
Il 16 ottobre 1968 gli atleti statunitensi Tommie Smith e John Carlos vengono espulsi dalla nazionale olimpica. Pochi giorni prima, alle Olimpiadi di Città del Messico, dopo la finale dei 200 m (in cui erano giunti rispettivamente 1° e 3°) erano saliti sul podio scalzi ed avevano ascoltato l’inno nazionale a capo chino, sollevando un pugno un guanto nero, a sostegno del movimento Olympic Project for Human Rights.
Nel 1968 Tommie Smith vinse la medaglia d’oro sui 200 m nella finale olimpica di Città del Messicocon il tempo di 19″83, primo uomo al mondo a scendere sotto il limite dei 20 secondi, precedendo l’australiano Peter Norman e il connazionale John Carlos. Il suo record mondiale sarebbe rimasto imbattuto per 11 anni, finché nel 1979 Pietro Mennea conquistò, sempre a Città del Messico, il nuovo record, con il tempo di 19″72 (che a sua volta rimase imbattuto per 17 anni fino al 1996).
Durante la cerimonia di premiazione, Smith e Carlos diedero vita a quella che probabilmente è ricordata come la più famosa protesta della storia dei Giochi olimpici: salirono sul podio scalzi e ascoltarono il loro inno nazionale chinando il capo e sollevando un pugno con un guanto nero, a sostegno del movimento denominato Olympic Project for Human Rights (Progetto olimpico per i diritti umani) e, più in generale, del potere nero.
Il gesto destò grande scalpore. Molti, a cominciare da Avery Brundage, a quel tempo presidente del CIO, lo considerarono fuori luogo ritenendo che la politica dovesse rimanere estranea ai Giochi olimpici. Molti lo deprecarono, ritenendo che avrebbe messo in cattiva luce l’intera rappresentativa statunitense e recato danno alla nazione americana. Altri, invece, espressero solidarietà ai due atleti, encomiando il loro coraggio. Da segnalare che anche il secondo classificato, l’australiano Peter Norman, al momento della premiazione indossò il distintivo dell’Olympic Project for Human Rights e per questo gesto sarebbe stato discriminato in patria negli anni successivi.
Per decisione dello stesso Brundage, Smith e Carlos furono sospesi dalla squadra statunitense con effetto immediato ed espulsi dal villaggio olimpico. Tornati in patria, i due atleti subirono altre ritorsioni, dovettero abbandonare la loro carriera di duecentisti e ricevettero numerose minacce di morte.