
23/08/2014
ACCADDE OGGI: 23 agosto 1927, Sacco e Vanzetti salgono sulla sedia elettrica.
Alle 0.19 del mattino del 23 agosto 1927 Ferdinando “Nicola” Sacco e Bartolomeo Vanzetti, italiani emigrati negli Stati Uniti e condannati per rapina ed omicidio, venivano giustiziati sulla sedia elettrica nel penitenziario di Charlestown, presso Dedham, Massachusetts.
Sacco e Vanzetti emigrano negli Stati Uniti attorno ai vent’anni, rispettivamente nel 1909 e nel 1908, e si stabiliscono in Massachusetts ma non si conoscono fino al 1917, quando entrambi, di idee anarchiche, entrano a far parte di un collettivo con cui si rifugiano in Messico per evitare di essere arruolati all’indomani dell’entrata dell’America nel primo conflitto mondiale. Cosa strana, poco prima di partire per il Messico, il 5 Maggio del 1917 Vanzetti fa richiesta per ottenere la cittadinanza Americana.
I due ritornarono nel Massachusetts a guerra finita, ignorando di essere pedinati da agenti di polizia poiché inseriti in una lista di sovversivi redatta dal Ministero di Giustizia. Considerati al pari di altri anarchici personaggi scomodi per i propri trascorsi – entrambi avevano partecipato attivamente a manifestazioni operaie negli Stati Uniti e Vanzetti organizzato uno sciopero a Plymouth nel 1916 – furono posti in stato di fermo per essere stati trovati in possesso di materiale propagandistico anarchico e di alcune armi e di lì a poco usati come capri espiatori per una rapina in un sobborgo di Boston.
La rapina ai danni della Slater and Morrill, avvenuta Il 15 aprile 1920 a South Braintree e costata la vita ad un cassiere e ad una guardia giurata, fu con ogni probabilità compiuta dalla gang di Joe Morelli, secondo quanto dichiarato nel 1925 da Celestino Madeiros allora in carcere per omicidio. Dopo un processo, condotto in un clima intimidatorio dal giudice Thayer fortemente parziale, durato un anno, il 14 Luglio 1921 furono giudicati colpevoli e condannati a morte, nonostante una serie di prove di dubbia attendibilità e non fosse emerso alcun elemento sostanziale a loro carico – in seguito l’intero impianto accusatorio verrà screditato. Durante l’intero processo i due si dichiararono sempre innocenti ed estranei ai fatti. Nei 6 anni successivi la Corte Suprema dello Stato rifiutò di modificare il verdetto e Alvan T. Fuller, governatore del Massachusetts, negò la grazia. Nei giorni precedenti ed immediatamente successivi l’esecuzione, si ebbero proteste ed episodi di disordini in diverse città del mondo, fra cui New York, Filadelfia, Londra e Parigi. A Boston la manifestazione durò ben dieci giorni, fino al 23 Agosto, quando un corteo attraversò la città per giungere alla prigione di Charleston, dove la guardia nazionale era schierata attorno al carcere con mitragliatrici puntate contro i manifestanti. Dopo l’esecuzione i corpi dei due anarchici furono cremati e le loro ceneri si trovano ora nel cimitero di Torremaggiore, città natale di Sacco.
Nel 1961 la pistola di Nicola Sacco venne testata grazie a moderne tecniche forensi che dimostrarono che era la stessa arma che aveva ucciso la guardia a Baintree, mentre non fu mai trovata nessuna prova per dimostrare la colpevolezza di Vanzetti. Il caso venne riaperto più volte e il 23 Agosto del 1977, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis dichiarava ufficialmente che ogni stigma ed infamia dovessero essere “per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti” assolvendo i due anarchici dai crimini loro attribuiti.
Nell’Aprile del 1927 Vanzetti dichiarò che non avrebbe mai augurato “a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra… ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un radicale, e davvero io sono un radicale; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano…”
Sacco e Vanzetti pagarono con la vita per le loro idee anarchiche ed idealiste. A influire sulla loro condanna fu anche il fatto di far parte di una minoranza oggetto di pregiudizi, la paura suscitata dalle azioni terroristiche dell’ala anarchico-estremista dei primi anni del ‘900 e alcune contraddizioni della linea difensiva processuale. A tutt’oggi il loro caso rimane un impressionante esempio di ingiustizia che mette in luce le possibili aberrazioni dei sistemi giudiziari degli stati moderni.
Se a togliere la vita ad un uomo è un suo simile, l’atto viene giustamente classificato come omicidio, mentre la pena capitale derivante da una condanna dello stato viene definita amministrazione della giustizia, anche quando questa è il risultato ultimo di un processo basato unicamente su menzogne e pregiudizi e, come tale, rimane solo espressione di ingiustificata volontà repressiva ed omicida.
Alessandro Guardamagna