Marco Bellocchio al Parma Film Festival

di Andrea Marsiletti

Un dialogo a tutto tondo sul compleanno del suo primo lungometraggio e sui sentimenti e le emozioni investite in quel progetto fortunato.

Marco Bellocchio si è raccontato al pubblico del Parma Film Festival con delicatezza e autenticità, per presentare a 60 anni dalla sua uscita I pugni in tasca (Italia, 1965, 105’) in collaborazione con Cinematocco. A dialogare con il regista il produttore Simone Gattoni con Benedetta Bragadini e Filiberto Molossi. “Quello a cui sono interessato sono le emozioni dello spettatore e quello che prova – ha raccontato Bellocchio – Penso che si debbano rappresentare le cose pesanti e dolorose con una certa dose di ironia e con quella gentilezza che dovrebbero avere tutti gli artisti, anche per questo non mi rendevo conto dell’oggettiva provocazione di certe scelte estreme nei miei film.”

In merito alla sua carriera, lunga e costellata di successi, parlando del suo primo lungometraggio aggiunge di “non essere stato capace di andare per gradi, facendo il primo o secondo assistente, come tanti grandi registi hanno fatto. Allora mi sono inventato questa storia, che era la storia della mia vita, credendoci davvero, forse compensando tante cose della mia vita con cui non avevo fatto davvero i conti. Il primo giorno di set abbiamo girato la prima scena, che era quella della cena in cui si definivano i rapporti umani attorno ai quali avrebbe ruotato tutto il film. Fu allora che capimmo che I pugni in tasca poteva funzionare, che questo esperimento entusiasmante poteva riuscire.

È stato l’affare più grande della mia vita, e come tutto ciò che avviene per la prima volta è stata un’avventura irripetibile. Questo film ricorda la mia adolescenza, Piacenza, Bobbio, la mia famiglia. Non mi piace però vivere nei ricordi, ma nella realtà. Il mio interesse è catturare le emozioni di chi oggi è giovane e vede quest’opera per la prima volta. Cosa consiglio ai giovani che vogliono fare i registi? Questo è un mestiere ingrato, ma ci sarà un motivo se sono così numerosi quelli che hanno questa aspirazione.”

Sui progetti futuri Bellocchio cita la serie Portobello, dedicata al caso Tortora e in uscita il prossimo anno, e racconta di star lavorando “a un progetto su Sergio Marchionne, che rivoluzionò la FIAT. Da alcuni grandi personaggi della sinistra fu visto come un buon borghese, siccome però l’industria rientrò in crisi, lui fece una seconda operazione, vincente e audacissima, acquistando Chrysler. Una volta acquistata fece tanti utili, ma volle portare un certo tipo di contratto che era riuscito a far firmare a Detroit in Italia, e ciò con piacque per nulla ai sindacati. È questo quello che cercheremo di raccontare in questo film.” E a proposito di film, il pubblico è stato curioso di scoprire le opere preferite dal grande regista. “Ho visto e rivisto Quarto potere, Nosferatu e Metropolis, ma amo anche il surrealismo di Buñuel e il minimalismo di Bresson.”

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