Dalla cultura fascista al dovere della solidarietà: contro il disprezzo, per un’umanità che non abbandona (di MarcoMaria Freddi)

SMA MODENA
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C’è una linea nera che attraversa la storia d’Italia.

Una linea fatta di disprezzo, di colpevolizzazione della povertà, di persecuzione dei fragili.

Durante il ventennio fascista, i poveri non erano persone da aiutare, ma scarti da occultare, da rieducare, da punire. Erano, nella propaganda del regime, “oziosi”, “asociali”, “deviazionisti”. Il fascismo non riconosceva la povertà come esito di un’ingiustizia sociale o di un fallimento collettivo, ma come colpa individuale. I poveri, in quella visione totalitaria, disumana e criminale, erano colpevoli di esserlo.

QUESTA IDEOLOGIA NON È SCOMPARSA. HA SEMPLICEMENTE CAMBIATO LINGUAGGIO.

Riemerge oggi, nella Parma del 2025, quando un consigliere comunale di Fratelli d’Italia – erede politico e ideologico del Fascismo, della criminale Repubblica Sociale di Salò e del Movimento Sociale Italiano – ha pensato bene di pubblicare sui social la foto di due persone che vivono per strada, indicandole come “scandalo urbano”.

I commenti sotto a quel post raccontano tutto: inviti a usare gli idranti, a cacciare, a reprimere. Commenti impregnati di rabbia cieca, di disprezzo per chi è povero, per chi soffre, per chi non ha nulla.

Si chiamano Stefania e Angelo. Sono italiani (bianchi e cristiani), sono fragili, sono malati. Ma per chi guarda con l’occhio della propaganda fascista, non contano le storie, non contano i nomi. Conta solo il fastidio visivo, l’invito implicito alla rimozione: via dai teatri, via dai portici, via dai luoghi “dei signori”.

Ma proprio dai portici di Parma, città medaglia d’oro della Resistenza, vogliamo ricordare che l’Europa civile è nata dall’orrore del fascismo e della guerra. I principi della Costituzione italiana, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, delle convenzioni europee e internazionali sulla dignità umana nascono proprio per impedire che il disprezzo diventi sistema, che l’odio contro i più deboli torni norma, che la cultura dell’abbandono si trasformi in violenza politica.

LA POVERTÀ NON È TUTTA UGUALE.

Ci sono poveri che lavorano e non possono permettersi una casa. Ci sono poveri senza documenti, con disturbi mentali e/o dipendenze, persone che hanno perso tutti gli affetti. Ci sono poveri dimenticati dalle famiglie, dallo Stato, dalla Chiesa. Ma in comune hanno tutti la stessa condanna: essere considerati colpevoli della propria sofferenza, come voleva il fascismo.

E OGGI COME ALLORA, A QUESTA VISIONE SERVE RISPONDERE CON UN FRONTE LARGO, UMANO, POLITICO E SOCIALE.

A Parma, molte associazioni, lavorano ogni giorno con queste persone. Le chiamano per nome. Le guardano negli occhi. Le accompagnano nei servizi, nelle case, nei percorsi di recupero. Lo fanno non per pietismo, buonismo o umanesimo cristiano ma per giustizia. Perché chi si aggrappa a chi crede in una società giusta, deve potersi rialzare.

Chi strumentalizza le persone senza tetto per propaganda politica non è interessato né alla sicurezza né al decoro. È interessato a coltivare rancore. Ma il vero scandalo urbano non sono Stefania e Angelo: è chi si crede moralmente superiore solo perché ha un tetto, ignorando che ogni diritto negato agli ultimi è un diritto indebolito per tutti.

L’Italia democratica, quella che ha conosciuto la fame, la guerra, le persecuzioni, non può permettersi di tornare a odiare i poveri. La sicurezza vera non nasce dalla repressione dei più fragili, ma dalla giustizia sociale, dalla dignità riconosciuta a ciascuno. Se oggi viviamo in una società libera, è perché qualcuno ha detto “mai più” all’indifferenza, all’umiliazione, alla ferocia.

Quel “mai più” vale anche oggi. Vale sotto i portici, vale davanti ai teatri, vale nei consigli comunali. Vale ovunque si alzi una voce per dire: nessuno è scarto, nessuno è invisibile, nessuno è colpevole di essere povero.

MarcoMaria Freddi

Radicale e Socialista, iscritto al Partito Democratico e PSOE