“Ci sarebbero risorse per tutti”

SMA MODENA
lombatti_mar24

29/07/2009

Intervista a Padre Silvio Turazzi, per 20 anni in Congo e fondatore di Muungano (Solidarietà), associazione in Vicomero per il sostegno dell’Africa.

Come è cominciata la sua avventura in Congo?
Questa avventura cominciò nel 1975 assieme ad un gruppetto di persone in quello che allora si chiamava Zaire. L’idea era quella di propormi come fratello e collocarmi senza pretese cercando di ascoltare condividendo quel poco di ricchezza ricevuta nel corso della vita. Un grave incidente subito nel 1969 non mi chiuse gli occhi sulla vera potenza della vita, del Vangelo e della fraternità. Lo scopo divenne quello di condividere il messaggio di Gesù vedendo negli altri dei fratelli con i quali instaurare un rapporto fondato sul rispetto. Sono andato lì con l’idea di vivere e partecipare con una piccola comunità formata da me, due saveriani ed uno studente divenuto poi sacerdote. Si aggiunsero in seguito due ragazze di Parma. Insieme abbiamo cercato di inserirci lavorando in un centro per disabili accettando la proposta del vescovo del luogo. Non cercavamo di fare delle cose ma volevamo essere; per questo adottammo tutte le loro usanze, come ad esempio preparandoci da mangiare con il carbone. Questa era la chiave di lettura del nostro lavoro.

Quali furono le sfide più grandi?
Lottammo contro il colera, cercammo di risolvere i problemi degli insegnanti non pagati. Affrontammo ogni settore della sofferenza. Un po’ lavoravamo e un po’ pregavamo per loro. Conobbi la prigione e ricevetti la proposta di andarvi a fare la messa dove trovammo fino a 600 persone in condizioni tremende. Vedemmo persone che stavano morendo letteralmente di fame. Ricevemmo un primo rifiuto ma fui premiato dalla mia perseveranza soprattutto nel far notare che era solo un problema di colore della pelle ma non di sangue che alla fine era lo stesso. Riuscimmo così ad organizzare iniziative artigianali all’interno della prigione. Tutto questo nella città di Goma, nella regione nord-orientale del Kivu.

Come affrontaste il problema del colera durante e in seguito all’esodo dei rwandesi?
La situazione era davvero difficile. Vivemmo sulla nostra pelle scenari molto duri, dovendo operare in una piccola città come Goma dove, in seguito al genocidio in Rwanda del 1994, giunsero in un breve lasso di tempo un milione di persone che portarono con sé la piaga del colera. Nel giro di quindici, venti giorni, morirono 60.000 persone. Le strade erano disseminate di morti e undici camion lavoravano ininterrottamente per rimuoverli. Le persone giungevano stremate, bevevano l’acqua nel lago e si ammalavano. Il colera si diffuse molto velocemente e mi ammalai anch’io dovendo rientrare in Italia per curarmi. Ritornai in quelle terre proprio nel periodo peggiore, quando le difficoltà di queste persone raggiunsero l’apice.

Come fu assistito il popolo?
Il popolo non fu mai lasciato a se stesso anche se in un primo tempo non ci si rendeva conto esattamente di cosa stesse succedendo. Appena il numero di morti cominciò a salire l’attenzione dei media internazionali di concentrò su Goma. Arrivò un tipo di soccorsi gestito dai generali e ci rendemmo subito conto del tipo di approccio da loro adottato per situazioni di questo tipo. Non tennero affatto conto dei medici e dei volontari locali. Il medico del luogo, bravissimo e preparato, formato in Italia, a Modena, non fu neppure preso in considerazione. Non parliamo poi del divario abissale degli stipendi che raggiungevano gli 8000 dollari mensili nel caso dei medici UNICEF e degli organismi internazionali mentre i nostri non raggiungevano i 150 dollari.

L’opera dei media internazionali fu efficace per aiutare il popolo?
In realtà, finita l’ondata di rumore, come arrivarono, tutte le organizzazioni internazionali ripartirono e con essi i mass-media lasciando praticamente a se stessa quella massa di persone che superava il milione di unità. Non è comunque una novità che la stampa di oggi sia sottomessa al potere e questo è dimostrato ogni qualvolta che il lavoro di giornalisti quotati viene censurato o relegato a riviste di secondo ordine. Talvolta mi sento dire da alcuni giornalisti anche di spessore che noi religiosi non possiamo capire veramente le problematiche di un Paese. In realtà io credo che siamo in grado di comprenderle meglio di loro in quanto viviamo direttamente a contatto del popolo e sappiamo discernere le fonti delle informazioni. Non è sufficiente intervistare una persona di colore per avere in mano la verità. Occorre comprendere di quale schieramento faccia parte, del perchè affermi determinate cose e soprattutto frequentare a lungo il luogo per rendersi conto di come funzionino le cose.

Quanto hanno pesato le risorse minerarie nelle vicende politiche di questi anni?
Sicuramente hanno avuto un peso rilevante. Questi Paesi galleggiano sul petrolio, hanno riserve minerarie ingenti ed il popolo, che si affida all’agricoltura, non gode neanche in minima parte delle ricchezze che ne derivano. La politica economica applicata dalle potenze europee non tiene conto delle esigenze dei popoli indigeni e scavalcano le autorità presenti. Non mirano certo alla pace dei popoli ma all’ottimizzazione degli utili.

Come è nata l’associazione Muungano?
Muungano, che significa “solidarietà”, è nata a Goma assieme al nostro contatto con il popolo africano. Abbiamo fatto il possibile affinchè la gente credesse in sé auto-gestendosi. Ad oggi le persone si sono organizzate realizzando un centro artigianale, un centro nutrizionale ed altro ancora. Tutto questo non prevede la nostra interferenza anche se i nostri rapporti sono molto forti ed ogni anno ci rechiamo in visita presso di loro. Il nostro lavoro di supporto continua nella comunità di Vicomero chiamata nello stesso modo, Muungano, per promulgare ancora una volta lo stesso messaggio di solidarietà.

Quali sono le vostre attività?
La nostra è una struttura che trae modello dalla famiglia ed è molto umile. Ci mettiamo al servizio di coloro che cercano supporto all’estero e si trovano in difficoltà, soprattutto studenti ma anche alcune famiglie. Abbiamo organizzato un piccolo mercatino dell’usato per guadagnare qualche soldino e chiunque può contribuire tentando di far conoscere qualcosa di ciò che sta accadendo in Congo. Stiamo cercando collaborazioni anche a livello politico nell’opera di sensibilizzazione verso il grave stato in cui versa il popolo congolese in balia di gruppi armati senza controllo.

Avete in programma iniziative particolari?
Sì. Dal 23 agosto al 2 settembre 2009 organizzeremo presso Vicomero (PR) un campo di lavoro finalizzato allo studio e alla formazione per una solidarietà consapevole con il continente africano. Il progetto consiste nel coniugare momenti di studio e formazione con il lavoro solidale.  Ai materiali di scarto raccolti nella provincia di Parma viene dato nuovo valore attraverso la vendita, il riciclaggio e la destinazione ad altri usi.

Visita il sito Associazione Muungano