
16/01/2015
ACCADDE OGGI: Per protestare contro l’occupazione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia iniziata nell’Agosto del 1968 per stroncare la svolta democratica che il governo di Alexander Dubcek stava cercando di portare avanti, il ventenne Jan Palach, studente di filosofia presso l’università di Praga, si diede fuoco. Il 16 gennaio 1969 si recò in piazza San Venceslao e, dopo essersi fermato di fronte alla scalinata del Museo Nazionale, nella parte più alta della piazza, si cosparse di benzina e si appiccò fuoco con un cerino. Jan rimarrà in agonia 3 giorni, durante i quali trovò la forza di spiegare le ragioni del suo gesto, prima di morire il 19 Gennaio.
Il suo atto fu il risultato di una scelta condivisa da altri giovani studenti ispiratisi ad alcuni monaci buddisti del Vietnam del Sud, i quali avevano protestato nei primi anni ’60 contro le persecuzioni subite ad opera del governo di Saigon e si erano dati fuoco nelle piazze della capitale. Negli appunti di Palach, ritrovati dopo la sua morte, si legge il seguente brano: “Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana”.
Al funerale di Jan parteciparono quasi 600.000 persone, in aperta sfida alle disposizioni militari che proibivano le aggregazioni in pubblico. Nei mesi successivi altri 7 giovani si immoleranno allo stesso modo per la libertà del proprio popolo, ma le loro storie, coperte dalla censura filo-sovietica, non arrivarono in Occidente se non dopo la caduta del Muro di Berlino vent’anni dopo. Oggi Jan Palach è ricordato nella piazza omonima al centro di Praga e da un monumento che commemora il suo sacrificio e quello dei suoi compagni.
Alessandro Guardamagna