
Il 2 settembre 1666 un grosso incendio scoppia a Londra.
Il Grande incendio di Londra fu un incendio che si propagò nella City di Londra dal 2 al 5 settembre 1666 (12-15 settembre in calendario gregoriano), distruggendola in gran parte. Prima di questo, l’incendio del 1212, che distrusse una grossa parte della città, era conosciuto con lo stesso nome. Successivamente il raid incendiario condotto sulla città dalla Luftwaffe, il 29 dicembre 1940, divenne noto come il Secondo grande incendio di Londra.
L’incendio del 1666 fu una delle più grandi calamità nella storia di Londra. Distrusse 13.200 abitazioni, 89 chiese parrocchiali, 6 cappelle, 44 Company Hall, la Royal Exchange, la dogana, la Cattedrale di Saint Paul, la Guildhall, il Bridewell Palace e altre prigioni cittadine, la Session House, quattro ponti sul Tamigi e sul Fleet, e tre porte della città. Il numero di vite perse nell’incendio non è conosciuto, anche se tradizionalmente viene ritenuto abbastanza ridotto.
L’incendio scoppiò di domenica mattina, il 2 settembre 1666. Iniziò in Pudding Lane, nella casa di Thomas Farrinor (scritto anche Farriner, Fraynor, Farryner, o Farynor), un fornaio del re Carlo II. È probabile che l’incendio abbia avuto inizio perché Farrinor dimenticò di spegnere il forno prima di ritirarsi per la sera e che poco dopo la mezzanotte alcuni tizzoni ardenti abbiano dato fuoco a della legna posta nelle vicinanze. Farrinor riuscì a scappare dall’edificio in fiamme insieme alla famiglia, uscendo da una finestra del piano superiore. La domestica del fornaio non riuscì a fuggire e fu la prima vittima che morì tra le fiamme.
Nel giro di un’ora dall’inizio dell’incendio, il sindaco di Londra, Sir Thomas Bloodworth, venne svegliato dalla notizia. Non ne fu comunque impressionato, dichiarando che: «una donna potrebbe estinguerlo con una pisciata».
Molti degli edifici di Londra all’epoca erano costruiti con materiali combustibili, ma ben resistenti al fuoco, come il legno strutturale, a cui però venivano accostati altri materiali altamente combustibili, come la paglia. Le scintille che partivano dal negozio del fornaio ricaddero sulle costruzioni adiacenti. Spinto da un fortissimo vento, una volta innescato, l’incendio cominciò a diffondersi. Ma la diffusione del fuoco fu aiutata fondamentalmente dal fatto che gli edifici erano costruiti troppo vicini l’uno all’altro, con solo stretti vicoli tra loro. L’esperienza del grande incendio di Roma non aveva insegnato nulla ai londinesi, da un punto di vista urbanistico.
« Poi, la città tremò fortemente, e gli abitanti tremarono altamente, e scapparono via con grande stupore dalle loro case, per paura che le fiamme li potessero divorare: rattle, rattle, rattle, fu il rumore del fuoco che colpì l’orecchio tutto intorno, come se ci fossero stati mille carri di ferro a battere sulle pietre. Sarebbe stato possibile vedere le case cadere, cadere, cadere, da un lato all’altro della strada, con enorme rumore, lasciando le fondamenta aperte alla vista del cielo. »
Nel 1666 Londra andava appena riprendendosi dalla peggiore pestilenza della sua storia (dopo quella del 1349-1350). Anche questo influì in maniera negativa sul propagarsi dell’incendio. Molte case erano sfitte, o perché i suoi abitanti erano morti o perché si erano trasferiti altrove per cercare riparo dall’epidemia. È facile capire che pochi erano gli abitanti che si preoccuparono immediatamente di spegnere le fiamme in quelle case vuote e sfitte. In secondo luogo la peste, riducendo il numero degli abitanti, aveva ridotto anche quello delle persone in grado di combattere contro le fiamme, diminuendo il numero di volontari che, dai quartieri non coinvolti nell’incendio, puntavano ai quartieri in fiamme.
La procedura standard all’epoca per fermare la diffusione del fuoco era sempre stata quella di distruggere le case sulla strada delle fiamme, creando così delle “fasce tagliafuoco”, con l’intento di privare l’incendio di combustibile. Il progresso del fuoco forse avrebbe potuto essere frenato, ma ciò non fu possibile per la condotta del Lord Mayor, titubante nel dare gli ordini di buttare giù alcune case, preoccupato dai costi di ricostruzione. Il sindaco fece la scelta sbagliata, di affidare il compito di spegnere le fiamme a squadre di emergenza al soldo di alcuni uomini benestanti di Londra. Questi possedevano molte proprietà nella città ed erano disposti a chiudere un occhio per far divampare le fiamme verso i magazzini e le proprietà di altri nobili loro concorrenti. Le squadre furono inviate a demolire le case, ma spesso le macerie erano troppe per essere sgomberate prima dell’arrivo del fuoco ed anzi per lo più facilitarono la sua diffusione. Il fuoco divampò incontrollato per altri tre giorni, fino a quando si fermò vicino alla Chiesa del Tempio (Temple Church). Poi, improvvisamente balzò nuovamente alla vita, proseguendo verso Westminster. Il duca di York (poi re Giacomo II), ebbe la presenza di spirito di ordinare la demolizione della Biblioteca (Paper House) per bloccare le fiamme… il fuoco, infine, si spense.
L’unico effetto positivo del Grande Incendio di Londra fu che la peste diminuì notevolmente, a causa della morte in massa dei ratti portatori dell’infezione.