Opposizione alla guerra in Vietnam

SMA MODENA
lombatti_mar24

21/10/2014

ACCADDE OGGI: Il 21 Ottobre 1967 circa 100.000 persone si radunarono a Washington, DC per protestare contro lo sforzo bellico americano in Vietnam mentre più di 50.000 manifestanti avevano marciato al Pentagono per chiedere la fine del conflitto. La protesta era il segno più drammatico del progressivo venir meno, a due anni mezzo dall’invio del primo contingente militare a Da Nang, del sostegno per quella che appariva sempre di più come la guerra del presidente Lyndon Johnson.
Quest’ultimo, principale artefice dell’escalation militare in Vietnam, era visto come il primo responsabile di quella che ormai era considerata in USA una tragedia collettiva dove giovani americani erano mandati a morire per obiettivi che servivano interessi sempre meno chiari e lontani dalla difesa della democrazia sostenuta dalla Casa Bianca – non a caso uno degli slogan più frequentemente scandito dai manifestanti era “Hey, Hey, LBJ! How many kids did you kill today?!” (Hey, Johnson – LBJ erano appunto le iniziali di Lyndon Baines Johnson – quanti ragazzi hai fatto ammazzare oggi?!). Sondaggi presi nell’estate di quell’anno avevano rivelato che per la prima volta il sostegno dell’opinione pubblica americana per la guerra era sceso al di sotto del 50%.
Quando l’amministrazione Johnson annunciò che avrebbe aumentato la tassazione del 10% per finanziare la sforzo bellico, lo scetticismo nei confronti dell’impegno militare nel sud-est asiatico era aumentato. Il movimento per la pace aveva iniziato ad esercitare maggiori pressioni chiedendo la fine del conflitto e la marcia su Washington fu il segno più evidente di tale scelta.
L’amministrazione rispose con un’estesa campagna di propaganda per ripristinare la fiducia del popolo americano nella gestione della guerra secondo la Casa Bianca e il presidente si spinse fino al punto di richiamare il generale William Westmoreland, comandante delle forze Usa in Vietnam, negli Stati Uniti per affrontare il Congresso e il pubblico. Di lì a pochi mesi, agli inizi del 1968, l’offensiva del Tet distrusse gran parte della credibilità dell’amministrazione Johnson e fece chiaramente capire che i tanto declamati progressi basati sull’massiccio uso della potenza di fuoco americana e il body count – il conto dei cadaveri dei nemici nord-vietnamiti e vietcong – non avevano in nessun modo intaccato la volontà dell’avversario.
La protesta fu anche significativa poiché fece comprendere come il consenso interno verso la politica della Guerra Fredda stava iniziando a scemare. Molti dei manifestanti non misero semplicemente in discussione il comportamento degli Stati Uniti in Vietnam, ma la stessa base della politica estera della nazione, di cui l’impegno in Vietnam e l’opposizione globale al comunismo erano espressione.

Alessandro Guardamagna