totale nazionale.
E poi ci sono i 68 tentati femminicidi, spesso confinati nei trafiletti della cronaca locale, e i due figlicidi registrati quest’anno: due ragazzi uccisi dal proprio padre.

Nei 77 casi accertati, il presunto colpevole ha un’età media di 53 anni, con un range che va dai 19 ai 92: un dato che racconta quanto la violenza non appartenga a una generazione, ma a un modello culturale che resiste.

La fotografia dell’Istat è altrettanto impietosa: 6 milioni e 400mila donne italiane tra i 16 e i 75 anni hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nella loro vita. Significa una donna su tre. Una donna su tre anche in Europa.

Queste cifre non sono numeri: sono vite, sono storie, sono assenze. Sono donne che avevano sogni, lavoro, figli, relazioni, routine quotidiane, e che un gesto violento ha interrotto.

(foto Fernanda Bellido)

Tatiana Cogo

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