† La cananea che convertì Gesù: un’altra stella femminile che brilla nei Vangeli (di Andrea Marsiletti)

SMA MODENA

TeoDaily – I Vangeli di Matteo (15:21-28) e Marco Marco (7:24-30) raccontano un Gesù insolito, sprezzante, fieramente e dentro fino al collo a tutti i clichè ebraici. Sembra un personaggio uscito dal Vecchio Testamento.

E’ una delle pagine più ostiche dei Vangeli.

Si legge in Matteo: “Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone.”

Gesù è uscito da Israele per andare in Cananea. L’evangelista fa rivivere la storica inimicizia tra il popolo di Israele e i Cananei. Di ritorno dall’esilio in Egitto, la “terra di Israele”, la “terra promessa” agli ebrei dal Dio di Israele, era abitata dai Cananei. Va dà sè che l’Antico Testamento li descriva come un popolo idolatra, corrotto, libidinoso, malvagio, depravato, dedito alla pratiche più immorali.

Di ritorno in quelle terre, sotto la guida di Giosuè, gli israeliti rasero al suolo le città cananee. Del resto le istruzioni ricevute dal loro Dio erano chiare: “Dovresti votarle senza fallo alla distruzione. Non devi concludere nessun patto con loro né mostrar loro alcun favore”. In ubbidienza a questo comando, “Giosuè non lasciò rimanere alcun superstite, e tutto ciò che respirava lo votò alla distruzione, proprio come Geova l’Iddio d’Israele aveva comandato”. (Deut. 7:2; Gios. 10:40.)

Eh sì, quando capita tra le mani l’Antico Testamento ti tocca leggere di un Dio che ordina lo sterminio di donne e bambini, persino di tutti gli animali…

Matteo prosegue: “Ed ecco una donna cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.

Gesù, di solito accogliente con tutti, non la degna neanche di uno sguardo. E’ una cananea, una nemica di Israele.

Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele».

Questa è una frase che lascia di stucco: Gesù dichiara di essere venuto solo per Israele, per il “popolo eletto”, non per gli altri. Sembra non abbia ancora ben chiara la sua missione di salvatore di tutta l’umanità. Una dichiarazione che non è un unicum: “Non andate tra i pagani e non entrate in nessuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto verso le pecore perdute della casa d’Israele” aveva detto poco prima (Mat 10:5-6). E ancora: “Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.” (Giovanni 4:22-23).

Messaggi ben diversi dall’appello finale di Gesù, sempre nel vangelo di Matteo (28:19): “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Matteo continua: “Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Gesù insiste nel suo ebraismo intransigente: non posso togliere il pane dei figli di Israele per darlo a voi pagani. E poi passa addirittura all’insulto, quando definisce la cananea un cagnolino. I cani per gli ebrei sono animali impuri, associati alle carogne e guardati con disgusto. Non a caso all’epoca di Gesù la distinzione tra “figli” e “cani” era la distinzione che separava i membri del popolo d’Israele dai gentili.

Lei insiste, si umilia. Sì, sono un cagnolino ma anche per noi c’è la salvezza.

Gesù, che ha sempre la parola giusta e vincente in ogni occasione, qui, per la prima volta in tutti i vangeli, perde il confronto dialettico, viene confutato dalla cananea, da una pagana.

Sembra che sia lei a fargli capire ed esplicitare che la sua missione è la salvezza di tutti i popoli, non solo del popolo di Israele.

San Tommaso ha giustificato Gesù attribuendo alle sue parola una scala di priorità: “Bisogna dire che fu mandato a tutti per radunare tutti in una casa sola, ma fu mandato prima ai giudei per trasferire i giudei alle genti. Una seconda ragione fu che il Signore infonde in tutti ciò a cui sono disposti; ora, molti fra i giudei erano già disposti alla fede. E come il fuoco agisce prima di tutto sulle cose vicine, così il Signore in base alla carità vuole agire innanzitutto su quelli che erano vicini.”

Per carità, sarà come dice lui.

Io (non da solo) in questo brano vorrei assumere fino in fondo l’incarnazione di Gesù, la sua natura umana, e quindi un’evoluzione del suo pensiero, una crescente sua consapevolezza sul ruolo universale che è chiamato a svolgere.

Intorno all’unica tavola c’è la possibilità di un pasto contemporaneo tra i figli d’Israele e gli stranieri.

Una donna, una pagana, ha convertito Gesù.

Benvenuto nel Nuovo Testamento!

La cananea, un’altra stella femminile che brilla nei Vangeli.

Andrea Marsiletti