Tributo a Lou Reed: Venus in Furs

SMA MODENA
lodi1

29/10/2013
h.11.00

Nei giorni scorsi si è spento all’età di 71 anni Lou Reed, cantante e chitarrista dei Velvet Underground e poi solista. Il sottoscritto ha avuto il privilegio di assistere sia ad un concerto dei Velvet che di Lou da solista.
ParmaDaily decreta un periodo di lutto per 30 giorni… ogni giorno proporremo ai nostri lettori un brano del più grande talento musicale della storia della musica.
Iniziamo con Venus in Furs, a mio giudizio il loro capolavoro. 

« Kiss the boot of shiny shiny leather
Shiny leather in the dark
Tongue the thongs, the belt that does await you
Strike dear mistress and cure his heart »
« Bacia lo stivale di cuoio lucido
Cuoio lucido nell’oscurità
Lecca le cinghie, il laccio che ti sta aspettando
Diletta signora colpisci e abbi cura del suo cuore »
(Venus in Furs, Lou Reed)

Venus in Furs è un brano musicale del gruppo rock d’avanguardia The Velvet Underground, scritto da Lou Reed e originariamente pubblicato sul loro album di debutto del 1967 The Velvet Underground & Nico. La canzone trae ispirazione dal romanzo Venere in pelliccia scritto da Leopold von Sacher-Masoch, includendo nel testo accenni al sadomasochismo, al bondage e alla dominazione/sottomissione sessuale. 
La musica contiene il suono cacofonico e ipnotico della viola elettrica di John Cale e della “Ostrich guitar” di Reed, una chitarra con tutte le corde accordate sulla stessa nota.
La canzone era la preferita di Sterling Morrison, il quale affermava spesso che in questo brano, come in nessun altro, avevano raggiunto il suono che la band aveva in mente.
La canzone, la cui composizione risale al 1965, è la prima descrizione esplicita di un rapporto sadomasochistico padrone-servo mai apparsa in un brano di musica rock. Lou Reed si ritaglia il ruolo di spettatore che incita l’azione tra i due amanti, identificandosi prima con la dominatrice e poi con il suo fedele “schiavo”. L’ossessiva cadenza musicale evoca un clima morboso e perverso che ben si adatta alla scena descritta. Non manca però una nota malinconica nel finale, il gioco d’amore non è erotismo spensierato, ma un disperato tentativo di fuggire dalla monotonia dell’ordinario, da un’angosciata esistenza incanalata nei dettami di una vita borghese: «I am tired, I am weary / I could sleep for a thousand years / A thousand dreams that would awake me / Different colours made of tears» (Sono stanco, sono esausto / Potrei dormire per un migliaio di anni / Un migliaio sono i sogni che potrebbero svegliarmi / Colori differenti, fatti di lacrime). Solo attraverso il sogno è possibile evadere dal quotidiano, provando nuove sensazioni attraverso il dolore.
Il brano era un appuntamento fisso durante gli show dell’Exploding Plastic Inevitable, dove veniva eseguita dal gruppo mentre i ballerini Gerard Malanga e Mary Voronow, entrambi muniti di fruste, interpretavano i personaggi del testo.

Andrea Marsiletti