Ex bandito-carcerato: “Volevamo rapire Zola e chiedere il riscatto a Tanzi”

Fabrizio Maiello giocava nella Primavera del Monza, un brutto infortunio lo ha trasformato in un bandito. In carcere lo chiamavano Maradona, giocava con il boss della banda della Magliana e da latitante ha provato a rapire Zola.

Lo scrive il sito gianlucadimarzio.com.

In permesso premio nel ‘94 gli dà l’opportunità di rivedere la luce, una pazza idea lo mette sulle tracce di Gianfranco Zola, all’epoca stella del Parma: “In quel periodo ero latitante – ricorda Fabrizio – ero con altre persone, tutte appassionate di calcio. Giravamo tutta l’Italia e siamo andati a vedere qualche allenamento del Parma. Zola in quel periodo era il giocatore più rappresentativo della società. Ci era venuta questa idea: un rapimento lampo di 24/48 ore per richiedere il riscatto a Tanzi. Ci sembrava una bella opportunità”.

Il piano era pronto: “Lo avremmo seguito con due macchine per speronarlo in strada e farlo salire sull’altra vettura”. L’incontro con il calciatore ha fatto però saltare tutto: “Lo stavamo seguendo quando si è fermato ad un distributore di benzina. Siamo scesi anche noi, volevamo aspettarlo. Gianfranco però ci è venuto incontro, sorrideva e ci ha chiesto se volessimo un autografo. È in quel momento che ho pensato ‘ma cosa sto facendo? Ma lasciamo stare’. Abbiamo scambiato due parole, gli ho detto che ero un tifoso del Napoli e gli ho chiesto un autografo”.

In quel momento qualcosa è cambiato: “Gli ho dato la mia carta d’identità, me l’ha firmata, ma il suo sguardo è cambiato: si è irrigidito”. Colpa dei tatuaggi: “Ha buttato un’occhiata alla mia mano, lì sopra ho inciso sulla pelle i cinque punti della malavita, non un tatuaggio come un altro. Quello identifica un criminale, si fa solo in carcere”. Zola affretta il passo e monta in macchina, Fabrizio e la sua banda lo seguono ma la decisione era stata già presa: “I miei compagni mi dicevano di speronarlo, io non volevo. L’ho seguito per un paio di chilometri, poi ho suonato il clacson, l’ho salutato e l’ho lasciato andare”.

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