
“Controlli serrati e sistematici come per la moschea di Parma anche in via Pertini a Fidenza per verificare se dietro la sede dell’Associazione Ennour si nasconde un luogo di culto abusivo”.
È quello che chiedono a nome della Lega di Fidenza e Salsomaggiore Terme le due capogruppo nei rispettivi Consigli comunali, Samantha Parri e Giulia Chiussi dopo che si è diffusa la notizia che la Regione Emilia-Romagna ha cancellato dal registro regionale delle associazioni di promozione sociale l’associazione Comunità Islamica di Parma e provincia che quindi non potrà più restare nella sua sede di via Campanini a Parma.
“La sede di via Pertini a Fidenza è il principale centro in cui si raccolgono costantemente i fedeli di religione islamica che abitano in un ampio comprensorio territoriale che va da Salsomaggiore alla bassa ovest. È difficile pensare che le frequenti adunate siano dovute solo ad attività di promozione sociale – hanno piegato le due esponenti leghiste – Le leggi nazionali e regionali sono molto chiare perché stabiliscono che l’attività religiosa non rientra tra quelle di promozione sociale e che nelle sedi di associazioni di promozione sociale le attività di promozione sociale devono essere prevalenti. L’associazione che non rispetta quelle regole deve essere cancellata dal registro regionale delle associazioni di promozione sociale e perde il beneficio di poter utilizzare come sua sede un immobile con qualunque destinazione urbanistica. La Giunta regionale comunque aveva risposto a due interrogazioni presentate nel 2017 dal Vicepresidente dell’Assemblea regionale Fabio Rainieri sull’allora in costruzione sede di via Pertini promettendo che avrebbe fatto fare controlli sul corretto utilizzo di quell’immobile mentre entrambe i sindaci di Fidenza e Salsomaggiore avevano garantito che la legge non sarebbe stata raggirata. Da allora però si ha testimonianza di riunioni molto frequenti in quella stessa sede specie il venerdì e durante il Ramadam. Non si hanno invece notizie di controlli approfonditi, costanti e sistematici su quanto avviene in quel luogo che andrebbero fatti anche per verificare se vengono rispettati i divieti di assembramenti e le disposizioni anti contagio durante l’attuale periodo di pandemia. Con questo non vogliamo togliere ai fedeli islamici di avere un luogo in cui pregare – hanno concluso Parri e Chiussi – ma riteniamo che lo possano legittimamente avere rispettando le leggi come fanno le altre confessioni religiose e non aggirandole”.