Zucchero: dal “Blue’s” all’Oro (incenso e birra)

di AlbertoPadovani

La parabola perfetta per Adelmo Fornaciari da Roncocesi, in arte Zucchero, si compie (dopo anni di gavetta) alla fine degli anni 80, partendo un po’ prima da quella “Donne” (1985) che, portata in modo sornione e stiloso sul palco dell’Ariston, fece capire agli ascoltatori attenti che c’era del nuovo in città.

Qualcuno che cantava in italiano ma con il sound e il feeling di un soul man. Non come Vasco, che questa novità l’aveva introdotta nel rock, in modo tumultuoso e un po’ provinciale: qui siamo oltre, dalle parti di Joe Cocker (di cui in certi momenti il nostro sembra un clone italico), del soul nero, del gospel, addirittura di un certo Miles Davis, che in “Zu & Co” impreziosirà “Dune mosse” con la sua indimenticabile tromba. Il sound di Zucchero è quanto di più internazionale si potesse pretendere da uno che viene dalla bassa reggiana.

Questo qualcuno piazza due colpi che hanno prima mandato al tappeto, poi messo ko il resto della musica italiana: da “Blue’s” (1987) a “Oro, incenso e birra (1989), Zucchero si prende tutto e ridà indietro ancor di più ad un mondo musicale che aveva un profondo bisogno della sua vena “nera a metà” e di un sound “più umano, più vero”, ma senza rinunciare ai migliori livelli di produzione possibili per quegli anni.

A livello di canzoni i due album si equivalgono: in “Blue’s” non ci sono meno capolavori rispetto al successivo – “Senza una donna” e “Dune mosse” sono titoli che provocano brividi: ma è la produzione che dà ad “Oro, incenso e birra” quel quid che lo fa suonare ancora oggi molto avanti… oltre la patina anni 80, che talvolta compare nel precedente.

Dal punto di vista discografico, a partire dal successivo “Miserere”, dove si alternano canzoni di grande qualità (a partire dalla title track) ad altre decisamente trascurabili (e il numero di queste aumenterà negli album successivi), a mio parere l’artista reggiano non si ripeterà più a questi livelli, nonostante album pregevoli come “Spirito Divino” e il più recente “Chocabeck” (si fa per dire, in quanto è del 2008). In tutto questo discorso va ringraziato Corrado Rustici, produttore e chitarrista di grande livello, che ha messo la firma su questi due (capo)lavori.

Potremmo attardarci nell’analisi delle canzoni, ma credo sia meglio per voi selezionare i due album in sequenza su Spotify o su altri supporti… Vi lascio le tracklist a piè di pagina: tanto le conoscete già a memoria.

Beh, se avete il vinile: chapeau! Io ad esempio ho un esemplare di “Live at the Kremlin” che custodisco come un cimelio. Quale altro artista italiano di questo livello ha cantato al Cremlino in anni di Glasnost? Billy Joel, Paul Mc Cartney …si insomma, ci siamo capiti a quali livelli viaggia il nostro. Uno che si è fatto scrivere canzoni da Bono. Uno che si fa quasi desiderare da Sting. Uno che “serve un chitarrista?” …e chiama Eric Clapton in “Wonderful World” (pur avendo un Corrado Rustici in forma eccezionale, si ascoltano gli altri assoli). Uno, e poi la smetto, che nella line up di questi album contemplava David Sancious alle tastiere e Clarence Clemons al sax… Miti indiscussi della musica americana. Uno che… Luciano Pavarotti (esiti discutibili, ma questa è un’altra storia).    

Zucchero oggi, più che un autore di nuove canzoni, è un autorevole e amato performer circondato da una band eccellente …un esecutore del suo notevole repertorio, uno dei migliori in ambito di musica d’autore italiana (sebbene questa definizione gli stia parecchio stretta), nonostante le numerose concessioni commerciali, che in parte appannano il suo prestigio (ma in compenso rimpinguano il portafoglio).

Sono appena terminati i concerti dell’Overdose d’amore World Tour, per celebrare i 35 anni di questa meraviglia discografica: Zucchero da ormai consumato capobanda punta sulla dimensione live, dove ancora ha una resa strepitosa – date su date all’Arena di Verona – nonostante i 70 anni suonati. Merito suo, della sua grande professionalità nascosta dietro gli innumerevoli cappelli e un fare sornione che lo rende sempre vicino al suo pubblico. Con un segreto, più grande degli altri: una voce ricca di comprensione e misericordia, capace di ferire e lenire l’anima. Si ascoltino “Madre dolcissima” e “Iruben me”, oppure “Hey man” e “Hai scelto me” dal precedente.

PS …e poi, non è finita qui, perché poi c’è la nostalgia dei (neanche) 20 anni, quelli in cui “si è stupidi davvero”. Ci sono i concerti alla Festa dell’Unità di Reggio, quando ancora era La Festa …e ancora di più le notti d’estate in cui la colonna sonora era questa (si badi, per noi ascoltare musica italiana era un’eccezione, in questo caso più che motivata).

Un album suonato così che ti entra nelle orecchie e ti fa pulsare il cuore a quell’età lascia un segno indelebile nella tua cultura musicale. Così è stato, per fortuna e grazie a Zucchero, reggiano ma della Lounisiana.

Alberto Padovani

Recensioni necessarie #23

“Blue’s” (tracklist)

  • Blue’s introduction
  • Con le mani
  • Pippo
  • Dune mosse
  • Bambino io, bambino tu (scritta con Gino Paoli)
  • Non ti sopporto più
  • Senza una donna
  • Into the groove
  • Hey man (scritta con Gino Paoli)
  • Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica
  • Hai scelto me

“Oro incenso e birra” (tracklist)

  • Overdose (d’amore)
  • Nice (Nietzsche) che dice
  • Il mare impetuoso al tramonto salì sulla luna e dietro una tendina di stelle… (citazione di Piero Ciampi, ndr)
  • Madre dolcissima
  • Diavolo in me
  • Iruben me
  • A Wonderful World
  • Diamante (testo di Francesco De Gregori)
  • Libera l’amore (musica di Ennio Morricone)

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