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21/11/2010
h.21.20
Anche in risposta a diversi commenti contrari (dal tono al limite del pacifico confronto) presenti su Alicenonlosa al comunicato del Comitato su “via martiri delle foibe”, per la pubblicazione del quale ringraziamo la stessa Alice, chiediamo gentilmente l’inserzione del nostro intervento seguente.
L’accusa di “negazionismo” dei morti delle foibe rivolta al Comitato antifascista si smentisce da sola considerando che abbiamo iniziato a fare nomi e cognomi di morti delle foibe, nomi di uomini che sono stati capi fascisti o militari o funzionari dell’amministrazione dell’Italia fascista occupante la Jugoslavia o collaborazionisti. Quasi fatale che in quelle circostanze, nel contesto della guerra, siano morti anche degli innocenti.
Nel complesso i morti delle foibe del settembre-ottobre ’43 e del maggio ’45 sono stati cinquecento, seicento. Il numero è più alto di un fattore dieci se si considerano i morti, fino a qualche anno dopo, nei campi di concentramento jugoslavi. Campi di concentramento che vi furono anche perché nessuno – nessuno! – dei criminali di guerra fascisti italiani (almeno settecento secondo l’apposita commissione delle Nazioni Unite) è mai stato consegnato alle autorità jugoslave o ha mai scontato alcuna pena in Italia o altrove. Diversamente dai criminali nazisti che sono stati processati a Norimberga.
Riguardo, in particolare, alle guardie di finanza morte nelle foibe, va detto che nelle zone del Litorale Adriatico la Guardia di Finanza, come la Pubblica Sicurezza, era, al pari dei corpi armati dell’esercito, alle dipendenze non già dell’Italia, nemmeno della repubblichina di Salò, ma dei tedeschi. Un’ordinanza di Hitler del 10 settembre ’43 diceva infatti che «Gli Alti commissari nella zona d’operazione Litorale Adriatico, consistente nelle province del Friuli, di Gorizia, di Trieste, dell’Istria, di Fiume, del Quarnero, di Lubiana (…) ricevono le istruzioni fondamentali per lo svolgimento della loro attività da me». Soltanto negli ultimi giorni di guerra alcuni reparti di finanzieri passarono al CNL triestino.
Riguardo a Norma Cossetto, figlia del gerarca fascista Giuseppe Cossetto, anch’ella fervente fascista, sulla sua fine la testimonianza alla base del riconoscimento attribuitole, come vittima dei partigiani, è quella fornita da una donna che avrebbe visto, dall’interno della propria casa in cui stava nascosta con le finestre sbarrate, quello che accadeva nella scuola di fronte, anch’essa con le finestre chiuse, mentre dal verbale redatto dal maresciallo dei Vigili del Fuoco di Pola il corpo della giovane non appare essere stato oggetto delle mutilazioni di cui parlano le “cronache”, né sarebbe stato possibile stabilire, con le conoscenze mediche dell’epoca, se fosse stata violentata prima di essere uccisa. (Per il caso di don Bonifacio si veda l’articolo del settembre 2008 “La beatificazione di don Bonifacio” scritto da Claudia Cernigoi su “La nuova alabarda”).
Ci furono sì, comunque, episodi di giustizia sommaria, di crudeltà della popolazione, di jacquerie, e poi i morti nei campi di concentramento jugoslavi. La stessa sorte per altro, e anche di peggio, toccò ai prigionieri tedeschi da parte degli Alleati angloamericani e francesi o in Francia ai collaborazionisti di Vichy o, nella stessa nuova Jugoslavia a guida comunista, agli ustascia fascisti e ai cetnici.
In Italia molti fascisti di quelli imprigionati furono rimessi in libertà appena un anno dopo la Liberazione, grazie alla generosa amnistia del segretario comunista Togliatti allora ministro di Grazia e Giustizia, e già alla fine di quello stesso anno, il ’46, ebbe modo di costituirsi il partito politico “Movimento Sociale Italiano” di reduci della Repubblica di Salò ed ex esponenti del regime fascista, partito che dal ’48 è stato nel Parlamento della Repubblica italiana democratica e che già negli anni cinquanta faceva parte delle Giunte comunali di diverse e importanti città.
Soprattutto, è imprescindibile ricordare che la tragica vicenda delle foibe è avvenuta perché c’è stata l’occupazione italiana di vasti territori della Jugoslavia, costata decine di migliaia di morti civili, anche coi campi di concentramento fascisti, perché c’è stata l’aggressione militare dell’Italia alla Jugoslavia, perché le popolazione slave delle zone di confine sono state oppresse dal regime fascista e fatte oggetto della violenza squadrista.
Non è la Jugoslavia che ha aggredito l’Italia, è l’Italia che ha aggredito la Jugoslavia, non è Lubiana che ha occupato terre italiane, è il fascismo che ha fatto della slovena Lubiana una provincia d’Italia, non sono gli jugoslavi ad aver distrutto centri culturali italiani, sono le squadracce fasciste ad aver incendiato l’hotel Balkan sede del Narodni Dom (centro di cultura nazionale slovena), non è Tito ad aver espresso razzismo, è Mussolini che nel ’20 a Pola disse: «Di fronte ad una razza inferiore e barbara come quella slava non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone… I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani».
Il Governo Berlusconi ha riconosciuto i crimini commessi dall’Italia e dal fascismo in Libia, riconoscerà anche quelli commessi in Jugoslavia?
Comitato antifascista e per la memoria storica-Parma
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