
Rubrica TeoDaily – Ringrazio il direttore Andrea Marsiletti per lo spazio gentilmente concessomi su questo quotidiano online e ne approfitto per introdurre un altro punto di vista alla sua recente polemica contro l’Antico Testamento (leggi l’articolo † Stralciare il Vecchio Testamento? Un’eresia necessaria – di Andrea Marsiletti).
Per inserirmi in questo dibattito, però, vorrei prima ripercorrere brevemente l’evoluzione del metodo scientifico nel corso del ‘900 e fino a oggi. So che può sembrare paradossale, qualcuno probabilmente storcerà il naso, scienza e religione viaggiano su binari che non si intersecano, ma spero che, andando avanti con la lettura, si chiarisca il motivo che mi ha spinto a partire da questa argomentazione.
Fra gli effetti devastanti della crisi dei fondamenti che scosse l’intera comunità scientifica e filosofica a cavallo fra ‘800 e ‘900 ci fu anche uno spaesamento generalizzato degli studiosi che si occupavano di epistemologia, lo studio critico della natura e dei limiti della conoscenza scientifica. Nella prima metà del ‘900 nacque a Vienna un movimento filosofico noto come “circolo di Vienna” o come “positivismo logico”, basato sul principio che la filosofia debba aspirare al rigore metodologico proprio della scienza. Scienziati e filosofi di primissimo piano gravitarono intorno a questo gruppo, collaborando con i positivisti logici. Da questa collaborazione, come soluzione al problema di demarcazione fra scienza e pseudoscienza, nacque il concetto di principio d verificazione.
A questo principio seguì la critica di Popper che introdusse il concetto di falsificazione, cioè un criterio di demarcazione tra scienza e pseudoscienza secondo cui una teoria è scientifica soltanto se può essere potenzialmente confutata o smentita dai fatti empirici. Più una teoria è falsificabile (da non confondere con falsa), più è scientifica. In altre parole, più una teoria regge a tentativi di falsificazione, più ha basi scientifiche solide. In risposta a Popper, Thomas Khun introdusse il famoso principio del cambiamento del paradigma. Secondo Khun, infatti, non basta una falsificazione per far cadere una legge, ma ne occorrono diverse. E neppure basta far cadere una legge. Deve essere messo in crisi l’intero sistema di leggi che regola un determinato sistema e che, contemporaneamente, venga scoperto un nuovo sistema più rispondente alle esigenze della comunità scientifica.
A quel punto, e solo a quel punto, abbiamo il cambio di paradigma. Esempio classico, le teorie di Keplero e Copernico, e in genere la centralità del sole nel sistema solare. Un concetto che, prima di essere accettato, ha visto gli studiosi introdurre per secoli miglioramenti e aggiustamenti alla teoria aristotelico-tolemaica, teoria considerata valida fino a quando un nuovo sistema di leggi ha consentito il cambio del paradigma. Sostanzialmente oggi la posizione di Khun è quella accettata dalla comunità scientifica, al netto delle critiche introdotte poi da Lakatos e Feyerabend.
Fatta questa premessa, vorrei tentare di inquadrare la critica all’Antico Testamento mossa dal Direttore Marsiletti da un piano di osservazione compatibile con il concetto del cambio del paradigma e da un punto di vista totalmente laico (mi scuserà per questo il direttore).
† Papa Leone XIV non darà nessun valore aggiunto alla Chiesa. I preti e le monache sono la parte migliore della società (di Andrea Marsiletti)
L’Antico Testamento fu scritto nel corso di diversi secoli, più o meno dal X al III secolo a.C., ed era rivolto a un popolo sostanzialmente composto da pastori. A un certo punto della loro storia gli ebrei vengono a contatto con i macedoni di Alessandro Magno prima e con i Romani poi, popoli entrambi ellenizzati. È ragionevole pensare che, dopo dieci secoli e dopo contaminazioni con popoli culturalmente più avanzati, anche per alcune fasce della popolazione ebraica il Dio vendicativo e rancoroso dell’Antico Testamento non fosse più così in sintonia con la sensibilità del tempo. Ma questo non basta per il cambio di paradigma, abbiamo detto che una sola falsificazione non è sufficiente, occorre una teoria migliore che rimpiazzi quella vecchia.
Per fortuna ci vengono in aiuto L’Uno di Plotino e il neoplatonismo, che di fatto regala in toto tutto l’apparato filosofico necessario a sostenere una nuova religione monoteista ed un Ente Supremo più “raffinato” rispetto al sorpassato Dio dell’antico testamento. Tra l’altro, a questo punto, non più necessariamente rivolta a un solo popolo eletto, ma a tutta l’umanità. Infine, abbiamo l’accettazione di una nuova religione monoteista come religione di Stato da parte della classe dirigente romana. Ora sì che il cambio di paradigma è possibile: il Dio vendicativo del Vecchio Testamento ha lasciato il posto al Dio che con Sant’Agostino diventerà infinitamente buono, e tale rimarrà almeno fino alla comparsa di Nietzsche.
Paolo Mori