Psicologia e omosessualità, intervista alla dott.ssa Monica Arcadu

La psicologia diventa sempre più famigliare nei nostri percorsi di vita, per superare le inevitabili difficoltà interiori e per ritrovare la tanto sospirata serenità ; così, lo è stato e lo è tuttora anche per molti ragazzi che scoprono di essere omosessuali e per le loro famiglie che chiedono consiglio e talvolta conforto a questi professionisti dell’anima.

Per sapere come attualmente viene considerata dagli psicologi la realtà LGBT e per comprendere meglio come la psicologia ha accompagnato la crescita della società circa l’accettazione del mondo LGBT ho incontrato, nel suo studio di Parma la Dottoressa Monica Arcadu, psicologa e psicoterapeuta che da anni lavora sul nostro territorio e che collabora professionalmente con tanti altri specialisti. A lei ho rivolto alcune domande per aiutarci a far chiarezza sul tema.

Come si è evoluto nel tempo l’approccio della psicologia all’omosessualità e come viene considerata oggi?

Oggi tutte le maggiori organizzazioni di salute mentale sono pienamente d’accordo nell’affermare che l’omosessualità non sia una malattia, ma una variante non patologica del comportamento sessuale. In realtà parlando di omosessualità già Freud, nel suo ultimo periodo invito’ a considerarla come una variante dello sviluppo e non un disturbo. Non è stato per tutti così, anzi per un lungo periodo l’omosessualità e’ stata inclusa nel DSM ( manuale diagnostico delle malattie mentali) prima come un disturbo sociopatico, poi come una deviazione del comportamento sessuale al pari della pedofilia e altre perversioni sessuali . Alla fine degli anni 60 prese forma il movimento di liberazione per i diritti degli omosessuali e finalmente nel 1973 fu fatto il primo passo concreto verso l’opinione attuale, ma è solo dal 1990 che venne approvata la completa eliminazione dell’omosessualità dalle liste delle patologie mentali. Oggi il giudizio da parte di tutti i professionisti e’ unanime e l’omosessualità e’ descritta come una forma di orientamento sessuale. Questo si riferisce ad un modello stabile di attrazione emotiva, romantica e sessuale verso gli uomini, le donne e/o entrambi i sessi.

Esistono delle ” terapie di guarigione”?

Non ci possono essere delle terapie di guarigione perché l’omosessualità non è una malattia e nemmeno una scelta e pertanto non è modificabile in alcun modo . Quello che le persone omosessuali possono scegliere e’ se accettare il proprio orientamento omosessuale e quindi sviluppare un’identità omosessuale serena e assertiva, in cui tutti gli aspetti della loro personalità possono convivere in maniera armonica ed integrata, oppure rifiutarlo per pregiudizi di ordine morale, sociale o religioso.

Quali sono le difficoltà per una persona che si riconosce omosessuale?

Riconoscersi e legittimarsi come omosessuale e’ un processo che presenta diversi stadi, dalla rivelazione a pochi intimi fino all’apertura totale. Si può dire che il primissimo ” coming out” e’ quello verso se stessi, senza il quale non sarebbero possibili quelli verso l’esterno. E’ un percorso che nasce dalla presa di consapevolezza delle proprie emozioni e l’attrazione verso una persona del proprio stesso sesso. Fare ” coming out” quindi non vuol dire esclusivamente intraprendere un processo di comunicazione esterna, ma significa affermare profondamente la propria identità, prima di tutto a se stessi e in seguito agli altri . Accettare la propria identità favorisce senza dubbio il benessere personale e la salute mentale e fisica, ma questa accettazione può essere ostacolata da diversi fattori culturali come l’orientamento politico conservatore e un ambiente molto religioso all’interno della famiglia d’origine.

Come un adolescente può affrontare questa sfida?

La scoperta della propria sessualità, per gli adolescenti eterosessuali, viene incoraggiata dalla società e quindi è un processo più semplice, per gli adolescenti omosessuali questo passaggio e’ molto più faticoso. In adolescenza si iniziano a provare più intensamente sensazioni di carattere sessuale. Gli stereotipi di genere esercitano una grandissima pressione sui ragazzi che faticano a comprendere i propri sentimenti ed esprimerli con sincerità se non sono omologati a quelli del gruppo. Inoltre, nonostante i grandi progressi della società, l’omofobia e’ ancora molto presente e questo comporta un enorme difficoltà per gli adolescenti che non trovano modelli positivi di riferimento . Un sostegno psicologico può aiutare a trovare il giusto equilibrio e benessere psichico.

Nel momento in cui una persona riconosce e afferma la sua omosessualità e’ utile un sostegno psicologico?

Certo! Un giusto approccio terapeutico deve aiutare il paziente omosessuale ad accettare serenamente il proprio orientamento sessuale e ad integrare pienamente tale orientamento nella propria personalità, sviluppando un’ immagine di se’ positiva e superando i pregiudizi trasmessi dalla società . In molti casi una psicoterapia che coinvolga l’intera famiglia può essere di grande aiuto per superare il delicato momento del coming out, trasformandolo in un’occasione di crescita per tutti.

Quale messaggio vuole lanciare affinché si comprenda meglio che cos’è l’omosessualità e la posizione che la psicologia ha nei suoi confronti?

Una vita amorosa, sana non coincide con il genere della persona amata, ma con la capacità di amare che è l’espressione più vera della maturazione psichica di una persona.

Nel ringraziare la Dottoressa Arcadu per la disponibilità e per la chiarezza con cui ci ha spiegato alcuni punti fondamentali dell’importanza della psicologia per noi tutti, ho capito che, se pure ognuno di noi omosessuale e’ un po’ psicologo di se stesso, monitorando continuamente i propri comportamenti e cercando conferma del suo diverso orientamento sessuale, e’ bene incontrare almeno una volta un psicologo per capire meglio se stesso e per essere più forti e saldi nei confronti di una società non sempre così evoluta e benevola.

Raffaele Crispo

(si ringrazia “La Voce di Parma” per la collaborazione)

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