
23/02/2010
Un’ottima armonia musicale e una ricercata scenografia hanno fatto da cornice a parole irreali, che descrivono fatti e sensazioni presenti solo nella mente di un cantante, certamente ricco di talento.
Il testo della canzone “La verità”, che Povia ha presentato alla 60° Edizione del Festival di Sanremo, è composto di parole che non raccontano più dello stupore che avevano i bambini di “Quando i bambini fanno oh”, nell’osservare l’evidenza della piaggia; queste parole, al contrario, trasmettono sensazioni melliflue e sinistre, proprio come quelle lasciate dai “cretini” – non interessati a trovare risposte alle cose che accadono, alla vera realtà che li circonda – che invece di fare “Oh!”, “fanno boh?”. E così “tutto resta uguale”: chi è solo con il suo grave handicap continua ad esserlo.
La canzone da per certi fatti accaduti ad Eluana, che certi non sono: il suo desiderio di morire, e non considera dati obiettivi: la sofferenza di una morte per fame e sete, testimoniata dall’esame autoptico, ed è per questo che è pura demagogia.
Fondamentalmente c’è un profondo errore antropologico nel testo di questo artista, che in altre occasioni ha invece dimostrato un’attenzione particolare a ricercare ciò che è adeguato all’uomo. L’errore sta nel non ammettere che la vita è un dono, non qualcosa di dovuto; un regalo e non un giocatolo; una responsabilità, non un desiderio. Al cuore dell’uomo corrisponde un solo desiderio: amare, che vuol dire fare, aiutare a vivere. Infatti, noi sosteniamo gli ammalati anche terminali – e so che Povia in questo può insegnare a molti – ed assistiamo i poveri, perché l’uomo ha valore al di là della sua condizione fisica o economica, ed è a quel valore che il nostro cuore deve e vuol corrispondere.
Con umiltà e pur sentendomi a lui molto legato, ritengo sbagliate le parole del testo e non in grado di aiutare la causa dell’uomo e la difesa della sua dignità: essere un amante.