
Recensione di “Penelope, Sebastian” dei Winter Dies in June.
Incipt da poetastro dilettante: se una fragola in inverno, costretta in una caotica macedonia, insinua sfuggenti indizi estivi sulle nostre tovaglie tra briciole e pelli di salame, i Winter Dies in June portano un nuovo romanticismo di matrice anglofona laddove meno te l’aspetti, tra le gonfie colline dove nasce la malvasia. Bene. Nessuno stupore però: bensì la norma dell’oggi iperconnesso. La dualità del Cabernet cileno: etimologicamente scorretto, ontologicamente ineccepibile.
In realtà il vitigno autoctono è stato trapiantato da quei migranti nel dopoguerra, che dalle vallate di Taro e Ceno hanno scelto la perfida Albione come terra in cui portare quei profumi di bosco e di mare ligure, soprattutto a beneficio della maldestra ristorazione inglese: operazione possibile, evidentemente, anche in musica.
Quella dei WDIJ è infatti proposta intrisa della sensibilità melodica del nostro territorio, declinata in forma anglosassone.
Lavoro “indie” sfaccettato e sfuggente una precisa catalogazione, per cui mi sbarazzo dell’analisi sonora rimandandola alle prestigiose, numerose ed entusiaste recensioni che abbondano in rete già dall’uscita del 13 aprile (leggi).
Mi preme invece puntare al cuore della bontà di questo lavoro sottolineandone i due punti di forza, urgenti, rari ed essenziali nella musica: la potenza narrativa e l’impatto emotivo. Ingredienti base di cui gronda “Penelope, Sebastian” che non possono essere mutuati dalla pedissequa applicazione delle regole musicali e che non possono essere copia-incollati dalla discografia delle star di riferimento. Questi elementi sono insiti nel genoma, maledettamente legati alla personalità dell’artista e alla contaminazione ambientale specifica: somma di psiche e ambiente, il bagaglio “verdiano-pucciniano” inconsciamente inciso nell’ipotalamo, che emerge pur in contesti totalmente estranei ad esso.
Le “local scenes” musicali sono ahinoi ammorbate da personaggi in cerca d’autore, senza serio spessore specifico, che intasano gli spazi affannosamente alla ricerca di ribalte anche politiche, per infliggerci testardamente la loro intrinseca insufficienza di talento, riverberando stancamente quelle due o tre rondini passate, che evidentemente non bastano per fare una primavera.
Nel caso dei WDIJ e nello specifico di Alain Marenghi trattasi fortunatamente del caso opposto: un fare silenzioso, probabilmente sofferto, spontaneamente refrattario all’autocompiacimento, ma che si incarna in materiale intenso, dall’elevata densità, frutto di cesello e ascolto, portatore di un talento naturale cristallizzato in un disco affascinante, barocco ed emotivo al contempo, immediato ed intellettuale.
Forse un prossimo lavoro potrebbe essere più sobrio, un sottobosco più sgombro da ricami arrangiativi e fitti intrecci ancora di influenza post rock, più essenziale: sia per limitare l’ambito dei riferimenti e acquistare ulteriormente in personalità, sia per dare ancora più corpo alla preziosa vocalità di Marenghi, proprio sulla traccia degli spunti proposti in evocativi e intelligenti squarci di synth, modernamente pseudo 80’s (bella novità di questa seconda raccolta) che emergono ad esaltare il compatto clima elettro-acustico creato. Forse.
Di certo la limitatezza della collocazione indie sarà delizia e croce di questa operazione; tanto incline a riconoscerne il valore, quanto scarsamente capace di passaggi ulteriori verso gli scenari più ampli che meriterebbe. Ma cosa importerebbe nel caso? Noi abbiamo la fortuna di poterne godere a piene orecchie, e magari incrociarli dal vivo senza oltrepassare i confini emiliani.
Sapete come diceva Wilde sulla felicità e sul desiderare ciò che si ha a portata di mano, senza andarlo a cercare chissà dove? Ecco.
VOTO 9/10
Max Scaccaglia
CONTATTI E ARTICOLI
https://www.facebook.com/winterdiesinjune/
https://www.rollingstone.it/musica/news-musica/winter-dies-in-june-in-anteprima-il-video-di-aeroplanes/2018-03-01/
https://www.rockit.it/winterdiesinjune/album/penelope-sebastian/41399
ASCOLTI CONSIGLIATI
Pulp – His ‘n’ hers (island – 1994)
Belle e Sebastian – If you’re feeling sinister (jeepster – 1996)
Mogwai – Come on die young (chemikal underground – 1999);
Pecksniff – Honey you’re murdering me (black candy records – 2006);
Isabel at Sunset – Meet the gang (tea kettle records – 2007);
Vancouver – Even my winters are summers (autoproduzione – 2008);
VIDEO
“Aeroplanes”. Regia di Stefano Poletti.