
Uno dei temi più sottotraccia e al contempo ricorrenti ed importanti per la politica reale italiana – diciamo per addetti ai lavori, ma che riguarda tutti – è il cosiddetto “terzo mandato”, ovvero la possibilità per i Sindaci dei Comuni entro i 15.000 abitanti (quelli per cui non scatta il doppio turno con ballottaggio, per capirci). A cui si aggiungerebbe l’abolizione del vincolo sotto i 5000 abitanti.
Già introdotto nei piccoli comuni sotto i 3000 abitanti (Legge 56/2014), solitamente di montagna, per un’oggettiva difficoltà a trovare persone qualificate e disponibili per un ruolo così impegnativo, il terzo mandato rischia di essere esteso a comuni con una popolazione più ampia, dove la difficoltà di trovare candidati disponibili alla rappresentanza teoricamente non esiste.
Si tratta dunque di una scelta politica. O meglio, di una scelta di “casta politica”. Avevamo dimenticato questo termine, proprio del primo grillismo: in realtà, dopo la rivoluzione “fallita” (cito Beppe Grillo), ci troviamo oggi in un sistema politico molto più rigido rispetto a quello offerto dal primo, sano, bipolarismo, quello che vide contrapporsi Prodi a Berlusconi per capirci.
Spiegherò in breve perché sono profondamente contrario a questa che ormai è ben più di un’ipotesi. Infatti il provvedimento dovrebbe essere introdotto a febbraio 2024, col Decreto Elezioni, in tempo per le future elezioni amministrative che, anche nel nostro territorio provinciale, vedrebbe vari Sindaci nella possibilità di ricandidarsi per il terzo mandato.
Ovviamente non ne faccio un discorso personale, su questo o quello… E nemmeno un discorso di parte, laddove sia candidati di centrodestra e di centrosinistra potrebbero “beneficiarne”.
Il ricambio, nella politica in generale, ed in particolare nei contesti comunitari e urbani, è fondamentale per evitare la sclerotizzazione della rappresentanza democratica, con ciò che ne consegue anche sul piano del controllo democratico e della legalità nell’esercizio delle funzioni.
† Terra Santa 14 – La mia esperienza nella grotta della Natività a Betlemme. E gli ortodossi ci ricascano… (di Andrea Marsiletti)
Quello del Sindaco, quando diventa un “mestiere” – già si vedono alcuni esempi in tal senso – non solo è qualcosa di caricaturale, ma addirittura può diventare un reale disincentivo alla partecipazione democratica. Il problema dell’eccessiva personalizzazione della figura del Sindaco, già ampiamente presente nel dibattito politico dei piccoli comuni (non solo in quelli in realtà), vedrebbe un picco esponenziale. Molti cittadini, per diversità di opinioni o semplicemente (banalmente o meno) per motivi personali di vario genere, si rifiuterebbe di interagire con l’Istituzione comunale, che vedrebbe più che mai come luogo della “casta”. Senza arrivare a questi eccessi, chiunque abbia avuto un rapporto difficoltoso, tenderebbe ad interagire meno con rappresentanti confermati molto più a lungo, quindi con un potere reale e di condizionamento contestuale maggiore, oltre che con un maggiore peso di presenza, alla lunga faticoso da gestire.
Per questo, ed altri motivi meno personali e più attinenti ad un sano e fisiologico cambiamento nella rappresentanza – vi ricordate la logica dell’alternanza, come cardine della democrazia? – spero che chi deve decidere ci ripensi e blocchi la sciagurata ipotesi del terzo mandato in tempo.
Abbiamo bisogno di rinnovare la politica, non di rinchiuderla in gabbie rappresentative che solo apparentemente garantiscono una migliore governabilità… ma che in realtà esprimono tutta la stanchezza di un Paese che fa sempre più fatica a rinnovare le proprie forme di partecipazione democratica. E che, proprio per questo, ne ha più urgente necessità.
Alberto Padovani