
Caro Direttore,
posso condividere in generale la tendenza di natura storica di Parma a vivere di una rendita di immagine (leggi “30 anni di parmigianità, di salotti della “Parma che conta”, di nulla” – di Andrea Marsiletti) salvo alcune cose che bisognerebbe meglio soppesare, poiché reali anche se meno visibili, come una qualità di vita e di servizi urbani comunque superiore a tante altre realtà italiane, questo non dimentichiamocelo.
Tra le evidenze alla fin fine abbiamo una tangenziale che funziona, un’EFSA con grandi potenzialità purtroppo poco coinvolta, apriremo a breve un nuovo padiglione oncologico, ecc. ecc.
Poi certo abbiamo realizzato il Ponte Nord, epifenomeno del velleitarismo politico fine ’90, ma abbiamo evitato di realizzare una metropolitana altrettanto velleitaria quanto devastante per il futuro del bilancio cittadino.
Volevo però ricordarle che una ventata di progettualità tra il 2013 e il 2017 a Parma l’abbiamo pur vissuta e grazie all’Università del Rettore Borghi con il quale abbiamo concepito il progetto Mastercampus, cioè un grande quanto realistico disegno di sviluppo urbano in senso non solo fisico ma anche di qualità ambientale, culturale, sociale, economica.
Cito in sintesi la riqualificazione e apertura museale dello CSAC a Valserena, la ristrutturazione della casa dello studente nel plesso D’Azeglio, la riqualificazione Erasmus del polo di San Francesco con l’avvio del progetto per lo studentato, le nuove aule di Medicina ma soprattutto il progetto che doveva fare del Campus di via Langhirano un vero e proprio quartiere urbano modello.
Si sono realizzate da subito piste ciclabili e percorsi pedonali attrezzati, la piazza giardino fotovoltaica, l’apertura della Aule delle Scienze, la nuova biblioteca di Ingegneria e Architettura, il Tecnopolo, la sede di Vislab-Ambarella ecc. ecc. dove cioè le competenze dei ricercatori dei diversi dipartimenti potevano trovare applicazione sperimentale all’interno del Campus stesso. Ma soprattutto era in programma la realizzazione di alloggi per 5.000 studenti all’interno del Campus per farlo vivere giorno e notte, una ristorazione centrale a carattere innovativo, padiglioni museali e aule studio a complemento delle biblioteche dipartimentali conformanti una piazza centrale secondo le tipologie dei campus più avanzati europei ed extraeuropei.
A questo si aggiungeva il progetto speciale del Food Project, per fortuna oggi in via di ultimazione, ma anche dei Food Labs dedicati alle start up che avrebbero potuto localizzarsi sul fronte rurale sud del campus. Infine in fase molto avanzata, il Mastercampus prevedeva la realizzazione di InnoHub, una sorta di incubatore e attrattore di imprese interessate a posizionare la propria attività di ricerca su innovazione di processo e di prodotto a complemento della ricerca universitaria.
Avevamo già avuto la preadesione di 38 aziende tra cui almeno 8 di livello internazionale che avrebbero sicuramente favorito il trattenimento dei nostri migliori neolaureati ma anche determinato un fattore di attrazione per quelli esterni al nostro contesto con ricadute positive immaginabili su tutto il tessuto produttivo. E in questo processo, glielo garantisco, erano proprio i giovani la componente più coinvolta e protagonista oltre che la più chiamata ad impegnarsi operativamente.
Un’ultima considerazione va fatta in merito alla sua riflessione. Credo che il rapporto pubblico privato vada coltivato in una società complessa, ricca di attori e a responsabilità diffusa come la nostra, al tempo stesso la progettualità pubblica deve assumersi, direi ontologicamente, il compito dell’incipit, della visione iniziale, degli indirizzi e degli obiettivi generali. Come Università pubblica, in quegli anni, ci siamo sentiti di averlo fatto nell’interesse di tutta la città.
Prof. Carlo Quintelli
già pro-Rettore all’edilizia e allo sviluppo urbano