Regolamento di Polizia Urbana, “editto di sapore medievale”

SMA MODENA
lombatti_mar24

22/11/2014
h.14.40

Come proposto dall’Amministrazione comunale ho analizzato con attenzione la bozza di regolamento di Polizia Urbana recentemente proposto alla città.
L’ho fatto nella speranza di trovarmi di fronte a un testo che raccogliesse disposizioni snelle e chiare a cui i cittadini potessero attingere con chiarezza per lo svolgimento delle proprie attività.
Devo dire purtroppo che ciò che mi sono trovato di fronte è un insieme di norme repressive, ripetitive e pesanti che rende l’intero documento molto simile a un editto di sapore medievale.
Un esempio su tutti è il comma e dell’articolo 2 che addirittura reintroduce il concetto di classi sociali per parlare di ambiente urbano.
Da una lettura rapida emerge poi la volontà di impressionare il cittadino in realtà limitandosi a ribadire o a far proprie disposizioni già previste dal codice penale come nel caso della mediazione sociale da parte della polizia Municipale.
La legge infatti nel Tulps demanda alla sola Polizia di Stato – e nemmeno alle altre polizie – la normativa relativa alla “bonaria composizione dei dissidi privati”.
Qua e là emerge quella stessa tentazione dirigistica che aveva ispirato la “Carta di Parma”, esperimento che ha mostrato tutti i suoi limiti e che diverse sentenze della Cassazione ha definitivamente affossato annullando norme emanate dai Comuni che erano “contra legem” o addirittura in contrasto con i principi costituzionali come nel caso dell’attività di contrasto e repressione della prostituzione.
Bisogna battersi per una riforma della legge Merlin e non cercare di colmare vuoti legislativi con il rischio, appunto, di commettere abusi.
Ci sono passi come l’articolo 18 “Divieto di inzaccherare” che suscitano anche ilarità per l’inutilità di riproporre disposizioni già previste dal Codice della Strada. Altrove invece il regolamento si sostituisce anche al buon amministratore di condominio!
L’articolo 49 “Sanzione alternativa alla sanzione pecuniaria” raggiunge l’apice dell’arroganza nel concentrare i poteri in un unico soggetto, il Comune, non tenendo conto del fatto che in Italia vige il principio della separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario). In questo caso il Comune, attraverso tale regolamento raggruppa in tale articolo i tre poteri divenendo in tal modo emanatore di disposizioni, sanzionatore e giudice indicando un modo alternativo di scontare la pena. Tutto ciò appare alquanto in contrasto con le normative nazionali e fortemente impregnato di di una cultura di vecchio stampo che si vuol far passare per nuova.
La sicurezza urbana, a mio parere, è tutt’altra cosa.
Ad esempio, anziché limitare i controlli previsti dal punto 6 dell’articolo 11 agli alloggi di edilizia residenziale pubblica si potrebbe prevedere, in accordo con il Questore e l’Ausl, di effettuare controlli sull’abitabilità e le condizioni igienico sanitarie di quegli edifici che, pubblici o no, risultano in condizioni più che fatiscenti. Questo porterebbe sia all’identificazione di cittadini che magari non hanno titolo per risiedere in città ma soprattutto a sonore sanzioni nei confronti dei proprietari degli alloggi che affittano in nero.
La chicca finale, che illumina quanto fin qui detto si riassume nell’ultimo articolo, il n° 54, che così recita: “Sono abrogate tutte le norme contenute in regolamenti/ordinanze/provvedimenti comunali antecedenti e in contrasto con il presente regolamento”.
Ciò lascia quindi presupporre che quelle “non in contrasto” rimangono in vigore e quindi mancando clamorosamente anche l’obiettivo minimo che un regolamento di questo genere dovrebbe perseguire: semplificare la vita del cittadino.

Roberto Ghiretti
Parma Unita