La Grande Bellezza della Batteria, quale il suo ruolo oggi

È del giugno scorso un’intervista sul prestigioso “Drumset Mag” al nostro Sandro Ravasini, titolo: “Studiare: la cosa più bella del mondo…”. E siccome suona così tanto “antimodernista”, così in controtendenza (sia per lo studio in generale, sia per la batteria in particolare), la voglia di chiedergli un approfondimento è stata irresistibile, ringraziandolo di cuore per aver accettato.

Evito volutamente i cenni biografici: chi si occupa di musica (a Parma e non solo), non può non conoscere Ravasini; e chi non lo conoscesse spero venga stimolato a cercarlo e ad ascoltarlo.

Ma sento che la classica intervista sarebbe uno spreco con tanto “capitale umano” a disposizione, un vero peccato, capitale appunto. Abbiamo quindi deciso di intavolare una polemica, un dibattito in pillole sul ruolo della batteria oggi e sullo studio della stessa. Considerazioni (aggiungo) assolutamente utilizzabili e utili per ogni attività, per ogni ambito…
Ovviamente (per vocazione) mi sono ritagliato il ruolo dell’advocatus diaboli. Al Maestro il compito di smontare le mie subdole ipotesi, la mia inquisizione.

Lo premetto, questa intervista per merito delle risposte date, è di per sé un “insegnamento”, l’esempio di un metodo, di un approccio alle cose finalmente serio; almeno per me lo è stato…

1. Max: “Inizio subito forte… Mi ricordo che già negli anni ‘90 circolavano cd con basi di batteria, registrati (correva voce) da gente come Colaiuta, Gadd ecc… spesso in incognito. Me li ricordo ancora in vetrina da Tomassone a Bologna.
Da allora ad oggi il mondo dei campioni e dei loop si è costantemente arricchito e perfezionato, fino ad arrivare alla Apple, che in programmi dedicati e relativamente economici come Pro Tools, consente di generare “in house” suoni di batteria altamente fedeli e facilmente adattabili ad ogni genere ed esigenza. Suoni che hanno letteralmente invaso i prodotti musicali di ogni genere e la tentazione di non considerare l’apporto di un batterista in carne ed ossa è sempre più attraente. Sei d’accordo? Come convive con tutto questo un batterista moderno?”.

Sandro: “L’elettronica nella musica ha fatto passi da gigante in effetti, come dici tu. Credo che i batteristi intelligenti e professionali abbiano e soprattutto debbano ancora oggi guardare a queste macchine in modo positivo e costruttivo. Io personalmente non sono mai stato molto dentro a questo mondo, ma un minimo di interesse lo devi avere, soprattutto se suoni pop, se componi, se scrivi libri ecc. Le drum machine sono state importantissime per il click, per le sequenze. Certo, se mi chiedi quanto tempo ci devi perdere, ti dico che prima viene lo studio della batteria, la lettura e la pratica con gli altri musicisti… comunque una mente aperta può fare entrambe le cose. Una cosa negativa delle macchine la devo dire però: un tempo, quando sbagliavi a registrare, dovevi rifare ed entrare nel punto e correggere mentre suonavi, non c’erano aiuti…. Oggi mettono tutto in griglia o quantizzano tutto, per cui tutti possono registrare un disco ecc… I batteristi della vecchia scuola infatti hanno 10 marce in più”.

2 Max: “Anche quest’estate hai lavorato al seminario di batteria a Borgo Val di Taro (Valtaro Drums 2017) col tuo amico Alfredo Golino. Negli anni ‘90 mi intrufolai ad una sua lezione milanese. Allora, in piena influenza fusion “GRP Records”-oriented, disse una cosa che mi colpì, ovvero che “il batterista è uno dei più grandi matematici”, o simile. In effetti nel suo lavoro, penso ai dischi di Raf, è evidente l’uso della divisione e delle scansioni ritmiche a totale servizio del pezzo, in modo sotterraneo, ma ferreo. Oggi invece, il Pop e il Rock in particolare, sembrano sempre maggiormente presi dall’“emozionale”, per cui il suonato ritmico deve rappresentare uno stato emotivo, perdere in “matematicità” e avvicinarsi a un battito, a un respiro quasi “umano”. L’importante, in questa visione, è ciò che si trasmette, che passa, in contrapposizione alla effettiva struttura della costruzione sonora.
Ritieni corretta questa considerazione? Ti va di approfondire l’opinione a riguardo, magari accennando ai riflessi sul percorso di studi?”.

Sandro:” Sì, perché mi sembra che molta didattica dia più importanza all’espressività che al metodo… Hai parlato di Golino, e chi meglio di lui può dar peso alle tue domande? Nel senso che lui rappresenta davvero quel giusto mix tra l’uso della matematica batteristica e l’emozionalità musicale. Credo che le due cose non si escludano. Dipende molto da cosa stai suonando, ma il rigore del tempo e delle esecuzioni non devono mancare. Più sei sicuro nel suonare e più ti puoi lasciare andare alla sensibilità e quindi trasmettere più emozioni, vedi nell’interplay nel jazz, nel groove, nel funky ecc… Ma senza mai eccedere: stai sempre suonando con altri, per cui suoni strutture e quindi gli ingressi e i finali non li puoi affidare all’emozione. Quelli sono campi obbligatori. Credo che per permetterti questo devi comunque aver suonato tanti generi musicali e quindi aver anche una grande esperienza di come affrontare ogni singola situazione”.

3 Max: “Tu, Helder Stefanini e Michele Morari siete tre batteristi molto diversi, ma che io trovo assolutamente e sempre degni, da soli, del prezzo di un biglietto per un concerto. Ascoltando in giro, però, noto sia sempre più difficile trovare musicisti con solida preparazione generale, rispetto invece a musicisti dall’approccio immediatamente specifico relativo ad un preciso genere; musicisti che, bisogna ammetterlo, comunque riescono ad avere una “resa” adatta ai contesti scelti. Una volta la scuola batteristica soprattutto, era preminentemente di matrice jazz, focalizzandosi sulle capacità base, per fornire ad ognuno, col tempo, una cassetta degli attrezzi adatta per approcciare qualsiasi genere in libertà. Oggi invece le scuole sembrano indirizzare fin da subito l’allievo allo stile di riferimento personale, quello preferito dall’allievo stesso. Non è un limite alla libertà di scelta nel futuro? Al potenziale espressivo e di approfondimento? È solo una mia impressione o sei d’accordo? Ti va di approfondire?”.

Sandro: ”Sì, è vero questo. La grande differenza, vedi, la fanno comunque i singoli insegnanti; ancora oggi! Io impongo in modo morbido, ma pretendo che tutti i miei allievi, o anche chi passa da me una sola volta, affronti “tutta” la batteria, nella sua totalità. Devi fargli capire che la tecnica del tamburo, la coordinazione degli arti, la lettura, la guida all’ascolto, l’accordatura, il suonare in gruppo ecc.. sono cose tutte fondamentali. Io potrei avere di fronte un potenziale allievo jazzista o metallaro, ma il mio lavoro deve essere quello di prepararlo su tutto, affinché lui poi trovi la sua strada, ma il suo background rimanga il più ricco possibile. Con Helder fummo dei veri pionieri. Fondammo il trio di batterie insieme a Gianluca Ubaldi: i “Drum Machine”. Erano i primi anni 90 e in Italia forse non c’era mai stato un gruppo di sole batterie. La Drummeria è nata 15 anni dopo… ed eravamo tutti diversi, io più fusion, Helder piu’ rock, Gianluca piu’ classico. Come vedi la versatilità è importante anche ai fini di un progetto. Negli stessi anni ricordo poi che insieme ad Helder abbiamo vinto il primo concorso di batteria italiano, a Foggia, come miglior duetto di batteria. Michele Morari è stato sicuramente uno dei miei migliori allievi. Oggi suona ad un grandissimo livello e nel campo del jazz sta facendo cose molto importanti. Un vero bambino prodigio. Davvero bravo”.

4 Max: “Contraddicendo la mia prima domanda, si può anche notare che la batteria, nonostante i suoi mille sviluppi e in ogni genere, sembra acquistare sempre più un ruolo centrale. Gli arrangiamenti si stanno facendo sempre più “scarni”, complici i formati digitali, sacrificando la complessità all’altare di una timbrica sempre in evoluzione. Insomma, oggi il suono di una band o di un artista è sempre più influenzato dal drumming. Non è un caso che dei batteristi siano diventati autentici “trendsetters” (oddio che parola che ho usato!!!).
Uno su tutti Dave Grohl, ex batterista dei Nirvana, con i suoi Foo Fighters e le innumerevoli collaborazioni. Una ricerca dell’essenziale, quasi un ritorno al primordiale e al groove, come ha detto anche Michele Morari qui su Parmadaily. Quali credi che siano i fattori coinvolti in questa trasformazione da strumento di accompagnamento a strumento guida del sound complessivo?”.

Sandro: “Quando prima dicevo la totalità nello studio della batteria intendevo più di tutto, naturalmente, il groove… il tempo, il “portamento”… Se non c’è quello niente funziona attorno a te! E la colpa spesso è tua, perché tutti si appoggiano alla batteria, al tempo, al ritmo, al groove. Se guardiamo ad uno dei più grandi di tutti i tempi, “Steve Gadd“, ormai un mito per tutti, e ascoltiamo la sua evoluzione, ci rendiamo conto di quanto questo Gigante della batteria sia stato così amato e richiesto da tutti nel mondo discografico e dei live… Ebbene la sua bravura stava nel dosare, per ogni situazione che affrontava, il minimo che bastava: concentrandosi sul groove prima di tutto e facendo girare bene il sound. Poi se per esempio l’artista era Chick Corea, allora poteva usare più tecnica, più fantasia, ma sempre al servizio della musica. Questo ha fatto diventare Gadd il numero uno della scena e questo secondo me vale per tutti: prima il groove giusto, che si crea soprattutto anche con gli altri, per cui orecchie aperte e poi tanta concentrazione sul timing…”.

5 Max: “Mio figlio di 7 anni è da un po’ che insiste per avere una batteria. Premettendo che nel caso lo manderei a lezione da te, cerca di convincermi… Perché un genitore, indipendentemente da ambizioni nel campo musicale, dovrebbe incoraggiare lo studio della batteria, anziché comprare un Ipad con divertenti batterie virtuali, zeppe di suoni e possibilità? Perché hai detto in Drumset Mag: “Studiare: la cosa più bella del mondo…”?”.

Sandro:”Innanzitutto avere un genitore, che, come te, manderebbe suo figlio a scuola di musica, è già una cosa meravigliosa e questo ti fa onore. Avvicinare un ragazzo, un bambino (io ne ho circa 70 e so cosa vuol dire), significa aprirgli un mondo di curiosità e di disciplina, di passione straordinaria. Nella musica c’è la fantasia, la libertà, la matematica, la precisione, il ritmo, la melodia, l’armonia dei suoni… Per quel che riguarda l’attrezzatura, so bene come è difficile suonare una batteria acustica in casa, e allora tanta gente compra delle cose strane, che vagamente assomigliano alle batterie vere. Ma oggi esistono anche delle batterie elettroniche molto buone, con bei suoni e grande sensibilità. Per cui, se sei davvero interessato, puoi trovare il modo di studiare ed allenarti molto meglio di quando iniziai io. Studiare è la cosa più bella del mondo, naturalmente se poi suoniamo con qualcuno e mettiamo in musica quello che pratichiamo sullo strumento! Ma il bello dello studio è anche quando sei solo a contatto con tutte le sfumature del tuo strumento, quando ogni giorno ne vedi e ne senti il risultato. Studiare il tuo strumento ti allarga le conoscenze e ti stimola ad approfondire nuove sonorità, nuove idee. Oggi purtroppo ho poco tempo per me e questa è una cosa che mi manca molto. Studio tra le assenze degli allievi… io alle scuole “normali” ero un disastro, avevo tutti 3 e 4. Ma quando la mia famiglia mi ha dato la grande opportunità di suonare, studiavo 9 ore al giorno!
Ero finalmente diventato un secchione !!!”

“Un saluto cordiale a tutti i lettori e a te caro amico max”. Sandro Ravasini.

Max Scaccaglia

RIFERIMENTI E ASCOLTI CONSIGLIATI:

Max Roach – Drums Unlimited (Atlantic Records, 1966);
Billy Cobham – Spectrum (Atlantic Records, 1973);
Con Steve Gadd: My Spanish Heart (Chick Corea, Polydor 1976) ) – Aja (Steely Dan, ABC 1977 ) – Up (Peter Gabriel, Virgin 2002);

LINK:
DRUMSET MAG giugno 2017
http://www.drumsetmag.com/sandro-ravasini-studiare-la-cosa-piu-bella-del-mondo/

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