
Ogni anno Parma risulta tra le 20 città italiane in cui si vive meglio, con un basso tasso di criminalità.
Ma ciò non significa che la città non sia stata segnata da grandi casi di cronaca nera.
Ricordiamo tre di questi casi, rimasti impressi nella memoria dei parmigiani.
Il Caso Mazza
Il 9 febbraio 1986 viene trovato il corpo dell’industriale Carlo Mazza all’interno della sua macchina in piazza Matteotti. La prima sospettata, fin da subito, è Katharina Miroslawa, ballerina polacca, con cui Mazza intratteneva una relazione da due anni. Quando gli inquirenti scoprono una polizza assicurativa da un miliardo di lire sulla vita dell’uomo a favore della ballerina, la considerano subito come il movente. Viene fermato anche il marito della donna, Witold Kielbasinski, anche lui ballerino, che è considerato come l’esecutore materiale del delitto. Vengono assolti nel maggio del 1987 per mancanza di prove. Nei processi successivi entrano in scena anche Zbigniew Drozdzik, fratello di Katharina, e Dimosthenes Dimopoulos, accusati di essere complici del delitto. La sentenza definitiva, che condanna Katharina e il fratello a 21 anni di carcere e Witold a 24, è pronunciata dalla Cassazione nel febbraio 1993 ma la donna è già scappata all’estero. Sarà arrestata il 3 febbraio 2000 a Vienna. Durante la latitanza ha cambiato identità e si è rifatta una vita. In carcere, dal quale viene liberata il 25 giugno 2013, la donna continua a proclamarsi innocente.
† Cristianesimo esoterico: il Gesù santone illuminato del Vangelo apocrifo di Tommaso (di Andrea Marsiletti)
Il Caso Carretta
Il 4 agosto 1989 la famiglia Carretta, composta dal padre Giuseppe, dalla madre Marta Chezzi e dai figli Nicola e Ferdinando, parte in vacanza con il camper e non sarà mai più vista. Non vedendoli tornare, la famiglia della madre si preoccupa e ne segnala la scomparsa alla polizia, iniziano così le ricerche. Nel novembre del 1989, durante la trasmissione Chi l’ha visto?, un telespettatore segnala la presenza del camper della famiglia in viale Aretusa, a Milano. All’interno di questo non sono ritrovate tracce. In tutta Italia si sentono speculazioni, alimentate dai media, che immaginano la famiglia Carretta in giro per il mondo, che vive la bella vita in un’isola dei Caraibi, grazie a dei soldi che sarebbero stati rubati alla Bormioli, azienda per la quale lavorava Giuseppe. Per quasi dieci anni non si seppe più nulla. Nel novembre 1998, Ferdinando Carretta è fermato per un controllo di polizia a Londra. In seguito alla segnalazione del ritrovamento del figlio Carretta, il giornalista di Chi l’ha visto? Giuseppe Rinaldi si reca a Londra. Ferdinando gli concede un’intervista filmata durante la quale ammette di avere ucciso tutta la sua famiglia, anche se mirava principalmente al padre. Soffriva di problemi di salute mentale ed era geloso dell’attenzione che i suoi genitori, specialmente suo padre, davano al fratello minore Nicola, che aveva avuto problemi di tossicodipendenza.
Il caso del Piccolo Tommy
Il 2 marzo 2006 degli sconosciuti irrompono a casa Onofri, a Casalbaroncolo, e sequestrano il figlio più piccolo, Tommaso, di soli 17 mesi. Nel giro di pochi giorni il caso è al centro dell’attenzione dei media italiani e il 4 marzo viene diffuso un appello pubblico dei genitori che chiedono ai rapinatori di portare Tommy a casa sano e salvo. Vengono rapidamente interrogati i muratori che avevano fatto dei lavori di ristrutturazione in casa Onofri. Il 10 marzo sono trovati video e immagini pedopornografiche su un computer di Paolo Onofri, il padre di Tommaso, che viene in seguito inserito tra gli indagati. Delle impronte digitali trovate sul nastro adesivo che era servito per immobilizzare la famiglia conducono gli investigatori verso Mario Alessi, uno dei muratori. Questo confessa l’omicidio il 1 aprile, nominando i suoi complici: la sua compagna Antonella Conserva e Salvatore Raimondi. Alessi porta gli inquirenti fino al cadavere del piccolo Tommy, a San Prospero, sulle rive dell’Enza, dove era stato ucciso venti minuti dopo essere stato rapito. L’obiettivo del rapimento sarebbe stato di natura economica, con la volontà di chiedere un riscatto alla famiglia Onofri.
Anna Montermini