
06/07/2013
h.16.30
La socializzazione con i lettori di ParmaDaily del mio viaggio da inviato speciale a Cuba (leggi a piè pagina gli altri articoli del reportage “Cuba libre”) non poteva che terminare col pellegrinaggio da pelle d’oca nel luogo più sacro dell’isola de la rivolution, nel tempio del comunismo mondiale: il mausoleo di Che Guervara a Santa Clara, il monumento funebre che custodisce i resti del rivoluzionario e dei suoi compagni uccisi nel 1967 in Bolivia.
Presso il mausoleo, inaugurato da Fidel Castro nel 1998, ci sono un museo dedicato alla vita del Che e una fiamma eterna in sua memoria (guarda le foto!).
Quando chiedevo ai cubani che ho conosciuto “Sei contento di Fidel?”, quasi tutti mi rispondevano con uno sbrigativo “Fide va bene”. Difficile comprendere quanto in questa risposta ci fosse di convinzione o di timore nel sostenere il contrario. Se, invece, domandavo un giudizio su Che Guevara, gli occhi dei cubani si illuminavano di ammirazione, le risposte erano entusiaste e sincere.
A Cuba Che Guevara non è solo “il comandante” ma, come dice Giovanni Sole, un eroe.
Come tutti gli eroi, il Che combatte contro il mostro che affama e inghiotte la povera gente, compie imprese meravigliose che suscitano stupore ed emulazione, rinuncia, in nome di una giusta causa, alla tranquillità e al potere di ministro per affrontare sacrifici e pericoli, acquista via via una saggezza, una nobiltà e una forza d’animo che lo fanno apparire come un profeta e una guida.
Il Che non è un eroe medievale perché non è fedele ad un re. Non è un eroe romantico perché la sua vita non è basata solo sullo spirito. È un eroe morale perché rappresenta la lotta dell’uomo contro se stesso. È un eroe internazionalista perché è l’argentino che va a fare la rivoluzione a Cuba, poi in Congo, per morire in Bolivia; è un eroe universale perchè non lotta per la patria, ma per l’umanità, diventando il simbolo della speranza per un continente e per un’intera classe sociale in cerca di emancipazione.
Sul piano dell’etica, i cubani vedono nel Che più un santo che ad un eroe. Pochi altri sono riusciti ad incarnare in modo così esemplare la mentalità e la sensibilità dell’uomo cristiano. Egli appare come una figura ideale, modello di virtù superiori, emblema dell’amore disinteressato, del martire che si fa crocifiggere in Bolivia per la salvezza del mondo. E’ il combattente che è diventato icona del pacifismo internazionale.
Guevara che, a capo della sua colonna ribelle, sconfigge i soldati di Batista a Santa Clara e che poco dopo entra da liberatore all’Avana, è un eroe epico.
Il Che, isolato e braccato dai soldati di Barrientos nella foresta boliviana e colpito a morte nella scuola di Higueras, è un eroe tragico. È tale perché la sua vita è contrassegnata da un crescendo di sofferenze, perché consapevolmente va incontro al suo destino, perché insieme a lui muoiono i grandi ideali per cui si era battuto, perché la sua è una morte nobile, prematura, da giovane e bello, che lo rende immortale. La figura di Ernesto Guevara è assurta alla dimensione del “mito”. La fotografia del Che scattata nel 1960 dal fotografo Alberto Korda (vedi a fianco) e da questi regalata all’editore italiano Giangiacomo Feltrinelli è una delle immagini più famose del XX secolo, tanto da essere stata la più riprodotta in assoluto della storia della fotografia su stampe, bandiere, poster, tappetini per il mouse, felpe, bandane, bikini, tatuaggi, T-shirt, ancora più di quelle di John Lennon o Jim Morrison.
I suoi sono occhi che guardano lontano, fino alla vittoria, sempre.
Andrea Marsiletti
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