In queste a ore a Cuba sono in corso proteste contro la dittatura nel silenzio internazionale? L’ambasciata USA smentisce (di Andrea Marsiletti)

SMA MODENA
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Fonti cubane anticastriste controrivoluzionarie scappate all’estero accreditano che sull’Isola Ribelle sarebbero in corso forti proteste contro il Governo Cubano, che starebbero avvenendo nel silenzio dei media internazionali.

Al grido”¡Abajo la dictadura! (“Abbasso la dittatura!””, “¡Libertad! (Libertà!)”, “¡No tenemos miedo! “(“Non abbiamo paura!”)” y “¡Patria y vida! (“Patria e vita!)”, i dissidenti sfilerebbero in alcune città, all’Avana, a Clego de Avila, a Matanzas e persino a Santa Clara dove si trova il Mausoleo di Che Guevara.

I ribelli chiedono aiuto al nemico storico di Cuba, gli USA, che da decenni hanno imposto un embargo da guerra contro l’isola e invitano il Presidente Biden a supportare le loro proteste.

A detta dei dissidenti, il Governo cubano avrebbe chiuso Internet per impedire la fuoriuscita di qualsiasi informazione e dato ordine alla Polizia di reprimere con la forza le proteste.

Qualche ora fa l’ambasciata degli Stati Uniti a Cuba ha dato un’interpretazione diversa dei fatti (circostanziandoli alla pandemia) e ha scritto su Twitter che “a Cuba crescono le proteste pacifiche. La popolazione esercita il diritto di assemblea per esprimere la propria preoccupazione per l’aumento dei casi e dei decessi per covid e per la carenza di medicinali. Riconosciamo gli sforzi del popolo cubano che organizza donazioni per aiutare i suoi compatrioti“.

Nelle strade si sentirebbero le note “Patria y vida” (“Patria e vita”), una canzone rap controrivoluzionaria che rovescia le intoccabili parole d’ordine cubane “Patria o morte!” con le quali Ernesto Che Guevara era solito salutare Fidel Castro prima di partire verso altri cieli sotto i quali combattere, l’ultimo quello boliviano dove fu arrestato e fucilato.

“Patria o morte” è il grido che ha infuocato i cuori di tutti i rivoluzionari contro le intrusioni arbitrarie nelle decisioni delle nazioni sovrane e ogni forma di oppressione e discriminazione, per le masse affamate degli indios, dei contadini senza terra, degli operai sfruttati.

I rapper picchiano duro: “Basta bugie, il mio popolo chiede libertà. Non gridiamo più patria o morte ma patria e vita. Iniziamo a costruire quello che sogniamo, quello che loro hanno distrutto con le loro mani”. E ancora: “Tutto è cambiato, non è più lo stesso, loro 1959 (l’anno della rivoluzione cubana n.d.r.), noi 2020”.

Un rapper palestrato a torso nudo, un altro con una felpa dell’Adidas, un altro ancora con un catenaccione d’oro al collo cantano che “E’ finita, 60 anni bloccati a domino. Siamo artisti, siamo sensibilità. La storia vera, non quella mal raccontata. Siamo la dignità di un popolo intero calpestata. Con pistole puntate e parole che non valgono niente. Non più bugie, il mio popolo chiede libertà, niente più dottrine. Non gridiamo più Patria e Morte ma Patria e Vita. Che smetta di scorrere sangue, per il fatto di pensarla diversamente. Chi vi ha detto che Cuba è vostra, se Cuba è di tutta la mia gente”.

La nuova Cuba che balla al ritmo del rap americano sta arrivando?

Andrea Marsiletti