La PAC – Politica Agraria Comune non riguarda solo gli agricoltori, ma l’intera società attraverso settori come tutela dell’ambiente, gestione del territorio, alimentazione.
Sulle numerose notizie relative le istanze degli agricoltori mi si conceda una provocazione: e se l’agricoltura emiliana chiudesse davvero?
Dopo le proteste senza precedenti in tutta Europa, il settore ha iniziato ora una fase di elaborazione di proposte di modifica della Politica Agricola Comune (PAC), che dalla costituzione della Comunità Economica Europea (1962) sostiene gli agricoltori e garantisce la sicurezza alimentare (per il 31% del bilancio complessivo dell’UE, incluso il Fondo Next Generation), determinante per il futuro del comparto, in Italia e in Emilia.
A questo fondamentale e decisivo processo, il cui esito si potrà valutare davvero solo nel medio e lungo termine (i tempi necessari della Politica seria), deve partecipare oggi anche la politica locale, spesso colpevolmente assente su questi temi eppur non priva di responsabilità, per quanto certamente meno coinvolta di Bologna, Roma o Bruxelles (dal 2016 le competenze sull’agricoltura delle Province sono passate interamente alle Regioni).
Il futuro dell’agricoltura a Parma, si badi, non vale meno di aeroporto, fiere o interporto, solo per fare qualche facile esempio. La nuova PAC, ritardata dalla pandemia, è stata infatti solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso per alcuni già colmo. Anche nella terra della Food Valley alcuni settori dell’agricoltura da tempo stanno operando in perdita o quasi.
Riporto solo alcuni casi che ritengo significativi: il Parmigiano Reggiano nel 2022 ha visto un aumento sul mercato del 6,9% in valore e del 2,6% in volume. Nel 2023 le vendite interne sono rimaste stabili, mentre l’export è stato in netta ripresa. Eppure, i produttori di latte per il Parmigiano Reggiano hanno registrato perdite per il secondo anno consecutivo,
E ancora: nel 2023 l’import di grano duro per la produzione industriale di pasta è raddoppiato (decuplicato quello dalla Russia, in questo settore esente dalle sanzioni dell’UE). Il frumento resta la principale coltura in Italia (4 milioni di tonnellate su 1,3 milioni di ettari di terreni), ma la produzione è in calo costante e, da quanto mi viene riportato dalla zona dei terreni più fertili della Bassa, anche il raccolto dello scorso anno è stato venduto sottocosto. Non molto meglio è andata per il grano tenero.
Anche la produzione di granoturco (mais) da due anni è in flessione. La coltura richiede, infatti, molta acqua (in questi anni estremamente scarsa e quindi da prelevare artificialmente dai pozzi con notevoli costi di carburante) e giusta concimazione. i prezzi dei concimi pre-semina solo da poco sono tornati a prima della guerra in Ucraina, dopo un periodo di aumenti fino al 50%.
Una domanda sorge quindi spontanea: per quanto tempo potranno continuare queste produzioni in perdita o senza utili? Il primo pilastro della PAC è sempre stato il sostegno al reddito a quegli agricoltori che coltivano i propri terreni nel rispetto della sicurezza alimentare, ambientale e del benessere degli animali (insieme alla disciplina di import-export dei beni agricoli intra ed extra UE, alla modernizzazione delle aziende agricole, lo sviluppo delle zone rurali e la promozione del ricambio dell’occupazione).
Non sottovalutiamo la condizione e l’importanza di questo pilastro essenziale della politica europea, ora traballante. Non riguarda solo gli agricoltori, bensì l’intera società, impattata attraverso settori come tutela dell’ambiente, gestione del territorio, alimentazione.
Alessandro Gattara
Sindaco del Comune di Roccabianca