
18/06/2013
h.11.30
Dopo la debole crescita del 2011, lo scorso anno l’attività economica in E-milia-Romagna si è contratta. Secondo le stime di Prometeia, il prodotto regionale è diminuito del 2,4 per cento, portandosi sotto il livello del 2007 del 6,6 per cento. L’andamento del prodotto ha risentito della marcata flessione della do-manda interna, sia nella componente dei consumi sia in quella degli investimenti. Le esportazioni, pur in forte rallentamento in connessione con la decelerazione del commercio mondiale, sono state l’unico sostegno alla domanda, attenuando-ne la caduta.
In base a nostre stime, il terremoto, che nel maggio del 2012 ha colpito con ingenti danni alcune aree che rappresentano poco più del 10 per cento dell’economia regionale, avrebbe accentuato di pochi decimi di punto la flessione del PIL della regione. Il rallentamento si è accompagnato a un calo dei flussi di ingresso nel mercato del lavoro, specie nell’industria, e a una diminuzione del credi-to utilizzato dalle imprese localizzate nei comuni colpiti.
Nell’industria gli ordini alle imprese si sono ridotti sensibilmente, con un’intensificazione del calo in corso d’anno. La contrazione della domanda si è riflessa negativamente sull’attività produttiva. La forte incertezza sulle prospettive di ripresa, i bassi livelli di utilizzo della capacità produttiva e le tensioni sull’accesso al credito hanno determinato una nuova diminuzione degli investimenti. Nel settore delle costruzioni la fase negativa è proseguita anche nel 2012; si stima che il valore aggiunto del settore sia tornato sui livelli di oltre 10 anni fa. La nuova, forte caduta del numero di compravendite residenziali non si è tuttavia pienamente riflessa sul calo dei prezzi. Il settore dei servizi ha risentito della diminuzione della domanda interna. Nel commercio si è avuto un calo significativo, particolarmente accentuato per i beni durevoli; anche l’attività turistica è diminuita, per effetto della contrazione della componente domestica. In tutti i settori la crisi ha accresciuto il numero di imprese interessate da procedure concorsuali.
Il numero di occupati si è lievemente ridotto rispetto all’anno precedente; la flessione si è concentrata nell’industria. Dopo il calo del 2011, sono cresciute le ore autorizzate di Cassa integrazione, sia nella componente ordinaria sia in quella straordinaria. Si è ulteriormente intensificato il processo di ricomposizione della forza lavoro a favore delle classi più anziane, già in atto negli anni precedenti. Il tasso di disoccupazione è aumentato al 7,1 per cento, il massimo storico, e al 17,4 per i giovani tra i 15 e i 29 anni.
Il deterioramento del quadro congiunturale si è riflesso sulla dinamica dei prestiti bancari alle imprese, diminuiti del 2,6 per cento rispetto all’anno prece-dente. La flessione, sebbene generalizzata a tutte le categorie di prenditori, è stata più intensa per le piccole imprese e per quelle operanti nel manifatturiero. Come nell’anno precedente, si è concentrata inoltre sulle unità produttive caratterizzate già prima della crisi da una minore redditività e un più elevato indebitamento. I prestiti alle famiglie consumatrici hanno ristagnato; vi è stato un marcato calo delle nuove erogazioni per l’acquisto di abitazioni.
Tali dinamiche hanno risentito della significativa riduzione delle richieste di finanziamento da parte del settore privato, più intensa di quella registrata nel biennio 2008-09, e del permanere di un orientamento restrittivo delle politiche di offerta seguite dalle banche. Dal lato della domanda, all’indebolimento delle esigenze di finanziamento del circolante e alla flessione della domanda finalizzata agli investimenti si sono affiancate maggiori richieste di credito delle imprese per la ristrutturazione del debito. Anche le richieste di prestiti per l’acquisto di abita-zioni da parte delle famiglie sono diminuite, risentendo del peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro e delle attese sull’evoluzione del mercato immobiliare. Dal lato dell’offerta, le banche hanno inasprito le condizioni di accesso al credito ritoccando verso l’alto, come negli anni più recenti, i tassi di interesse. L’offerta di finanziamenti continua a essere frenata dall’elevato rischio percepito dagli intermediari, connesso con il deterioramento dell’attività economica e della qualità del credito.
Il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti è aumentato al 2,5 per cento, un livello storicamente elevato. L’incremento è stato più accentuato per le imprese e, in particolare, per quelle della filiera immobiliare verso le quali il sistema bancario presenta un’esposizione elevata. Rimane, al contrario, sostanzialmente stabile la qualità del credito alle famiglie consumatrici. Altri indicatori sullo stato di difficoltà nel rimborso dei prestiti e che anticipano il manifestarsi di nuove sofferenze non fanno prefigurare un calo della rischiosità nel breve termine.
Dal lato della raccolta, al permanere di tensioni sui mercati interbancari si è affiancata una robusta ripresa della provvista al dettaglio, soprattutto dei depositi. Tale andamento ha riflesso sia le preferenze delle famiglie per un’allocazione del risparmio verso forme più liquide sia la modifica del regime di tassazione dei redditi finanziari che ha favorito una ricomposizione tra obbligazioni e depositi.
È proseguita la ristrutturazione dei principali gruppi bancari nazionali che ha comportato un’ulteriore diminuzione del numero di banche e di sportelli operati-vi in regione.
Nel periodo 2009-2011 la spesa pro capite delle Amministrazioni locali (A-ALL) della regione è diminuita in misura maggiore rispetto alla media delle Regioni a statuto ordinario (RSO) e all’Italia. L’andamento registrato riflette l’aumento della spesa corrente, in particolare quella sostenuta da Regione e Aziende sanitarie locali, e soprattutto il deciso calo della componente in conto capitale. Quest’ultima è diminuita in media del 15,3 per cento all’anno, principalmente a seguito della contrazione della spesa per investimenti fissi sostenuta dai Comuni.
La spesa sanitaria sostenuta nel 2011 in favore dei residenti in regione risultava superiore di circa il 6 per cento all’ammontare di risorse attribuite dalla Conferenza Stato-Regioni in sede di riparto del fondo sanitario nazionale (finanzia-mento garantito), un disallineamento analogo a quello riferito alla media delle RSO. L’Emilia-Romagna nel 2010 ha ottenuto il punteggio più elevato in Italia sul grado di rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e ha registrato anche
L’Emilia-Romagna è una regione virtuosa nel settore sanitario per risorse e qualità del servizio elevati livelli di soddisfazione del servizio reso tra gli utenti.
Nel periodo 2009-2011, si è registrata una crescita delle entrate tributarie della Regione e dei Comuni, a fronte di un incremento più contenuto per quelle delle Province. Gli aumenti sono tuttavia risultati minori di quelli osservati in me-dia per le RSO e l’Italia.
Nel 2012 gli Enti territoriali della regione hanno fatto ricorso alla leva fiscale autonoma in misura significativa anche nel confronto con le altre RSO, anche per il ridimensionamento dei trasferimenti dallo Stato; in taluni casi sono stati sfrutta-ti in misura quasi completa i margini di manovra. Il debito delle AALL della regione si è invece ridotto del 5,8 per cento rispetto al 2011 (-1,6 per cento per la media delle RSO). Il peso del debito sul PIL regionale è stimabile per il 2012 al 4,6 per cento (contro il 7,4 per RSO e media nazionale).
APPROFONDIMENTI
Gli effetti economici del terremoto
Tra il 20 e il 29 maggio del 2012 rilevanti eventi sismici hanno interessato un’area che pesa per poco più di un decimo sull’economia regionale e circa un centesimo su quella nazionale. I danni sono stati ingenti: la stima della Regione per l’area emiliano-romagnola è di 12,2 miliardi di euro, l’8,7 per cento del PIL della regione e l’1,5 della ricchezza netta delle famiglie consumatrici e produttrici. I danni alle attività produttive supererebbero quelli alle abitazioni e alle infrastrutture. Una nostra stima indica che il complesso dei principali finanziamenti a fon-do perduto stanziati a favore dell’intera area terremotata della regione rappresenta circa due terzi dei danni.
La rilevante distruzione di capitale fisico si è accompagnata a un rallenta-mento dell’attività produttiva nel breve termine. Nostre stime indicano che l’impatto economico del sisma, misurato su scala regionale, sia stato contenuto, con un effetto negativo sulla dinamica del PIL di 1-2 decimi di punto percentuale. Questo risultato riflette il fatto che gli effetti del terremoto si sono prodotti solo nella seconda metà dell’anno e che il peso dell’area colpita sull’economia regionale è contenuto.
La decelerazione del PIL si è accompagnata a un calo dei flussi di ingresso nel mercato del lavoro che si è concentrato nell’industria e nei servizi privati; al contrario, grazie anche agli interventi di emergenza e all’avvio del pro-cesso di ricostruzione, nel settore delle costruzioni dall’estate il numero di posi-zioni è aumentato. Il rallentamento dell’attività si è riflesso anche in un sensibile calo del credito utilizzato dalle imprese, per effetto di una minore domanda di finanziamento del circolante, connessa con interruzioni o rallentamenti dei processi produttivi. La riduzione del credito utilizzato è stata più intensa nel comparto manifatturiero.
I prestiti alle famiglie e alle imprese
Il capitolo del credito presenta una serie di approfondimenti, riguardanti l’indebitamento delle famiglie e quello delle imprese.
La percentuale di famiglie della regione indebitate verso il sistema bancario, dopo una crescita marcata nella prima parte degli anni duemila, si è stabilizzata negli anni più recenti intorno al 30 per cento, un valore contenuto nel confronto internazionale. Nel periodo interessato dalla crisi, il tasso di rimborso del debito è diminuito mentre le nuove erogazioni di mutui si sono fortemente contratte. Tali dinamiche hanno risentito del deterioramento delle condizioni economiche delle famiglie che si è riflesso sia in un incremento delle situazioni di difficoltà nel fronteggiare l’onere del debito sia in una riduzione della domanda di finanzia-menti per l’acquisto di abitazioni. Nel complesso gli indicatori sulla qualità del credito delle famiglie hanno mostrato tuttavia una sostanziale tenuta. Vi potrebbero aver contribuito una maggiore concentrazione del debito tra le famiglie più abbienti, il ricorso alle moratorie sui mutui per quelle in difficoltà e, dal lato dell’offerta, politiche più selettive degli intermediari nei confronti dei nuovi mutuatari.
I prestiti bancari alle imprese si sono ridotti di 3,5 miliardi di euro (-2,6 per cento la variazione su base annua). La flessione, sebbene generalizzata a tutte le categorie di prenditori, è stata più intensa per le piccole imprese e, come negli anni precedenti, si è concentrata sulle unità produttive caratterizzate da una minore redditività e da un più elevato indebitamento. Sono diminuiti sia i finanzia-menti collegati alla gestione del portafoglio commerciale, risentendo della riduzione del fatturato delle imprese, sia quelli a scadenza, condizionati dalla flessione degli investimenti. L’offerta di credito ha mantenuto un orientamento restrittivo, anche a causa dell’elevato rischio di credito. Il complesso delle partite deteriorate rappresentava a fine 2012 oltre il 20 per cento dei crediti alle imprese.
Il comparto che presenta maggiori criticità è quello della filiera immobiliare (che include le costruzioni, le attività immobiliari e alcuni settori del manifatturiero), cui è stato dedicato uno specifico approfondimento. Tale comparto risente della prolungata crisi del settore delle costruzioni (tornato su livelli di attività di oltre 10 anni fa), del forte calo delle transazioni immobiliari, della perdurante limitata disponibilità di fondi pubblici per investimenti infrastrutturali e dell’incertezza riguardo le prospettive di ripresa. Il sistema finanziario presenta un’elevata esposizione verso le imprese della filiera, che assorbono circa il 40 per cento del complesso dei prestiti alle imprese. Gli indicatori sulle difficoltà finanziarie del settore sono su livelli storicamente elevati. Il rapporto tra le rimanenze e il fatturato, un indicatore dell’accumulo di invenduto, è prossimo al 120 per cento, circa 30 punti percentuali in più rispetto agli anni precedenti l’insorgere della crisi. Il complesso dei crediti deteriorati (sofferenze, incagli, crediti scaduti e ristrutturati) rappresenta il 32 per cento dei prestiti alle imprese della filiera, circa 24 punti percentuali in più rispetto a prima della crisi.
L’internazionalizzazione dell’Emilia-Romagna
In regione le esportazioni di beni rispetto al PIL superano il 30 per cento (poco più del 20 per l’Italia), ponendo la regione ai primi posti tra quelle italiane. Più contenuto è invece l’export di servizi alle imprese (circa l’1 per cento del PIL regionale contro il 2 della media nazionale). Come per l’anno scorso, anche in prospettiva l’elevata apertura al commercio con l’estero dovrebbe permettere di beneficiare dell’eventuale accelerazione del commercio mondiale.
Un’altra modalità di apertura all’estero è data dall’internazionalizzazione produttiva, cresciuta negli ultimi anni in termini di investimenti diretti (IDE) da e per l’estero (inward e outward). Fra il 2007 e il 2011 gli investimenti all’estero del-le imprese regionali hanno mostrato una dinamica inferiore a quella italiana; di-scostandosi dalle tendenze nazionali, è invece aumentata l’attrattività della regio-ne per gli investitori stranieri: gli IDE inward sono cresciuti del 13,4 per cento in media all’anno (0,6 per la media italiana). Alla fine del 2011 le consistenze degli IDE inward in regione sfioravano i 19,5 miliardi (corrispondenti al 13,8 per cento del PIL e al 7,4 di quelli effettuati in Italia); quelle relative agli IDE outward erano di poco superiori a 17 miliardi (il 12,2 per cento del PIL regionale e il 4,3 di quelli dell’Italia).
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